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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Attualità

C'era una volta Giorgio

Considerazioni a ruota libera sullo spunto di un articolo pubblicato esattamente dieci anni fa

Pubblicato il 29-09-2020
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Rinascimento in bianco e nero

Il fornaio non dovrebbe mai parlare del suo pane, ma a mio avviso una delle cose più interessanti di Bassanonet è lo spazio-rubrica che potremmo intitolare “Oggi accadde”.
È la lista, che si aggiorna quotidianamente ed è situata sul lato destro della nostra home page e di tutte le pagine del portale, dei link agli articoli pubblicati negli anni scorsi in data odierna. Non si tratta di un semplice “archivio storico”, ma di un tributo giornalistico alla memoria della città e del suo territorio, grazie al quale è possibile analizzare il passato e fare anche confronti con il presente.
Come ogni giorno, oggi ho dato un'occhiata alla lista dei pezzi pubblicati da Bassanonet il 29 settembre degli anni passati. Già: 29 settembre, come il titolo dell'incredibile canzone degli Equipe 84, quella che iniziava con le parole “Seduto in quel caffè”, su musica di Lucio Battisti e testo di Mogol. Ebbene: il 29 settembre degli anni che furono sono successe delle cose anche importanti.

Il professor Giorgio Pegoraro (archivio Bassanonet)

Oggi nel 2018 pubblicavo “Ciao Gigi”, un accorato ricordo del grande ex arbitro internazionale di calcio Luigi Agnolin, venuto a mancare proprio in quella data.
Oggi nel 2016 scrivevo e pubblicavo invece “Il Caffè lungo”. Era l'anno dell'aggiudicazione del Caffè Italia alla gestione della Dream Coffee di Montichiari, e in quell'articolo segnalavo il fatto che a quasi due mesi dalla gara di pubblico incanto indetta dal Comune in data 3 agosto per la concessione d'uso dello storico locale, e vinta dall'unico concorrente, non si era ancora mosso nulla e il contratto di concessione era ancora da firmare. Nessuno sapeva ancora, in quel momento, come sarebbe andata tristemente a finire.
Oggi il Caffè Italia continua a languire nell'attesa di qualcuno che abbia il coraggio di prenderlo in mano, non prima però che il Comune di Bassano abbia concluso il costoso iter di progettazione e realizzazione della nuova veranda esterna da collocare all'imbocco di viale dei Martiri, per renderlo più “appetibile” ai potenziali futuri gestori, previa autorizzazione della Soprintendenza. Ne passerà quindi ancora di tempo prima che qualcuno, sorseggiando una tazzina su quel belvedere la cui bellezza fu decantata nientemeno che da George Sand, possa anch'egli cantare “Seduto in quel caffè”.
Ma c'è un'articolo su tutti, tra quelli inclusi nell'elenco dell'“Oggi accadde”, che ha particolarmente richiamato la mia attenzione. È del 29 settembre 2010 ed è intitolato, quando facevo ancora i titoli “normali”: “Si è dimesso il prof. Pegoraro. Rimpasti di deleghe in giunta”. Era il momento del riassetto della giunta Cimatti. Il compianto professor Giorgio Pegoraro - che già nei mesi precedenti aveva anticipato in esclusiva al vostro umile cronista la sua sofferta intenzione di lasciare l'incarico di assessore alla Cultura per motivi di salute, che non gli consentivano di svolgere appieno i compiti del suo mandato - rimetteva il referato nelle mani del sindaco e veniva sostituito da Carlo Ferraro, che già seguiva per conto suo gli Spettacoli e Operaestate Festival. Perchè Pegoraro - va specificato subito - era un assessore alla Cultura a tempo pieno e a 360 gradi, senza l'assillo della gestione di altri settori amministrativi.
In quel rimpasto di giunta con inevitabile girotondo di deleghe tra un assessore e l'altro, per la cronaca, entrava per la prima volta nella stanza dei bottoni anche Andrea Zonta, oggi componente della giunta Pavan, che sotto il sindaco Cimatti si sarebbe rivelato un ottimo assessore alla Sostenibilità e Mobilità. Ma questa, ovviamente, è un'altra storia.

La mia attenzione è ricaduta su quell'articolo dedicato al prof. Pegoraro e il perché è facile da intuire. Perché Giorgio Pegoraro, scomparso nel 2013, è stato l'ultimo grande assessore alla Cultura della città di Bassano. L'ho scritto più volte e lo ribadisco anche oggi. Perché non era un uomo di politica prestato alla cultura, ma un uomo di cultura che ha voluto essere tale anche nella politica. Un grande uomo di lettere e di scienze umanistiche, studioso e poliglotta, che già aveva ricoperto il ruolo di assessore alla Cultura dal 1999 al 2005, nel primo mandato dell'amministrazione Bizzotto.
Una cosa lo contraddistingueva, fra le tante: la sua totale apertura all'internazionalità, grazie alla profonda conoscenza della realtà europea maturata nei suoi lunghi anni di esperienza da direttore degli Istituti Italiani di Cultura all'estero: Budapest, Strasburgo, Helsinki, Grenoble, Stoccarda. Rispetto ai suoi successori prima dell'avvento dell'amministrazione Pavan e senza nulla a loro togliere (Carlo Ferraro, Giovanna Ciccotti e anche Giovanni Cunico, che oggi sto ampiamente rivalutando), Giorgio Pegoraro ha incarnato il valore aggiunto dell'amministrazione sapiente, dove per “sapiente” si intende proprio quel suo elevato grado di cultura umanistica, mai ostentata e anzi trattenuta da un atteggiamento di umilità che è proprio delle grandi persone, come strumento a servizio della crescita culturale della comunità.
Molto meno “politico” e molto meno “mediatico” del suo comunque grande predecessore Luciano Fabris (già assessore alla Cultura col sindaco Tasca e poi ancora con Bizzotto II), Pegoraro è sempre apparso un uomo distaccato dalle vicende di quel Palazzo a cui egli, come assessore comunale, comunque apparteneva e all'interno del quale non sono di certo mancate le “scarse sintonie” con il Palazzo medesimo.
Persona affabile e gentile, appariva più propenso ad imparare dall'ascolto degli altri che non a mettersi in cattedra, come lui, da intellettuale di spicco che era, avrebbe potuto benissimo fare. La sua decisione di ritirarsi dalla scena amministrativa per motivi di salute non era una scusa di circostanza, ma una motivazione reale. E in quell'articolo di dieci anni fa in cui davo notizia delle sue dimissioni dalla giunta comunale, concludevo il mio testo così:
“A margine delle sue dimissioni, il direttore e la redazione di Bassanonet ringraziano il prof. Giorgio Pegoraro per la sensibilità, la collaborazione e l'affetto sempre dimostrati nei nostri confronti: un piccolo ma significativo esempio del più profondo e sconfinato affetto che in veste di assessore alla Cultura ha sempre dimostrato verso la sua città.”
Quattro righe che riassumono il profilo umano, prima ancora che di studioso e di amministratore pubblico, di una persona che meritava di essere salutata così.
C'era un volta Giorgio.

Ho sottolineato nelle righe precedenti che il professor Pegoraro - a cui nell'occasione ho dedicato nuovamente il mio ricordo - è stato un assessore alla Cultura a tempo pieno, come merita di averlo l'ottava città del Veneto.
Ciò non significa che un assessore alla Cultura non possa essere anche “altro”: nella fattispecie un pubblico amministratore che segue anche la delega al Turismo ovvero alla Promozione del territorio, come è già avvenuto in passato e come sta avvenendo anche oggi con l'assessore subentrato, e ancora in fase di rodaggio, Giovannella Cabion.
I due referati sono strettamente collegati, perché in una città come la nostra la cultura è la principale voce di richiamo per l'indotto turistico ed economico, mentre per il turismo enogastronomico (che è un turismo di passaggio per definizione) e per il turismo sportivo risulta essere meglio vocato il territorio circostante. Sarà per questo, ad esempio, che il Comune turisticamente più frequentato nella vicina area pedemontana del Grappa in periodo pre-Covid è stato Borso del Grappa, meta di praticanti del volo libero da tutta Europa che rimangono a dormire e a mangiare quasi tutti lì. Noi a Bassano abbiamo invece sempre avuto il volo libero delle idee, della creatività, delle mostre, degli eventi di spettacolo, della divulgazione e dello scambio di saperi. Le eccellenze del nostro paragliding sono Jacopo, Canova, i Remondini, la ceramica (ovvero quello che ne resta), la fotografia, l'incisione e la grafica, le librerie, anche una radicata tradizione nell'arte contemporanea. Persino uno che è stato a Bassano da giovane e per pochissimo tempo come autista di ambulanze della Croce Rossa Americana negli ultimi mesi della Grande Guerra, come Ernest Hemingway, fa parte dell'offerta complessiva. Culturalmente Bassano del Grappa ha molti assi nella manica.
Li può tirare fuori, tuttavia, a patto che a monte delle tante energie espresse dalla città ci sia una programmazione comunale che le raccolga e le valorizzi.
Una programmazione senza la quale è inutile sperare di richiamare in città non certamente “il turismo”, come dice chi parla senza cognizione di causa, ma - assai più realisticamente - almeno una piccola parte di quella fetta limitata di turismo che oggi è concessa dalle restrizioni in Europa per il Covid. Ma la volontà politica di programmare seriamente in cultura, oggi come oggi, non dà ancora segni apprezzabili di vita. Probabilmente la cultura - rispetto ad altri settori della sfera comunale come le Attività economiche, il Sociale, l'Urbanistica o l'Edilizia privata - non porta voti. Ma se cominciamo a pensarla così, allora è finita veramente.
È ora che se ne rendano conto anche lassù, in via Matteotti: la cultura deve diventare nuovamente, da quell'optional che oggi si ritrova ad essere, un benefit primario della città.
Speriamo solo che ciò non avvenga in tempi troppo lunghi, successivi all'inaugurazione del riaperto Caffè Italia.

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