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Il "Tich" nervoso

Circolo vizioso

“L'Italia è un paese circolare, in cui tutto cambia per restare com'è.” La straordinaria attualità delle parole di Pier Paolo Pasolini, morto ammazzato 40 anni fa

Pubblicato il 02-11-2015
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Elena Pavan

“Noi siamo un paese senza memoria. Il che equivale a dire senza storia. L'Italia rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell'oblio dell'etere televisivo, ne tiene solo i ricordi, i frammenti che potrebbero farle comodo per le sue contorsioni, per le sue conversioni. Ma l'Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare com'è.”
Se è vero che le parole possono tagliare più e meglio di un'ascia affilata, Pier Paolo Pasolini - nelle sue diverse anime di poeta, scrittore, regista, drammaturgo, giornalista - ne è stato un efficace arrotino. Un intellettuale profondo, scomodo, controverso, controcorrente fino all'estremo.
Oggi ricorre il quarantesimo anniversario della sua morte violenta, avvenuta nelle prime ore del 2 novembre 1975 all'Idroscalo di Ostia, per la quale è stato trovato e condannato un colpevole di omicidio volontario (in primo grado in concorso con ignoti e in appello senza concorso di altre persone) e che per questo, come i tanti misteri d'Italia, continua a suscitare interrogativi.

Pier Paolo Pasolini (fonte immagine: huffingtonpost.it)

Ma non è questo l'oggetto di queste righe, bensì quelle parole pubblicate nello stesso anno da Pasolini nella sua raccolta di articoli giornalistici “Scritti corsari”.
Confesso che queste parole non le conoscevo. Me le ha segnalate qualche settimana fa, trascrivendomele in una email, un mio amico, veneto di origine, che opera nel campo della comunicazione, che lavora all'estero e con il quale mi confronto spesso - con tipico e sano autolesionismo italiano - sulle manchevolezze del nostro Belpaese, sia sul piano generale che a livello strettamente locale. Vivendo e lavorando oltre confine, il mio interlocutore mi ha più volte confidato il suo disagio nel constatare come l'Italia - che è pure il paese della creatività, della fantasia, della moda, del buon mangiare, del made in Italy, dell'Expo, della “grande bellezza” e via dicendo - all'estero non riesca a liberarsi di quella patina, frutto anche e sicuramente di radicati luoghi comuni, che ne offusca l'immagine collettiva.
E cioè: al netto ovviamente delle numerose eccezioni che dimostrano il contrario, in diversi paesi, soprattutto del Nord Europa, siamo un popolo scarsamente considerato. Non per mancanza di serietà o di affidabilità, ma appunto per una presunta incapacità, intenti come siamo a pensare stancamente a noi stessi, di stare al passo con gli altri.
E mentre il mondo corre e le “nuove nazioni” stanno prendendo le redini dell'economia e del mercato, noi continuiamo a stare alla finestra, invischiati in un sistema-paese apparentemente immobile, in attesa di un gratta e vinci che ci cambi la vita.
Risultato: questa citazione di Pasolini, arrivata a chi vi scrive per posta elettronica, mi ha colpito tantissimo. Non so a voi, ma a me sembrano parole di una attualità sconvolgente, anche se estrapolate dal contesto e dal periodo storico in cui sono state scritte.
Il nostro è un paese fatto di tante persone straordinarie, di eccellenze e di talenti da valorizzare, di idee e di giovani che potrebbero contribuire alla sua rinascita. Ma è anche un paese che per molti versi non riesce o non vuole ancora rigenerarsi, e in cui la cosiddetta classe dirigente sembra per prima apporre un invisibile tappo al “nuovo che avanza”, che in quanto tale attenta allo status quo e alle posizioni acquisite.
Un'Italia “circolare e gattopardesca, in cui tutto cambia per restare com'è”, per l'appunto. Un circolo vizioso che difficilmente fa filtrare aria nuova.
Ne abbiamo infiniti esempi, da nord a sud. E - nel suo piccolo - anche la nostra Bassano non fa eccezione.

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