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Si inaugura sabato 13 aprile la personale di Sergio Padovani dal titolo L’invasione, in cui verrano esposte quindici dipinti realizzati appositamente per l’apertura di The Bank Contemporary Art Collection. Tutti ricordiamo che cosa stavamo facendo, non per ciò che stavamo facendo. Ma perché quegli aerei che si stavano schiantando in diretta sulle torri che solo pochi di noi avevano avuto la fortuna di aver visto davvero avrebbero cambiato per sempre le nostre vite. Non ce ne saremmo resi conto subito, perché ci dissero che avremmo dovuto continuare le nostre vite normali contro chi voleva disintegrare la nostra civiltà.Poi, dopo che pure i pilastri della finanza sarebbero caduti miseramente sotto i colpi della storia, non avremmo più potuto negare che la vita nostra ed il nostro destino sarebbero mutati inesorabilmente. Che il futuro non sarebbe più stato quello di una volta. È pro- prio in questi momenti di marginalità che si tracciano le differenze, che si impongono confini spaziali, culturali, storici. Mentre il bruco delle banche trovava la fine in una ineluttabilità che le avrebbe per sempre estromesse dall’immaginario collettivo che fino a quel momento le aveva esaltate, la farfalla della cultura spiccava il volo da quelle ceneri, da quelle macerie. Ecco perché, a distanza di quasi quattro lustri, ci ritroviamo a celebrare la rivincita dettata dalla nascita di The Bank Contemporary Art Collection.
Come se fosse una capsula temporale lanciata in uno spazio che non le appartiene, la Collection iniziava proprio in quegli anni la propria raccolta: la bolla era ancora gonfia, fin da quel marzo del 2000 in cui sembrava che tutti avremmo potuto non lavorare mai più, eppure fu proprio in quel momento che la lungimiranza si distinse dalla realtà. Con pazienza, con dedizione, con passione, già allora la collezione iniziò a prendere forma, coinvolgendo
progressivamente gli artisti che stavano aderendo con entusiasmo al progetto, che ancora oggi continuano ad aderire, ad aumentare, ad immaginare un futuro.

L’iniziativa di un collezionista, che in principio faticava pure a riconoscersi come tale, negli anni è diventata un progetto con un senso preciso: diventare un osservatorio privilegiato dello sviluppo dell’arte pittorica, soprattutto italiana, soprattutto figurativa, soprattutto giovane. La naturale evoluzione di un sogno, che ad un certo punto ha quasi abbandonato velleità collezionistiche, perché in The Bank tutti si conoscono, si stimano e, spesso, hanno iniziato a frequentarsi come dei vecchi amici: galleristi, artisti, critici e, appunto, collezionisti.
Non ha gran senso, in quest’ottica, snocciolare numeri: potrebbero essere più di 500 opere e più di 70 artisti, ma domani questa statistica sarebbe già sbagliata. Perché The Bank è un organismo vivente che cresce, evolve e si trasforma ogni giorno. Come se stesse crescendo e fosse ancora distante dalla maturità, o da una qualsiasi definizione statica possibile.
Un luogo ed un nome che gli ultimi vent’anni ci hanno costretto a ricondurre a sinonimo di dolore. La banca, l’ex banca di via Marinali, con The Bank diventa un contrappasso al contrario. Dal dolore passiamo al piacere di opere semplicemente belle da vedere, dalla delusione per un futuro che non è stato passiamo alla speranza di tanti giovani (e meno giovani) artisti che con le loro opere hanno pensato, immaginato e realizzato un mondo migliore.
In questo sfondo prospettico, in questa successione di piani, in questa evoluzione dei tempi, non poteva che essere Sergio Padovani a celebrare questo nuovo inizio. Per la forza delle sue visioni oniriche, per il fatto che incarna appieno lo spirito di The Bank, che vuole freschezza e spontaneità come spiriti guida, ma anche per essere stato il primo a credere nella forza e nella novità di un progetto che l’artista modenese ha sposato e fatto proprio fin dal primo momento.
Sergio Padovani è nato nel 1972 a Modena, dove vive e lavora. Musicista fino al 2006, poi il suono si trasforma in immagine. La ricerca pone i suoi fondamenti sulla narrazione dell’inesplicabile, sulla corporeità, delle sue miserie e della sua bellezza, sempre e comunque. La rivendicazione dell’imperfezione e della sua autocompiaciuta purezza, l’inizio di una strana, inadeguata, innaturale eterna felicità. Nel 2011 ha partecipato alla 54^ Biennale di Venezia, Padiglione Italia, Sezione regionale Torino, 2011. Ha vinto il Premio Arte (2007) il Premio Arte Laguna (2009) e nel 2010 è stato finalista sia del Premio Celeste che del Premio Combat. La sua prima personale è del 2008, presso LoSguardoDell’Altro di Modena.
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