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Politica

Questione di cinghia

A proposito di un comunicato dell'assessore regionale Elena Donazzan che chiede al suo partito di votare per l'abolizione dei vitalizi e di “partecipare ai sacrifici della nazione” e dichiara che “c'è da stringere la cinghia tutti insieme”

Pubblicato il 26-07-2017
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Messaggi Elettorali

Elena Pavan

Quando si parla dei privilegi della politica, intesi in primo luogo come privilegi economici della cosiddetta “casta” (© by Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo), si entra in un terreno di sabbie mobili. Perché è fin troppo facile sconfinare nel qualunquismo.
Non esiste in Italia una persona comune, capace di intendere e di volere, che di fronte agli emolumenti e ai benefici riservati alla presunta “classe dirigente” non provi un sano senso di repulsione e di ribellione, a fronte del sudore e dell'impegno che necessitano per guadagnarsi la propria pagnotta quotidiana. E quando si trattano questi argomenti il rischio - per chi, come chi vi scrive, svolge anche il ruolo di notista politico - è quello di cadere e scadere nel populismo più scontato.
Ma questo pomeriggio è arrivato in redazione un comunicato stampa che mi obbliga, in un certo senso, a trattare e a riflettere sulla questione. A trasmettere la nota è stato l'assessore regionale del Veneto all'Istruzione, Formazione, Lavoro e Pari Opportunità Elena Donazzan, in quota Forza Italia. Titolo del comunicato: “Vitalizi, giusto abolirli. Anche la politica deve stringere la cinghia.”

L'assessore regionale Elena Donazzan (fonte immagine: Facebook)

“La battaglia sui vitalizi - scrive la Donazzan - è certamente demagogica, come al contempo credo che chi lavora seriamente, per il bene della cosa pubblica e lo fa con professionalità, meriti di vedere maturati i giusti contributi pensionistici. Giusti però. Non eccessivi, non intesi come un privilegio come invece accade oggi, perché nel passato più o meno recente si è decisamente esagerato. Se per fare un esempio Giuliano Amato percepisce oltre 30 mila euro di pensione qualcosa non va. Pertanto, se non si è mai messo mano alle pensioni d'oro lo si deve fare ora.”
“I vitalizi, così intesi - prosegue l'assessore regionale -, sono un pugno in faccia alla gente normale, ai pensionati italiani che hanno lavorato una vita, in particolare casalinghe e artigiani che hanno pensioni sotto la soglia di povertà. Questo è il tempo. Qualcuno ha approfittato, la cosiddetta prima Repubblica ha indebitato la nazione, i politici di quel tempo si sono 'mangiati' il futuro dell’Italia e ora la politica attuale paga il conto. Non ci sono brioches da dare al popolo, c'è da stringere la cinghia tutti insieme. Soprattutto quelli che nel passato hanno avuto molto, forse troppo.”
“Invito Forza Italia - conclude l'esponente di destra - a votare per l'abolizione dei vitalizi, per dare un messaggio chiaro di partecipazione ai sacrifici della nazione. Siamo una forza popolare e non possiamo non renderci conto che fare il contrario sarebbe incomprensibile.”
Fin qui le dichiarazioni dell'assessore regionale, affidate al proprio ufficio stampa.
Sulle quali - oggettivamente e al di là di qualsiasi pensiero di schieramento - non si può che essere d'accordo. Non c'è motivo di obiettare sul fatto che vitalizi e pensioni d'oro, accumulate con la semplice frequentazione dei Palazzi, non dovrebbero più appartenere al vocabolario di un Paese equo e civile.
Sussiste tuttavia il problema della fonte del messaggio. Casta “romana” e assegni a vita a parte, chi lancia la crociata contro i privilegi che “sono un pugno in faccia alla gente normale” e chiede al contempo di “stringere la cinghia tutti insieme” è un pubblico amministratore che - come tutti i politici eletti in Regione - a sua volta beneficia di un trattamento economico che la stessa “gente normale” può solo sognarsi.
Non si tratta di un segreto: i dati sui compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica e ad eventuali altre cariche o incarichi e le dichiarazioni reddituali e patrimoniali di ciascun componente della giunta regionale sono pubblicati sul sito della Regione Veneto.
L'assessore Elena Donazzan, come i suoi colleghi di giunta, è stata eletta come consigliere regionale e i consiglieri regionali del Veneto hanno attualmente un'indennità di carica di base di 6.600 euro mensili, a cui si aggiungono l'eventuale indennità di funzione (2.400 euro per i consiglieri che svolgono la carica di assessori regionali) e 4.500 euro di tetto per il rimborso delle spese di esercizio di mandato.
A tutto ciò vanno sottratti i contributi previdenziali e le trattenute, ma alla fine in busta paga resta comunque un bel gruzzoletto.
Basta guardare l'elenco, sempre pubblicato nel sito della Regione, relativo agli emolumenti netti mensili dei singoli consiglieri e assessori: veleggiano tutti tra gli oltre 7 e gli oltre 8mila euro. Elena Donazzan, nella fattispecie, nel gennaio e febbraio 2017 ha guadagnato 7.947,68 euro netti e 7.931,51 euro netti nei mesi di marzo, aprile e maggio.
Non è la più “ricca” perché molti altri, come dei bravi alpinisti alla Reinhold Messner, superano quota 8000. Tra questi figura l'altro bassanese Nicola Finco, capogruppo della Lega Nord, che si porta a casa uno stipendio netto mensile superiore mediamente agli 8.300 euro. E siccome i consiglieri regionali sono attualmente 55, e facendo una media spannometrica di 8000 euro a consigliere, alla fine ogni mese la Regione sborsa per i loro emolumenti netti - con esclusione dunque di contributi e trattenute - un totale di circa 440.000 euro, pari a oltre 5 milioni e 200mila euro all'anno.
Riguardo alla voce “compensi anno precedente dei singoli consiglieri” i dati sono invece aggiornati al 2013, anno in cui l'assegno vitalizio (almeno quello) in Regione è stato abolito: in quell'anno la Donazzan ha maturato un compenso annuo lordo di 157.084,50 euro e netto di 99.443,99 euro.
Infine, sulla dichiarazione dei redditi 2016 relativa all'anno di imposta 2015, ha denunciato un reddito complessivo di 107.040 euro e un reddito imponibile di 106.736 euro, derivante di fatto dalla sua attività di amministratore regionale.
Di certo siamo lontani da certe cifre da capogiro a cui arrivano spudoratamente le prebende e i privilegi dei Palazzi romani contro i quali Elena Donazzan si scaglia e sui quali, politicamente, ha il pieno diritto di intervenire e di dissentire. Ma si tratta peraltro di retribuzioni che, di questi tempi, stridono fortemente con la capacità reddituale del cittadino medio.
Nel frattempo in serata la Camera ha approvato la proposta di legge Richetti sull'abolizione dei vitalizi dei parlamentari (con i voti di Pd, M5S, Lega, Fdi e “civatiani”) mentre Forza Italia si è astenuta dal voto bollando il provvedimento, che passa ora all'esame del Senato, come “incostituzionale”.
L'appello di Elena Donazzan non è stato pertanto raccolto dal suo partito.
Resta in ogni caso la sua buona intenzione, di cui non possiamo che darle atto.
In quanto al “partecipare ai sacrifici della nazione” ribadisco tuttavia che il suo stipendio, rimborsi spese esclusi, equivale comunque a quello di un dirigente pubblico o aziendale di buon livello. Non lo è da oggi, per lei come per tutti i suoi colleghi di Palazzo a Venezia, e lo sarà anche domani. Ma se poi dichiara che “c'è da stringere la cinghia tutti insieme”, vorrei capire come pensa di farlo.

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