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Dalle analisi ARPAV anche il bassanese risulta a forte rischio di contaminazione seppur, dalle analisi eseguite, la quantità di PFAS sembrerebbe non superare i limiti. Fortunatamente non solo legislativi, ma anche di effettivo rischio: questi infatti non sempre coincidono, essendo quelli strettamente veneti di gran lunga superiori a quelli di altre realtà, nazionali e internazionali.
Dall’involuzione socio-ambientale alla contemporanea città urbano-industriale: oli e vernici nelle falde, dalle piccole alle grandi costruzioni, da quelle edilizie a quelle infrastrutturali; dai trasporti alle industrie locali. Tutto ciò di cui si è sempre creduto abbiano portato valore aggiunto e ricchezza in un territorio sempre più colpito da una crisi ambientale insanabile, a differenza di quella strettamente economica, dotata di una resilienza tale da aver sopportato (e supportato) la crisi economica, ma senza sfruttarla come opportunità per una possibile riflessione di quali siano le sue vere cause.
L’intero sistema primario nazionale, di cui il Veneto ne è tra i trascinatori, non ne è ad oggi messo a dura prova? La contaminazione dei terreni agricoli e più ampiamente l’intero sistema economico primario, con i pescatori che letteralmente non sanno più che pesci pigliare.
La finta evoluzione economica che ha fatto la fortuna di numerosi imprenditori bassanesi sì è purtroppo basata su grandi contraddizioni, da quelle stesse istituzioni pubbliche che hanno spesso chiuso un occhio (solo uno, perché l’altro era già chiuso da un pezzo), con la scusante di una crescita locale utopicamente illimitata. Ma che avrebbero dovuto dirigere quegli stessi processi di controllo.
Sarà dovuta a questo la perenne e incontrollata cementificazione, a scapito del fragile e permeabile suolo? Forse proprio al fine di evitare che le falde assorbano le sostanze dannose!
Arriverà quindi il giorno in cui non si vedrà l’ora che diventi tutto grigio.
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