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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Il moto circolare della criminalità
Concluso con l’incontro con Monica Zornetta il Viaggio nella criminalità degli Incontri senza censura
Pubblicato il 19-05-2011
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La serata proposta dagli Incontri senza censura della Bassanese ha riportato a galla, oltre alle immagini fantasmatiche - nello sfondo anche cinematografiche - della figura e della storia di Felice Maniero, i cadaveri di un passato criminale non lontano che ha minato pesantemente il nostro territorio. La Mala, o Mafia, del Brenta è un fenomeno concluso in sé con la resa del proprio protagonista principale, ma sono le sue innervazioni nel presente, quelle che si propone di indagare la giornalista Monica Zornetta e che sono il filo conduttore dei suoi ultimi libri, il sequel più interessante. La storia di Maniero parla di un’epoca “preistorica” in cui non c’erano i cellulari, di giorni resi notti da rapine e azioni banditesche in cui l’assenza di tecnologia e di rete metteva in condizioni di svantaggio innegabile le forze dell’ordine. L’autrice ha ricordato la “Notte dei cambisti”, i furti delle reliquie di Sant’Antonio e Santa Lucia, le azioni rocambolesche e le fughe; ha cercato di ritrarre l’ambiente di vita e di formazione di Maniero, ricordando il ruolo del padre, “era figlio d’arte”, e della madre Lucia - di lei alcuni sodali hanno detto “dei due la vera mafiosa era lei” - e poi l’apprendistato da quelli che sono stati per Maniero i veri padri, quelli storici come Adriano Toninato e gli altri di volta in volta adottati dopo essere comparsi sul territorio in soggiorno obbligato. Il passaggio dall’ascesa alla resa è stato lungo e costellato di delitti che hanno ferito uomini, territorio e anche lo Stato, presentato con alcuni suoi rappresentanti come connivente alla crescita della Mala del Brenta. Uno degli aspetti più inquietanti messi in evidenza dalla discussione è appunto questo, il dover venire a patti delle istituzioni per la resa della Mala, del Male; l’altro è il livello di omertà di cui sono circonfuse queste vicende, nel passato e nel presente. Che la mafia non sia solo al Sud è ridicolo anche solo ricordarlo. Monica Zornetta, ma anche altri scrittori veneti come ad esempio Massimo Carlotto, nei loro scritti analizzano i passaggi evolutivi e la crescita dei fenomeni criminosi nel Nordest e utilizzano le lenti privilegiate dei fatti, non quelli dei proclami e degli slogan che usa certa politica. La narrazione può anche essere romanzata, di fatto è importante seguire senza perdere il passo il moto circolare, lo scavo metropolitano dell'illegalità, ed è sempre utile parlarne. E’ in preparazione un film basato sull’autobiografia che ha scritto Maniero. L’autrice a chi le ha chiesto se lo andrà a vedere ha risposto di sì, come prodotto di un’altra visione delle cose, concludendo che di eroi neri e di apologie del Male non c’è davvero bisogno. Tra l’altro non si parla di personaggi lontani, di altre ere e altri mondi: Maniero pare abbia vissuto a lungo sotto copertura in zona, che sia stato visto un paio d’anni fa a spasso tra piazze cittadine, che abbia numerosi amici ancora in contatto con lui nel bassanese. La serata si è conclusa non a caso con un richiamo forte alla coscienza civile, con un invito esplicito a parlare non solo in campagna elettorale, di amore per la legalità.
Al rientro viene spontanea una riflessione, forse impopolare, sulla mitologia di questo tipo di personaggi: negarne il fascino è fuori luogo, liquidare la loro capacità di fascinazione con dei “forse perché erano bellocci” non aiuta a capire le alleanze che li hanno circondati e la diffusione dell’omertà che li protegge. Chi ha visto con occhi obiettivi il film di Placido su Vallanzasca sa che si parla di forme di carisma innegabili, ma sa anche, e senza bisogno di ricorrere a censure, che non c’è stata neanche per un attimo, nemmeno per lo spazio di un solo fotogramma, la voglia di stare dalla sua parte. L’amore per la legalità è semplice, è questo.

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