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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Il "Tich" nervoso

La riscossa dei pinguini

“Pinguini”, “tutti uguali”, “autentici pecoroni”. Così Renzo Rosso, in un'intervista, definisce chi veste in giacca e cravatta. Ma la vera omologazione è la sua. La replica a mr. Diesel di un portatore sano di giacca e cravatta

Pubblicato il 01-02-2015
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Oggi, mentre stavo viaggiando in treno, leggevo il “Corriere della Sera”.
E, tra le pagine del “Corriere del Veneto”, ho letto un'intervista a Renzo Rosso. Ovvero - come sottotitola l'articolo - all'imprenditore “che ha fatto dell'anticonformismo uno stile”. Titolo del pezzo: “L'intervista - Renzo Rosso e la moda”. Interessante, come sempre. Ad ascoltare il Verbo di mr. Diesel c'è sempre qualcosa da imparare. Nel campo del business, della comunicazione e della capacità di fare tendenza, la sua è un'esperienza che va sempre e comunque vista con attenzione.
Ma c'è una cosa, nell'intervista, che ha fatto scattare il Tich nervoso.

Renzo Rosso (fonte immagine: slowfood.it)

Ed è il virgolettato iniziale di Rosso: “La vera eleganza? Jeans vintage, sgualcito e giacca: comfort e personalità. Basta pinguini tutti uguali.”
Pinguini che? E' presto detto: per il guru del casual “i completi con giacca e cravatta fanno assomigliare a pinguini, i tutti uguali, autentici pecoroni”.
Mentre all'estero “da molto tempo lo stile informale, i jeans con giacca o maglie particolari, è quello preferito da star e grandi nomi dell'industria”.
Onde per cui, secondo R.R., “il denim rappresenta la ribellione, spazza via i pinguini paludati”.
Ed ecco che, all'improvviso, mi sono ritrovato tra i ghiacci dell'Antartide.
Perché fra i milioni di pinguini irrisi da Rosso ci sono anch'io.
Ebbene sì, faccio outing. Sono un portatore sano di giacca e cravatta.
Una mise che mi porto addosso da sempre, avendo da sempre lavorato, e lavorando tuttora, in televisione. Ma non me ne vergogno né mi sento di appartenere a una specifica categoria, etichettata nel nome del vestire alternativo.
Il caso ha voluto che oggi, per una congiunzione astrale, fossi vestito proprio secondo i dettami del maestro: e cioè in giacca informale e in jeans (ma di un'altra marca). Ma non l'ho fatto apposta. E' il normale casual della domenica. Ognuno si veste come gli pare e piace: in giacca e cravatta il lunedì, in maglione il martedì, in tuta da ginnastica il mercoledì. Sono cavoli nostri: e proprio questo è il bello.
Perché quella che da anni il celeberrimo patron della holding Only the Brave propone e impone nelle sue interviste, con le sue campagne pubblicitarie e col suo “fashion style” è in realtà la vera omologazione. O sei denim, oppure sei out. O sei stupid, oppure sei uno sfigato. Jeans sgualcito e giacca = personalità, come nell'intervista di cui sopra. Per il re delle recenti passerelle a Parigi e a Pitti Firenze, è l'abito che fa il monaco. Le tue idee, i tuoi studi, il tuo curriculum, la tua visione delle cose sembrano non significare nulla. E' la filosofia - ovvero l'obbligo mascherato da “trend” - del vestire informale che segnala al mondo che tu sei cool. Una filosofia che fa proseliti, vista la diffusione mondiale del brand che la rappresenta.
Ma proprio per questo, a nome degli incravattati e dei paludati, voglio esprimere la mia ribellione. Già, proprio quella ribellione che R.R. associa invece al suo denim. La esprimo e anzi la rivendico, e non da oggi. Alle conferenze stampa della Diesel e del Bassano Virtus 55 Soccer Team sono sempre andato in giacca e cravatta. Deliberatamente. Per naturale impulso di anti-omologazione.
In quanto esponente del PCN (Partito dei Cavoli Nostri), rispetto chi riconosce in Diesel uno stile di moda che si fa stile di vita. Ma va altrettanto rispettato il modo di essere di chi, riguardo al rapporto con le cose che indossa, segue tranquillamente altre strade.
E allora colgo l'occasione, in questa sede, per richiamare alla riscossa noi “autentici pecoroni”. Pinguini di tutto il mondo, unitevi. Non è certo il fatto che vestiamo “tutti uguali” il criterio di giudizio dei nostri pensieri e delle nostre azioni. Perché il vero anticonformismo non è rappresentato da un vestito informale: ma dalla libertà di essere sé stessi.

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