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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Ode alla cabina telefonica
Pensieri e parole in vista dell'imminente dismissione del telefono pubblico, a Bassano come nel resto d'Italia
Pubblicato il 12-05-2015
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Cara cabina telefonica,
ti scrivo queste note prima che ti portino a rottamare.
Una sopprimenda cabina telefonica in viale Venezia a Bassano (foto Alessandro Tich)
Accadrà a partire dal prossimo 16 giugno, come del resto tu ben sai: anche a Bassano del Grappa, come nelle altre città d'Italia, ti hanno infatti attaccato l'avviso che decreta la tua fine definitiva, annunciando la tua imminente rimozione.
E' pur vero che lo stesso cartello informa che chi desidera che “questo telefono pubblico resti attivo” può inviare una Pec (Posta Elettronica Certificata) all'indirizzo Pec cabinatelefonica@ eccetera eccetera “entro 30 giorni dall'affissione di questo avviso, indicando i suoi dati, l'indirizzo di questa cabina e la motivazione della richiesta”. Ma stai tranquilla che nessuno si straccerà le vesti per farti rimanere.
Perché ormai sei diventata non un pezzo di antiquariato - che un suo valore continua a mantenerlo - ma un vero e proprio residuato del passato, spazzato via dalla rutilante era della telefonia mobile.
Sei inutile e ingombrante: e poco importa se nelle tue ultime versioni era possibile (non ho mai capito come) inviare anche dei fax. Pure quelli sono un mezzo di comunicazione in via di irreversibile estinzione.
Non sei divertente: non hai applicazioni, non scatti foto, non hai WhatsApp, non sei social, non hai giochi incorporati. Servi solo a telefonare: e in quanto tale sei proprio pallosissima.
Fuori dalle scatole, quindi: telefonare, ormai, sembra quasi la cosa meno importante per chi è dotato di un telefono. Pardon: di un dispositivo. Ovviamente mobile, smart e di ultima generazione.
Naturalmente avrai capito che lo sto scrivendo in modo ironico, perché io - come tanti altri - a te ci sono affezionato.
Anche se da tempo immemore non metto più piede al tuo interno, passando tra quelle tue due porte da saloon che, richiudendosi, e soprattutto nella stagione calda, rendevano soffocante l'atto del telefonare. Soffocante e complicato, specialmente quando la tua unica app si chiamava gettone telefonico e la chiamata era interurbana. Poi sono arrivate le schede telefoniche, ma non hanno facilitato più di tanto il tuo utilizzo.
E non c'erano le chiamate illimitate: quando finiva il credito, buonanotte al secchio. Da qui la necessità di comunicare l'essenziale, cosa che oggi - come mi rendo conto, costretto ad ascoltare i tanti rompicoglioni che telefonano ad alta voce mentre viaggi in treno o ti trovi al ristorante - appartiene alla sfera dell'impossibile.
Eri un amorevole strumento di tortura: per chiamare qualcuno bisognava trovarti lungo la strada, aspettare il proprio turno se c'era qualcun altro a telefonare prima di te, trovare i gettoni in tasca e sperare che bastassero e - ultimo ma non meno importante - fare il numero magari con prefisso sulla tastiera tirandolo spesso fuori, se non si chiamava a casa oppure gli amici, da un'agendina o da un biglietto scritto con la penna. Operazioni degne di un contorsionista.
E la telefonata, soprattutto, andava fatta quando bisognava farla. Per tutto il resto della giornata eravamo i Django Unchained della comunicazione: uomini liberi, e non resi schiavi dall'obbligo di inviare e ricevere messaggi, scritti o vocali che siano.
Vallo a spiegare, oggi, ai nativi digitali. Per loro - ed è comprensibile - tu sei solo un ammasso di ferraglia, come i robot dei film di fantascienza degli anni '60.
E' per questo che assisto impotente alla tua capitolazione.
Ma io, come per il Ponte di Bassano, ti farei monumento nazionale. Non solo per quello che hai rappresentato, ma anche per meriti conquistati sul campo in materia di comunicazione mirata e soprattutto di privacy.
Perché finché sei stata il mezzo principale per restare in contatto col resto del mondo - costringendoci a rivolgerci a te solo quando necessario, e senza possibilità di essere richiamati - ci hai regalato un benefit che abbiamo potuto godere, pur non rendendocene conto, per buona parte del nostro tempo trascorso fuori di casa, da scuola e dal posto di lavoro. In altre parole, per buona parte del nostro tempo libero. Un privilegio che oggi, con i nostri evolutissimi smartphones, possiamo solo considerare un lusso: quello di essere irreperibili.
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