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Lo stratega della Nazionale che ha vinto gli Europei a Wembley è “made in Bassano”.
Classe 1983, Antonio Gagliardi, con una laurea in Storia, è partito dalla SICS, azienda bassanese che si occupa di consulenza e statistiche sportive, ed è oggi uno dei match analyst più importanti del panorama calcistico nazionale ed internazionale. Al fianco di Roberto Mancini ha contribuito a costruire la “macchina da guerra” azzurra che ha fatto trionfare l’Italia ai campionati europei «Un’impresa storica, eccezionale, a cinquant’anni dall’ultimo Europeo e a quindici dal Mondiale».

Sono passati poco più di 10 giorni dal trionfo di Wembley. Cosa le è rimasto in mente di questa impresa strepitosa?
Mi capita di ripensare alla sensazione di dominio che abbiamo trasmesso nel secondo tempo di Italia-Belgio. Eravamo in vantaggio sulla squadra numero uno del ranking mondiale e per 15 minuti praticamente non gli abbiamo fatto toccare palla.
Dove si è concentrata maggiormente la sua analisi dei numeri in questo Europeo?
In realtà l’utilizzo dei numeri e delle statistiche è una piccola parte del lavoro, soprattutto in Italia. Il lavoro principale riguarda lo studio delle dinamiche tattiche tramite l’utilizzo dei video. Con Simone Contran, l’altro analista che collabora con me, abbiamo analizzato fino all’ultimo dettaglio la tattica delle tre squadre del girone di eliminazione, Turchia, Svizzera e Galles. Del loro gioco sapevamo tutto. Il difficile è arrivato nella fase di eliminazione diretta, bisognava studiare in pochi giorni i nuovi avversari. L’80% dello studio dei filmati riguarda gli avversari, un altro 20% è dedicato invece all’analisi delle nostre prestazioni.
Cosa le ha chiesto in particolare il mister Mancini?
Lui vuole dominare sempre le partite e quindi abbiamo lavorato molto sul pressing e sul recupero palla. In questo Europeo abbiamo dedicato molto tempo anche allo studio dei rigori. Con Donnarumma, e con lo staff dei preparatori dei portieri, abbiamo sviscerato le caratteristiche di tutti i possibili rigoristi delle squadre avversarie.
Facciamo un passo indietro: come è diventato match analyst?
Sono partito dalla SICS di Bassano del Grappa, un’azienda leader in Italia e in Europa per i servizi informatici legati allo sport. Sono stato anche allenatore di squadre dilettantistiche locali. In Sics ero arrivato a dirigere un team di dieci persone, per l’80% fornivamo servizi video e di datI alle squadre italiane.
Il grande salto quando è arrivato?
Nel tempo ho cominciato a conoscere molti allenatori importanti, come Prandelli e Ancelotti, solo per citarne un paio. Prandelli mi ha chiamato a lavorare con lui prima al Parma e poi alla Fiorentina e quando è andato in Nazionale l’ho seguito nel suo staff. Nel frattempo la figura del match analyst è diventata fondamentale in tutti i grandi club. Ho fatto con Prandelli gli Europei e il Mondiale. Ho lavorato con Di Biagio, con Conte e tutti gli staff tecnici degli Azzurri. Nel 2016 è stata creata l’area match analyst della Nazionale e ne sono diventato il responsabile. Sempre nel 2016 con Maurizio Viscidi, coordinatore di tutte le nazionali giovanili di calcio, abbiamo dato vita al primo corso ufficiale per diventare analista tecnico.
Da quando gli analisti del calcio sono indispensabili per vincere nel calcio che conta?
Il grande pubblico ha conosciuto la figura del match analyst dopo l’uscita del film Moneyball (“L’arte di vincere”) con Brad Pitt. L’estro e il talento dei campioni ovviamente fanno la differenza, ma da anni ormai tutte le squadre di un certo livello hanno nel loro team un match analyst. Dalla Serie A fino alla Lega PRO gli staff tecnici prevedono un allenatore, i vari preparatori atletici e tecnici e uno o più match analyst. Le grandi squadre di vertice ne hanno 4-5, all’estero anche di più. Quindici anni fa ci conoscevamo tutti, adesso sarebbe impossibile.
Quali super campioni l’hanno colpita di più, lasciando da parte le prodezze sportive?
La generazione dei campioni del mondo del 2016 aveva doti straordinarie, dentro e fuori dal campo. Andrea Pirlo è stato un giocatore pazzesco ed è destinato a diventare un allenatore tra i più grandi al mondo perché ha delle qualità incredibili. Anche De Rossi e Buffon hanno delle abilità caratteriali non comuni. Per arrivare agli Europei, Chiellini e Bonucci hanno una personalità che non si trova facilmente nemmeno ai livelli più alti del calcio internazionale.
Cosa consiglia ad un ragazzo bassanese che sogna di fare un percorso simile al suo?
Prima di tutto serve la passione per il calcio e per i suoi aspetti tecnici. Allenare le squadre giovanili, o anche i dilettanti, è sicuramente utilissimo. I ragazzi bassanesi hanno la fortuna di arrivare una società come la SICS in casa. Chi vuole fare il salto ha l’opportunità di fare il corso ufficiale della Figc a Coverciano: c’è un test di ingresso, 40 posti disponibili su una media di 200/250 aspiranti. Il corso può concretizzare davvero il sogno di qualsiasi ragazzo.
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