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Elvio RotondoElvio Rotondo
Contributor
Bassanonet.it

Geopolitica

Guerra di numeri tra belligeranti nei conflitti

Contare le vittime civili e militari di un conflitto su larga scala tra Paesi contendenti è una sfida, ancora più complessa quando il conflitto è in corso.

Pubblicato il 17-05-2025
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Elena Pavan

Nei giorni scorsi, durante il recente e breve conflitto indo-pakistano, Nuova Delhi ha riferito di aver colpito nove obiettivi in Pakistan e nella zona del Kashmir pakistano, in risposta all’attacco del 22 aprile scorso, nel Kashmir indiano che ha provocato la morte di 26 persone.
L'India ha accusato dell'attacco un gruppo di militanti con base in Pakistan, ma Islamabad nega ogni coinvolgimento.
Nei giorni successivi, i due paesi si sono accusati reciprocamente di bombardamenti oltre il confine, affermando di aver abbattuto droni e aerei rivali che avevano invaso il loro spazio aereo.

La verità negata: quando i numeri diventano armi di guerra.

Con l'intensificarsi del conflitto, entrambe le nazioni hanno dichiarato di aver colpito le basi militari degli avversari.
Secondo quanto riporta la BBC i funzionari indiani hanno riferito di aver colpito 11 basi aeree pakistane, tra cui una a Rawalpindi. L'India sostiene che il Pakistan avrebbe perso 35-40 uomini sulla Linea di Controllo - il confine de facto - durante gli scontri e che la sua forza aerea ha perso alcuni aerei.
Il Pakistan ha ammesso che alcuni proiettili indiani hanno colpito le sue basi aeree.
Le forze di difesa indiane hanno dichiarato di aver colpito nove strutture di addestramento di gruppi armati in Pakistan e nel Kashmir pakistano, uccidendo più di 100 militanti.
L'esercito di Islamabad, a sua volta, sostiene di aver preso di mira circa 26 strutture militari in India e che i suoi droni hanno sorvolato Nuova Delhi. L'India ha confermato che alcuni proiettili pakistani sono caduti nelle sue basi aeree, ma non ha commentato l'affermazione di Islamabad.
Il Pakistan sostiene inoltre di aver abbattuto cinque aerei indiani, tra cui tre Rafale (caccia venduti dai francesi) - l'India non ha confermato né l’abbattimento né il numero, anche se successivamente ha commentato che “le perdite sono parte integrante del combattimento”.
Oltre a ciò, nella loro campagna di disinformazione entrambe le parti hanno utilizzato video datati e successivamente alterati, spacciati come prova di attacchi contro obiettivi nemici.

Questo è solo uno degli esempi della guerra dei numeri e dati tra belligeranti durante un conflitto.
Le forze combattenti in battaglia spesso gonfiano o minimizzano il numero delle vittime per ovvie ragioni strategiche e psicologiche. Esagerare le perdite nemiche può aumentare il morale e seminare la paura, mentre minimizzare le proprie perdite può mantenere il sostegno dell'opinione pubblica e prevenire le proteste.
Un altro esempio è quello che vede la Russia contro l'Ucraina, dove la guerra dei numeri è all’ordine del giorno. Entrambi minimizzano le proprie perdite ed esagerano quelle inflitte al nemico, rendendo difficile ottenere cifre affidabili.
Uno studio condotto dalla BBC, elaborando i dati open source provenienti dai cimiteri russi, monumenti militari e necrologi, ha dato come risultato un conteggio di 106.745 soldati russi uccisi durante l'invasione.
Il numero reale è chiaramente molto più alto. Gli esperti militari stimano che i numeri resi noti possano rappresentare tra il 45% e il 65% dei decessi, il che significa che le stime reali potrebbero essere da 164.223 a 237.211 vittime.
Contare le vittime civili e militari di un conflitto su larga scala tra i Paesi contendenti è una sfida - e ancora più complessa quando il conflitto è in corso. Da un lato, le perdite inflitte sono molto gonfiate. Dall'altro lato, le perdite potrebbero essere state fortemente sottostimate per ovvie ragioni di propaganda.
La manipolazione dei dati nelle campagne di disinformazione assume varie forme. Ciò include l'alterazione, la falsificazione o l'esagerazione delle statistiche. Nel conflitto Russia - Ucraina, da entrambe le parti, le campagne di disinformazione si basano molto sulla distorsione delle statistiche, sulla presentazione di dati falsi o sull'interpretazione di cifre corrette in modo fuorviante per promuovere la propria agenda geopolitica.

Per definizione la guerra di propaganda è l'uso di informazioni e operazioni psicologiche per influenzare l'esito di una campagna militare. Il suo intento è di persuadere, dissuadere o ingannare, nonché di influenzare le opinioni, le emozioni, gli atteggiamenti e i comportamenti della popolazione interessata attraverso l'uso di immagini provocatorie e la parola scritta o parlata. Sul campo di battaglia, viene utilizzata per minare il morale del nemico e promuovere il dissenso, rafforzando al tempo stesso il morale delle proprie truppe e suscitando la benevolenza delle popolazioni locali.
Durante la prima guerra mondiale, uno dei tanti scopi della propaganda era il reclutamento di uomini per il servizio militare. La Gran Bretagna e gli Stati Uniti usarono la propaganda per arruolare truppe, spesso facendo appello al concetto di coraggio e di dovere degli uomini. La propaganda per il reclutamento rafforzava anche i tradizionali ruoli di genere, ricordando agli uomini che il loro compito era quello di proteggere le donne e i bambini. Tuttavia, una volta attuata la leva in queste nazioni, la propaganda si concentrò su altre cause, come il rafforzamento del morale dei soldati e dei civili.

La storia racconta che in ogni conflitto nessun paese è stato esente dall'uso di strategie e pratiche che coinvolgono la manipolazione e il "bleffare" durante le guerre.
Questa capacità di inganno, di presentare una situazione in modo distorto per spaventare o confondere il nemico, è sempre stata parte integrante della strategia bellica.

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