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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Attualità

I Have a Dream

Gli italiani e il sogno americano. La bella storia di Ada Rizzello, partita 18 anni fa da San Giuseppe di Cassola alla volta di Miami, dove ha cominciato preparando insalate. Oggi negli States è una riconosciuta manager e consulente d'impresa

Pubblicato il 23-10-2014
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Tu vuò fa l'americano. Ma per farlo, siccome sei nato in Italy, devi accettare il fatto che ti trovi in un Paese che ti offre interessanti opportunità di lavoro e anche di carriera, ma al contempo ti impone regole e consuetudini sulle quali non puoi e non devi sgarrare, incluso l'obbligo di pagare le tasse e compresa l'eventualità di partire o di ripartire da zero.
Sono sempre più numerosi gli italiani che per ambizione professionale, o semplicemente perché in Italia si è quasi raschiato il fondo del barile, aspirano a rimettersi in gioco negli Stati Uniti. Sui giornali, di solito, compaiono le storie di successo, quelle dei piccoli e grandi nomi del “made in Italy” che hanno saputo trovare la propria strada nella estremamente competitiva economia d'Oltreoceano.
Ma tante altre storie, che non attirano i media, parlano invece di difficoltà e fallimenti. Che non dipendono tanto da un'insufficiente applicazione dalle proprie capacità professionali o imprenditoriali, quanto dall'incapacità di “entrare” nella mentalità lavorativa degli U.S.A., un Paese del quale - coi tanti film e telefilm di cui ci siamo imbevuti al cinema e in televisione - abbiamo spesso solo un'immagine superficiale.

“Italians” a Miami: Ada Rizzello col marito Stefano Zen, bassanese doc

Ma se l'approccio con il nuovo mondo è quello dell'umiltà e della voglia di apprendere, ecco che il riconoscimento al “merito”- parola ormai quasi bandita in Italia - può aprire tutte le porte.
Ne sa qualcosa Ada Rizzello, residente a Miami, già manager di importanti compagnie e oggi anche consulente di impresa per chi, dall'Italia, vuole aprire un'attività negli States. 18 anni fa Ada è partita da San Giuseppe di Cassola, dove ancora oggi abitano i genitori Salvatore e Maria, alla conquista del suo “sogno americano” assieme al marito Stefano Zen, bassanese doc, che attualmente è Chef Executive alla Soho House Cecconi's di Miami Beach.
La loro storia inizia al Pelican, l'hotel di Miami Beach di Renzo Rosso, dove Ada parte lavorando in cucina con la mansione più umile: la preparazione delle insalate. Ma quella grande insalata mista che si chiama America le ha dato l'opportunità di far emergere le proprie qualità, progredendo nella carriera manageriale e ottenendo anche riconoscimenti.
Oggi Ada è una persona very american, seppure sempre italianissima nel cuore, e anche nelle risposte alla nostra intervista le scappa inevitabilmente qualche parola in inglese. Ma fa parte del modo di essere di chi, in quella società così vicina e così lontana, è riuscito ad integrarsi con successo.

Ada, come è iniziata dunque la tua vita negli Stati Uniti?
“Sono arrivata negli States nel 1996. Ci sono venuta perché è sempre stato il mio sogno fin da bambina, il mio “American Dream”, e quando si è presentata l'opportunità datami dal Pelican non ci ho pensato due volte e io e mio marito Stefano siamo partiti in un lampo. Ho iniziato al Pelican e lavorato lì per 8 anni.
Ho cominciato facendo insalate e dolci in cucina. Non conoscendo bene l'inglese non potevo fare altro, ma mi sono iscritta a scuola d'inglese subito per impararlo. Quando già ero a un buon livello mi sono iscritta al college per perfezionarlo e con quello ho ottenuto anche qui un Diploma in Business Management, quindi lavoravo di sera fino a tardi e andavo a scuola di giorno. Nel frattempo anche al lavoro dopo la cucina sono passata cameriera e poi manager fino a quando sono andata via. Questi sono stati gli anni più belli della nostra vita, abbiamo lavorato tantissimo ma con tutto il gruppo abbiamo fatto il Pelican ed è rimasto nella storia.”

Quindi come sei andata avanti?
“Da li ho lavorato sempre come restaurant manager in un gruppo gestito da Italiani per un paio di anni ma il mio goal era di fare esperienza per poi lavorare in una compagnia americana, perché ho sempre pensato che bisogna entrare nella loro mentalità e cultura per essere successful nella mia carriera. Così nel 2008 sono stata assunta dalla Celebrity Cruises, compagnia sorella della Royal Carribbean, come Food&Beverage Manager per l'intera flotta costituita da 11 navi, con il mio team eravamo responsabili di tutti i bar/ristoranti su ogni nave. La più bella esperienza lavorativa della mia vita è stata quella con Corporate America. Con loro abbiamo aperto una nuova classe innovative luxury di navi e ristorazione che poi e' stata adottata da tutto il resto dell'industria del settore per diventare più competititiva. Ho avuto meetings con i più potenti CEO del settore da Coca Cola a McDonald's, e ho imparato tantissimo. Con questa esperienza nel cassetto sono tornata al Pelican come General Manager, dopo un colloquio con Renzo Rosso e non ho potuto dire di no. Il Pelican era nel mio cuore, casa mia.”

Dopo la seconda esperienza al Pelican cosa hai fatto?
“Dopo il Pelican è arrivato Ghirardelli che fa parte del grupo Lindt, un giant qui in America per il suo cioccolato e gelato, una compagnia da $400 millioni l'anno, io sono stata il General Manager per il negozio di Miami Beach, qui ho vinto come newcomer of the Year per aver sorpassato il budget annuale di un milione di dollari. Ghirardelli però decide di chiudere il negozio di Miami e aprire a Disneyworld in California, ma non potevo spostarmi. Così ho conosciuto Dylan Lauren, figlia di Ralph Lauren, e insieme abbiamo aperto il suo dream store a Miami. Ho lavorato per lei a New York e poi a Miami. E’ una grande amica e un grande boss. Adesso ho preso un piccolo break per concentrarmi un po' sulla mia famiglia. Ho una bimba di 12 anni, Zoe, piccolo talento della danza, e cerco di godermela finché posso. Però sto anche lavorando a dei progetti con la mia Business Consulting con varie società tra cui Royal Caribbean per dei ristoranti che apriranno con le loro prossime quattro navi.
In più cerco di dare una mano alle nuove start up che aprono a Miami, tra cui italiani che mi chiedono aiuto. Faccio questo perché siccome ci sono passata so cosa vuol dire fare il primo passo in un mondo nuovo.”

Insomma, sei la tipica “self-made woman”, in linea con l'immagine forse anche un po' stereotipata degli States come terra delle opportunità. Ma come si diventa da lavoratrice in cucina addetta alle insalate e ai dolci a manager per importanti compagnie?
“Io ho sempre fatto sfide con me stessa e con dedizione, determinazione e senza perdere mai la voglia di migliorarmi. In questo modo sono riuscita a realizzare tanto nella mia carriera.”

In Italia una simile carriera sarebbe possibile? Se sì, come? E se no, perché?
“Vorrei tanto dire di sì, ma onestamente credo che in Italia manchi la cultura della meritocrazia e da quanto leggo c'è paura di cambiare. Sembra che ci siamo fermati e i giovani non credo riescano a realizzare i loro sogni.”

Hai iniziato al Pelican, che è appunto l’hotel di Renzo Rosso. Cosa ha rappresentato mister Diesel per la tua carriera?
“Ho sempre ammirato Renzo perché é riuscito con le sue forze a creare un marchio internazionale con la sua visione e passione. Sono stata fortunata perché quando ha preso il Pelican ha dato a me e a un gruppo di persone l'opportunità di far parte di un pezzo di storia che rimarrà sempre con me.
Sarò sempre grata a lui per aver voluto quel progetto e di conseguenza a chi lo ha sviluppato.”

Per un italiano che vuole mettersi in gioco negli Stati Uniti, quali sono le cose più importanti da sapere? E quali sono gli errori da non commettere?
“Questa domanda mi viene fatta spesso. Intanto credo che la prima cosa da dire sarebbe che se una persona viene qui è fondamentale che comprenda che non siamo in Italia. Molto spesso sento: “Ma in Italia non è così”. Cerchiamo di imporre la nostra cultura, specialmente nel business, invece di cercare di capire la cultura di questo Paese, come lavorano e pensano gli americani. Ho visto molti businesses italiani negli anni fallire perché abbiamo un po' la presunzione di saperne di più su tutto... bisogna lasciare a casa la nostra mentalità e essere un po' più open minded a un mondo nuovo e a nuove possibilità.”

Il tuo “sogno americano” lo hai già raggiunto, o pensi di non essere ancora “arrivata”?
“Sono fortunata perché vivo il mio “American Dream” tutti i giorni.
Sono arrivata? No, non credo che qualcuno possa mai dire di essere arrivato, per me vorrebbe dire che ho smesso di imparare. La mia “To Do List” è lunga e non mi fermo.”

Della serie: I Have a Dream. E, per parlare come Ada, a volte i dreams diventano realtà.

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