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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Magazine

Modalità lettura 3 - n.5

Nel mondo parallelo delle serie tv: viaggio a Mondoserie. A corredo un’intervista

Pubblicato il 14-01-2024
Visto 3.935 volte

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Rinascimento in bianco e nero

Modalità lettura in questa nuova edizione si occupa anche di film e serie per la tv, come annunciato nell’articolo di apertura, e vira in alcune occasioni in una sorta di Modalità visione a volte ibrida, laddove il prodotto creato per il cinema o la televisione fosse ispirato più o meno liberamente a un libro. Una tappa di avvicinamento al mondo delle serie, per chi scrive, da qualche tempo non può prescindere dal fare quattro passi in un sito oltremodo attento e di qualità, Mondoserie.it, dove si può trovare, letteralmente, una “guida ragionata all’immaginario del seriale”.
Diretto da Jacopo Bulgarini d’Elci, in passato vicesindaco e assessore alla cultura del Comune di Vicenza, autore e critico “con il cuore spezzato da Breaking Bad”, fondatore del progetto i cui contenuti sono creati da una redazione vicentina, o giù di lì, il sito ha come missione l’intento di approfondire allestimenti e vesti con tanto di accessori delle produzioni in circolazione “per non perdersi in mezzo a mille produzioni e proposte tra cui è oggi sempre più difficile orientarsi e scegliere”.
Mirando a questo lodevole proposito, a Mondoserie si realizzano articoli, podcast, artwork ricchi e interessanti, che contribuiscono ad articolare una critica ragionata su un ricco repertorio di serie tv. In sovrappiù, questo lavorio viene impostato a monte con un taglio originale: “la volontà di scoprire, per ogni show, che cosa racconta del mondo reale, cosa sveli delle nostre paure, dei nostri desideri, del nostro mondo”.

la copertina di Breaking Bad (artwork di Davide Librelotto)

L’aspetto del sito è molto curato, sia dal punto di vista tecnico che nella grafica; i tentacoli finalizzati alla divulgazione attraverso i canali delle reti sociali sono ben allungati.
A lasciare piacevolmente stupiti, anche un po’ meravigliati, è la quota di approfondimento riservata a ogni prodotto seriale, si tratti dell’ultima uscita sui vari servizi di streaming o di serie storiche d’autore, di prodotti di nicchia o di spettacoli di cui la critica di solito non si occupa (serie popolari di vecchia scuola, soap opera, reality, prodotti considerati minori).
L’impressione che si ha leggendo gli articoli e ascoltando i podcast — confermata da dichiarazioni che rassicurano in merito alla modalità di operare di redattori e collaboratori — è che chi ne parla abbia seguito interamente la serie che descrive, ovvero che anche per le produzioni più articolate, suddivise in diverse stagioni che impegnano davanti al video per un monte ore considerevole, non si siano prese scorciatoie (segnale caratteristico di quel tipo di dissipazione che ha a che fare con la vera passione, e che incanta, n.d.r.).
Il tipo di giudizio critico che viene pronunciato sulle serie, per iscritto o a voce, in quest’ultima forma spesso attraverso la formula di salottiere conversazioni a due, oppure in quella “5 minuti 1 serie”, è arricchito da riferimenti ai panorami della cinematografia internazionale, della letteratura, e perché no, della filosofia.
Solo per restare a qualche contenuto recente: “C’è qualcosa che la televisione sta cercando di dirci sullo stato di salute del capitalismo contemporaneo?” si chiede Bulgarini d’Elci a proposito dei contenuti di WeCrashed; sempre lui, elogia la miniserie capolavoro di Mike Flanagan La caduta della casa degli Usher come il trionfo postumo del padre dell’horror psicologico Edgar Allan Poe; accanto c’è MasterChef, e la redattrice esordisce così: “un programma creato da Franc Roddam e trasmesso per la prima volta su BBC nel 1990. Roddam è il regista del film cult Quadrophenia, ispirato dall’album iconico degli Who”, uno spostamento d’asse interessante; a proposito di SanPa, docu-serie che racconta la storia di San Patrignano e del suo fondatore, Livio Pacella (che è attore anche di serie tv, sceneggiatore e regista) indica allo spettatore le tracce di un’epopea tragica di tipo shakespeariano; sempre lui, su Don’t F**k with Cats: Hunting an Internet Killer “(tradotto eufemisticamente: Non si Scherza con i Gatti: Caccia ad un Killer della Rete)” docu-serie dove domina lo spettro del tutto reale della criminalità, affonda artigli guantati da detective e regala uno spoiler filosofico sviluppato su più livelli. Un salto indietro? Per X-Files c’è un bell’approfondimento da dietro le quinte datato 2023, celebrati trent’anni dal debutto della serie iconica degli anni Novanta, e naturalmente non manca un’enciclopedia di contributi su Twin Peaks, indicata come l’origine della TV moderna — ivi compresa l’iniziativa di incontri-conferenza organizzati in presenza a Vicenza, alla Fondazione Monte di Pietà, nel 2021.
Per tornare ai prodotti italiani, si può trovare una recente disincantata analisi critica di 1992, 1993 e 1994, serie firmata da Stefano Accorsi e tra le novità si può gettare uno sguardo attento a Suburræterna, sequel (o quasi) di Suburra che nell’originale rete di intrecci che si usa tessere a Mondoserie ricama alleanze con Romanzo criminale e Gomorra.
Oltre ai “consigli di visione”, tanti sono gli spunti offerti dalla redazione di questa guida ragionata che invitano a riflettere e soprattutto ad articolare il linguaggio, a proposito di forma e contenuti, rispetto a quelli che sono prodotti destinati a essere consumati in silenzio, occhi fissi e labbra chiuse, e sovente, nell’era dello streaming, in qualche maratona notturna solitaria e in modo del tutto asincrono rispetto ad altri spettatori.
Ne parliamo direttamente con due artefici impegnati nel progetto, il direttore Bulgarini d’Elci e Pacella, uno dei fedeli collaboratori.

L’opinione comune, con una certa noncuranza, liquida le serie tv in generale come prodotti di scarsa qualità, del tutto prescindibili, o comunque subalterni rispetto ad altri prodotti artistici, insomma, destinati al puro “intrattenimento”.
JB: Quello delle serie tv è un fenomeno culturale inedito e per questo estremamente interessante nella sua complessità e nella sua evoluzione in termini di globalità e di popolarità. Mondoserie.it è un progetto nato circa tre anni fa che poggia le basi prima di tutto sulla passione, siamo cultori di serie tv; accanto, c’è la convinzione che non era mai successo che tanti prodotti di carattere culturale avessero tali spinte e potenza, che fossero messi in grado di raggiungere nello stesso momento, o a distanza di poco tempo, travalicando lo spazio a volte in prospettiva mondiale, centinaia di migliaia di persone, attraversando con immediatezza Paesi e continenti senza incontrare barriere, tantomeno linguistiche — neanche i romanzieri di maggior successo con i loro capolavori hanno raggiunto un’uguale capacità di penetrazione del mercato. Si tratta di un fenomeno pervasivo, caratterizzato da una diffusa autorialità commerciale. Il nostro proposito, fin dall’inizio, non è stato quello di fare recensioni, ma di seguire la logica se si vuole un po’ di nicchia dell’approfondimento. Sono anche queste occasioni di leggere in filograna la realtà, si indagano le ragioni di un successo, ci raccontano le pulsioni del mondo e le sue tendenze. Abbiamo poi ben presente che ai nostri giorni la moneta più preziosa è il tempo. Nel proliferare esasperato di possibilità e di stimoli che ci vengono incontro nel quotidiano, ci pare che ci sia bisogno di uno strumento come questo, che sostenga l’orientamento dello spettatore.

Come vengono scelte le serie di cui vi occupate? Davvero le visionate per intero?
JB: Sì, le visioniamo interamente, fa parte della logica editoriale del progetto. Non avrebbe senso per noi recensire una serie dopo la visione parziale di qualche episodio. D’accordo, si rischia magari di perdere il momento di maggior risonanza, ma questi meccanismi di pressione sono per noi prescindibili.
Le nostre scelte sono vincolate solo al gusto personale. All’interno della redazione ci sono attitudini differenti, si abbraccia un panorama ampio di sottogeneri, dall’anime giapponese al reality casalingo, si può trovare un ricco menù. Ci sono poi certo alcune serie imprescindibili, e prodotti che anche per il loro impatto dirompente sul pubblico invitano a occuparsene.

Sarà capitato che una serie tv abbia davvero deluso le aspettative. Leggendo le recensioni sembra però che ci sia sempre la volontà di trovare qualcosa di positivo nelle creazioni prese in esame.
JB: Non è interessante per noi attribuire delle stelline. Ci piace capire se il prodotto di cui ci stiamo occupando con attenzione dica o meno qualcosa di inedito, o di ben riconoscibile e ben rielaborato, rispetto a direttrici che guardano alla realtà, all’attualità. Si tratta di cercare di analizzare la trama di un’opera artistica, perché la serie tv viene considerata e analizzata come tale. Giocoforza, così si esce dalla prospettiva del giudizio personale, quella guidata dal gradimento, e quindi dalla possibilità della delusione; si tenta altresì di fornire chiavi di lettura utili allo spettatore. È risaputo che siamo di fronte a una degenerazione della serialità in termini di qualità, è in atto una regressione dovuta alla tendenza generalista di un pubblico che si è spostato sulle piattaforme di streaming dalla tv, e vi cerca lo stesso tipo di prodotti.
LP: Criticare, nel senso di fare a pezzi un’opera manifestando la propria delusione, è la cosa più facile da fare e costituisce un’azione tutto sommato inutile. È molto più interessante provare a connettersi con ciò che l’opera ha al suo interno in termini di valore, di dignità. Capita piuttosto che si resti delusi per un’interruzione senza prospettiva, per la cancellazione improvvisa di una serie che si è apprezzata. Ci è capitato di recente per esempio con 1899, firmata dagli stessi autori di Dark, prima serie tedesca che produsse Netflix, il ciclo di dieci episodi era straordinario, ma la serie è stata interrotta dopo la prima stagione.

In Mondoserie.it c’è anche una sezione dedicata alla lettura di libri, in attesa dell’uscita della serie “liberamente tratta da”. Non c’è molta distanza in realtà tra le modalità che mettete in atto per affrontare in modo critico un libro o una delle serie recensite.
JB: Nell’ottica di creare via via una guida ragionata, spesso negli articoli e nei podcast accade di fare rimando a pubblicazioni editoriali da cui è stata tratta la serie in questione.
A cavallo tra i generi, ci è capitato di approfondire per esempio il personaggio letterario di Sherlock Holmes.
LP: Parlare di serialità vuol dire spesso parlare di libri. Anche in grandi opere come l’Iliade e l’Odissea, che sono costituzionalmente seriali, e in molti grandi romanzi che avevano una chiara connotazione originaria, l’Orlando Furioso, il Don Chisciotte, c’era un respiro dilatato e quindi una propensione alla fruizione parcellizzata, differita, da parte dei lettori.

A volte attualmente è addirittura possibile esplorare il passaggio libro-film-serie tv.
JB: Ci sono alcuni post in cui questo aspetto è stato oggetto di indagine, in senso generale. Non abbiamo dictat di formula narrativa, né temporali: in un podcast recente abbiamo scelto come focus il romanzo d’appendice, una sorta di antesignano ottocentesco delle serie tv odierne. Abbiamo sottolineato che già ai quei tempi c’era il ricorso a espedienti narrativi per tenere incollato il lettore e costringerlo a comprare il giornale anche la settimana dopo. Alla guida di queste operazioni c’era una logica spesso e volentieri commerciale.

Una serie del passato e una recente che giudicate imperdibili.
JB: Siamo piuttosto concordi a questo proposito. In stretto ordine cronologico: Twin Peaks, le due stagioni degli anni Novanta e la terza del 2017; poi I Soprano, altra serie americana genitrice, che celebra in questi giorni i suoi venticinque anni e sarà oggetto di un nostro speciale; Lost, per la sua portata di sperimentazione; poi Breaking Bad, senza ombra di dubbio una delle serie più importanti dello scorso decennio; infine Mister Robot, la sfida narrativa più attuale, straordinaria serie di Sam Esmail che mette in scena il nostro tempo.

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