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Rinascimento in bianco e nero

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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Politica

Dg Bassano

A proposito delle intercettazioni apparse sulla stampa sui rapporti del patron televisivo Jannacopulos con esponenti della politica locale per la presunta campagna mediatica contro il Dg dell’Ulss 7 Bramezza

Pubblicato il 01-06-2023
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Rinascimento in bianco e nero

Altro che colazione mediterranea o colazione all’inglese.
La mia è una colazione all’americana: caffè latte, biscotti e WhatsApp.
WhatsApp è di proprietà del gruppo statunitense Meta. Come dire che per addolcire il caffè latte ci metto un po’ di Zuckerberg. E questo perché ogni mattina mentre faccio colazione mi arrivano in contemporanea, con puntualità svizzera, i messaggi WhatsApp dei miei “informatori” che mi girano gli articoli di giornata su Bassano del Grappa e dintorni pubblicati dai quotidiani locali.

Giovanni Jannacopulos, Nicola Finco, Giacomo Possamai

Negli ultimi due giorni la mia personale rassegna stampa, che comprende anche alcuni servizi dei Tg locali (che però ricevo su WhatsApp alla sera, questa volta come dopocena), è dominata dalle nuove rivelazioni che riguardano il patron di Reteveneta Giovanni Jannacopulos circa i suoi rapporti con alcuni noti esponenti della politica locale in relazione alla presunta campagna mediatica della sua televisione contro il Dg (Direttore generale) dell’Ulss 7 Pedemontana Carlo Bramezza.
Ne ha scritto per primo il Gazzettino, poi sulle rinnovate novità dell’intreccio tra politica, sanità e media è stato trasmesso un servizio su Tva Bassano Notizie e oggi se ne occupano con ampi e circostanziati articoli il Corriere del Veneto e il Giornale di Vicenza.
E mi chi sonti (come diceva un mio storico collega, cameraman di Dueville, quando lavoravo in Tv) per non scrivere qualcosa anch’io?

Parto da una premessa necessaria: quello che avevo da dire sull’ingegner Giovanni Jannacopulos e sul suo particolare modo di intendere e di gestire il potere mediatico nei confronti della politica regionale e locale l’ho già detto nel mio cliccatissimo editoriale dello scorso 18 ottobre, intitolato La Sindrome del Pi Greco.
Lì c’è tutto e non è il caso, in questa sede, che io mi ripeta.
Ribadisco solo uno dei concetti espressi in quel mio articolo, che ho scritto con assoluta cognizione di causa.
E cioè che l’inchiesta giudiziaria della Procura di Vicenza sul patron della Tv bassanese e del gruppo Medianordest avrà il suo corso e potrà concludersi con un rinvio a giudizio oppure con una richiesta di archiviazione.
In quanto tale, nel caso di uno sviluppo processuale del procedimento di indagine, impone fino a sentenza definitiva i paletti garantisti della presunzione di innocenza.
Ma a prescindere da quello che sarà il loro esito giudiziario, i contenuti emersi e resi noti dagli inquirenti agli organi di informazione - in modo peraltro insolito e irrituale rispetto alla riservatezza delle indagini preliminari - hanno scoperchiato la pentola degli intrecci tra potere, politica e informazione televisiva qui a Bassano.
Ovvero quello che già si sapeva ma di cui, prima delle indagini e delle intercettazioni telefoniche sbattute in prima pagina, non si parlava.
Le rinnovate breaking news sull’indagine che riguarda il Signore delle Antenne si riferiscono ancora una volta ai suoi rapporti diretti con i politici e gli amministratori pubblici del territorio in funzione di sue presunte pressioni e richieste sulle scelte di gestione dell’Ulss 7 Pedemontana.
Come sanno oramai anche i sassi del Brenta, l’inchiesta trae origine da una denuncia presentata alla Guardia di Finanza dal Dg Bramezza a seguito della asserita campagna denigratoria di cui è stato costantemente e quotidianamente oggetto nel telegiornale bassanese di Reteveneta, trasformato per mesi in un vero e proprio Dg Bassano.
Le successive verifiche investigative, con centinaia se non migliaia di pagine di intercettazioni telefoniche, hanno fatto scattare a carico del patron televisivo l’ipotesi di reato di minacce continuate a pubblico ufficiale e di atti persecutori ai danni del Direttore generale dell’azienda socio sanitaria.
Nelle scorse settimane l’indagato ha ricevuto l’avviso di chiusura dell’indagine, atto che precede la richiesta del Pm di rinvio a processo o di archiviazione.
E proprio in questa fase di interregno tra la conclusione delle investigazioni e la decisione del giudice sono apparsi sulla stampa alcuni estratti virgolettati di intercettazioni telefoniche dell’indagato a colloquio con due big, rispettivamente, della politica bassanese e vicentina: il vicepresidente leghista del consiglio regionale Nicola Finco e Giacomo Possamai, da lunedì scorso neo sindaco di Vicenza, all’epoca capogruppo del PD in consiglio regionale.

Non entro nel dettaglio dei brani di telefonate virgolettati a mezzo stampa: è giusto dare merito al lavoro dei colleghi giornalisti che se ne sono occupati ed è opportuno che chi ne ha voglia se li vada a leggere, o a rileggere, sui tre già citati quotidiani regionali, a partire dal Gazzettino che ha tirato fuori la questione per primo.
Sintetizzo ai minimi termini riportando che in alcuni colloqui telefonici con Finco Jannacopulos lo sollecita, tra le altre cose, a presentare alcune interrogazioni alla giunta, andando in collisione con la stessa maggioranza che governa in Regione, sull’Asl bassanese e su questioni specifiche della sanità locale come la decisione di chiudere il reparto di Senologia al San Bassiano.
Dopo l’episodio della troupe di Reteveneta cacciata da Bramezza in occasione di una conferenza stampa in ospedale, l’editore di fatto della televisione si rivolge invece a Possamai, chiedendogli di spronare i sindaci a lui vicini, in particolare dell’Alto Vicentino e quindi dell’area afferente l’Ospedale di Santorso, a chiedere alla Regione la sostituzione del Direttore generale.
A seguito di queste e di altre intercettazioni la Guardia di Finanza è arrivata a ipotizzare nei confronti di Finco e di Possamai il reato in concorso di istigazione alla corruzione: richiesta che è stata respinta dal Pm Serena Chimichi.
Oggi i quotidiani hanno anche riportato, come è giusto che sia, le reazioni dei due politici alla rivelazione delle loro conversazioni telefoniche intercettate.
Sul GdV Nicola Finco ha definito “una vera e propria follia” il suggerimento poi respinto dal Pm della sua incriminazione aggiungendo, riguardo alle intercettazioni pubblicate, di non farsi intimidire “da quello che sembra un attacco politico mirante a incutere il timore di fare il proprio dovere”.
Mentre Giacomo Possamai, sempre sul GdV, ha espresso il suo dispiacere nel “leggere trascrizioni di telefonate che non dovrebbero essere pubblicate” in quanto la sua posizione nell’inchiesta non è rilevante e rimarcando che lui dialoga con tutti e ascolta tutti, ma poi agisce sulla base della sua coscienza “e ovviamente delle leggi del nostro Paese”.
Devo dire, con assoluta sincerità, che questa volta mi trovo stranamente d’accordo con Nicola Finco, quando parla di un apparente “attacco politico” alla base di quanto è successo.
Perché alcune cose, a questo punto, vanno dette.

Le ulteriori notizie fatte trapelare dagli ambienti investigativi - perché non puoi trascrivere un’intercettazione se non c’è qualcuno che te la fa scivolare sulla scrivania - forniscono nuovi tasselli di conoscenza (nel linguaggio giornalistico si dovrebbe scrivere: “gettano nuova benzina sul fuoco”) su un sistema di influenza mediatica sulla politica, unico nel suo genere a livello locale, che va ben oltre il ruolo informativo e spesso anche persuasivo del cosiddetto quarto potere.
Colpisce tuttavia la tempistica con la quale i nuovi panni giudiziari sono stati stesi e appesi con le mollette ad asciugare sul pubblico cortile.
Guarda caso, la seconda ondata di rivelazioni sui colloqui telefonici dell’indagato con gli esponenti della politica è “sfuggita” al controllo sulla riservatezza istruttoria nei giorni immediatamente successivi all’elezione di Giacomo Possamai a nuovo sindaco di Vicenza.
È vero che esistono le coincidenze, ma sono sempre più convinto della validità della tesi sostenuta da un mio carissimo amico, che cito spesso nei miei articoli, e cioè che nulla accade mai per caso.
È come se il potere inquirente avesse lanciato un esplicito avvertimento alla politica stessa: l’inchiesta giudiziaria potrà anche essere archiviata, ma non i suoi effetti sull’opinione pubblica.
Ancora una volta, ricordando quello che ho scritto prima, la fuga di notizie sul procedimento investigativo si è svolta in modo insolito e irrituale, in considerazione del fatto che qualsiasi indagine in corso, per quanto appena conclusasi, dovrebbe (uso appositamente il verbo al condizionale) essere coperta dal massimo riserbo.
E anche in questa circostanza, come spesso accade, i casi sono due: o gli inquirenti sono in possesso di elementi probatori talmente forti da consentire alle fonti a loro vicine di trasformarli in soffiate di pubblico dominio, oppure l’impianto accusatorio è talmente debole da rendere necessaria - in vista dell’imminente decisione sul rinvio a giudizio o sull’istanza di archiviazione - un’azione di moral suasion amplificata dai media.
Ma può anche darsi, in definitiva, che l’autorità investigativa o chi per essa abbia lanciato un nuovo messaggio a distanza al potente patron televisivo: e cioè che non è soltanto lui a detenere la facoltà, esclusa ai più, di fare il bello e il cattivo tempo.
Per le previsioni meteo per il momento è tutto, a voi la linea.

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