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RedazioneRedazione
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Musica

Come si diventa Marta sui Tubi

Tra risate e musica, incontro dei giovani del Color Café con la band siciliana.

Pubblicato il 28-11-2009
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Al bar della Ss Trinità, il Color Café, lavora – e bene – un gruppo di ragazzi (Trinity Sound Factory) con una passione in comune: la musica. Per soddisfare l’esigenza di sapere, da chi la musica la fa e la porta in giro, i “segreti” del mestiere, il TSF ha invitato qui a Bassano per fare due chiacchiere e qualche accordo i Marta sui Tubi: un ensemble talentuoso e affermato della scena indipendente italiana. L’incontro con la band, nata dall’idea dei siciliani di Marsala Giovanni Gulino e Carmelo Pipitone, sarà il primo di una serie di inviti indirizzati ad importanti realtà artistiche italiane.
L’evento, tenutosi al Ridotto Remondini Sabato 21 novembre alle 17.30, è stato divertente e molto interessante, le ore sono passate in fretta e le domande dei ragazzi sono state numerose e mirate. Carmelo, la chitarra dei Marta, ha rotto il ghiaccio raccontando la difficoltà di muovere i primi passi nella musica in un piccolo paese siciliano come Marsala: tra garage dismessi e cover stralunate di “Knockin’ on heaven’s door”, la storia sembrerebbe assomigliare a quella di tanti ragazzi che cominciano a suonare. A fare la differenza, però, e di questo parlano soprattutto gli altri elementi della band, che hanno studi conservatoriali alle spalle, arriva la passione e l’abnegazione per lo strumento: nonostante l’ampia possibilità concessa dai mezzi tecnologici moderni, con i quali chiunque può registrare a qualità discreta e proporre la propria musica idealmente a tutto il mondo (vedi la diffusione di myspace e dell’home recording), tutti i Marta sono concordi nel sottolineare la centralità dell’applicazione. Il messaggio per i ragazzi è molto chiaro: la musica può essere un bellissimo hobby, ma se si vuole ottenere qualcosa in più bisogna dedicarle moltissimo tempo e sacrificare al suo altare molto della propria vita. Il riferimento – esplicito – va a talent-show e tipologie simili di “successo facile” tanto immediato quanto evanescente e virtuale.
I cinque musicisti (assieme a Giovanni e Carmelo, c’erano al Ridotto Ivan Paolini – batteria, Paolo Pischedda – tastiera e Mattia Boschi – violoncello) spaziano con grandissima simpatia tra una domanda e l’altra. Una delle più interessanti ha riguardato il genere suonato dal gruppo: i pezzi, una sorta di punk-folk acustico innervato da tempi dispari e atmosfere vicine al prog anni ’70 degli Area o della PFM, sono difficilmente collocabili in una categoria musicale. La risposta è di Giovanni: “non è fondamentale trovare il genere, o la definizione. Non è il nostro lavoro, noi dobbiamo fare canzoni, tutto deve essere al servizio della canzone”. Le formazioni e gli ascolti molto diversi dei singoli componenti permettono così degli arrangiamenti variegati e uno stile originale. È ancora Giovanni a sottolineare come, poi, alternare momenti musicali diversi faccia parte della vita, attraversata nella quotidianità da stati d’animo diversi.

La questione principale, considerato il pubblico giovane e curioso, è però incentrata sul “fare musica”: che cosa rende qualcuno un “musicista”? L’opinione dei cinque è unanime: avere qualcosa da dire è ciò che ti fa musicista. È il momento decisamente più alto di tutto l’incontro, in cui il consiglio arriva dritto al cuore e alla mente dei ragazzi in ascolto: “dovete suonare, sì, ma prima di tutto creare, pensare e comunicare quello che avete da dire. Per fare questo bisogna imparare a leggersi dentro e trasmettere i propri sentimenti e le proprie emozioni”.
Alla domanda sulla situazione artistica italiana, che chiude la chiacchierata, i Marta rispondono con una vena di pessimismo (c’è più possibilità di suonare dal vivo, ma sono peggiorati i contesti: tanti locali hanno un calendario zeppo di coverband o di djset), ma con un po’ di ottimismo (ci sono tantissimi gruppi e progetti, il fermento e la qualità non mancano).
L’incontro si conclude con un pugno di pezzi in acustico da brividi: il Ridotto si fa silenzioso e incantato di fronte a Giovanni, Carmelo e Ivan che propongono una serie di brani da tutti e tre i dischi (“Muscoli e dei”, “C’è gente che deve dormire” e “Sushi e coca”). I presenti accompagnano, con applausi sinceri e appassionati, venti minuti di musica italiana di raffinata qualità.

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