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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
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Apotalypse Now
Gira senza mascherina, combatte le misure anti Covid e contesta “il castello di carte dell'informazione mainstream venduta al sistema” sulla pandemia. Intervista al fotografo bassanese Leonardo Nave. “Io sono un apota, uno che non se la beve”
Pubblicato il 15-04-2021
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“Chi riesce a vedere le cose come stanno poi non torna più indietro.”
Chi lo dice è Leonardo Nave, bassanese, di professione fotografo, che attraverso i suoi scatti svolge anche l'attività di social media manager e di brand consultant, in particolare per il settore dell'abbigliamento heritage (per la serie: viva la lingua italiana). È facile incrociarlo nel centro storico di Bassano, dove abita, assieme alla sua fedelissima Piuma, una splendida esemplare di Australian Cattle Dog, cane da pastore australiano.
Nave è inconfondibile: gira infatti sempre senza mascherina. Smascherato a prescindere. Non lo fa per pigrizia o per sbadataggine, ma per scelta. Il fatto di muoversi senza maschera è infatti il segnale della sua presa di posizione nei confronti della pandemia e soprattutto della “narrazione” che ne fanno i media: un atteggiamento di totale contestazione, anche nei confronti di chi accetta passivamente e acriticamente il corso degli eventi, che lui esprime quotidianamente attraverso i messaggi social nella sua pagina Facebook.
Leonardo Nave con la sua fedelissima Piuma
Leonardo Nave non è un anarchico, non è un estremista, non è un rivoluzionario: in altre parole è una persona normale come tutti noi. Ma tutto quello che è accaduto e che sta ancora accadendo a seguito di quella che agli inizi era chiamata “emergenza coronavirus” gli ha fatto scoppiare nell'animo dei sentimenti che non aveva mai avvertito prima e che si sente di diffondere anche a costo di esporsi agli inevitabili attacchi di chi non la pensa come lui nel tritacarne di Facebook. “Il Covid - afferma - mi ha fatto pensare al valore e alla bellezza della libertà. Quello che faccio lo faccio per me stesso, ma voglio anche essere un esempio per chi può essere dubbioso o intimorito da questa situazione.”
Ho deciso di intervistarlo perché mi interessava capire e approfondire quali sono le motivazioni e i convincimenti che spingono le persone come lui ad opporsi a quello che lui definisce “il castello di carte” messo su “dal sistema” e “dall'informazione mainstream” relativamente alla pandemia. Riguardo al virus e a tutto ciò che ruota attorno al Covid, Nave dichiara di essere un “apota” (termine coniato nel 1922 dal grande giornalista Giuseppe Prezzolini, dal greco ápotos, “che non beve”): uno quindi che non se la beve, che non prende nulla per oro colato e che si pone anzi degli interrogativi. Apotalypse Now.
Dunque Leonardo Nave, perchè ce l'ha così tanto con chi porta la mascherina, e cioè praticamente con tutti?
Partiamo dal presupposto che quello che sto dicendo è frutto di numerose ricerche sul campo dell'utilità di questo strumento. Nel momento in cui ho capito che la mascherina è uno strumento che non fa bene alla salute, da lì sono partito ad informarmi ancora di più.
Io non ce l'ho con tutti, ce l'ho con chi non riesce a capire che la mascherina all'aperto è una cosa che non ha senso, perché nel momento in cui si è distanziati di un metro da una persona non c'è nessun tipo di pericolo. Per cui non contesto, per adesso, la mascherina magari portata in ambienti chiusi, ma non tanto perché sia utile, ma proprio per non andare a trovarmi a discutere con le persone. Contesto soprattutto la mascherina usata all'aperto.
“La mascherina non fa bene alla salute” in che senso?
Non fa bene alla salute perché c'è più di qualche studio che conferma il fatto che la mascherina ferma il tuo respiro, quindi rilascia l'anidride carbonica che si ferma sul tessuto e tu re-inali quello che hai appena espirato. Inali così anidride carbonica che va a creare acidosi all'interno dell'organismo. E l'acidosi può causare il cancro.
Lei è mai stato fermato o multato dalle Forze dell'Ordine per il fatto che va in giro senza mascherina?
Sì, sono stato fermato tre volte. La prima volta dalla Polizia Locale. Ho spiegato con molta tranquillità al vigile che io la mascherina all'aperto non la porto perché non è segnalato in nessun Dpcm e in più io rispetto la Costituzione e non rispetto i regolamenti “condominiali”. La seconda volta mi ha fermato ancora la Polizia Locale e mi hanno redatto un verbale, pur avendo io contestato il tutto, e mi è arrivata la multa che io ho appoggiato a un avvocato e che alla fine non si pagherà. La terza volta con la Guardia di Finanza che era prontissima a farmi il verbale, ma nel momento in cui ho spiegato le cose mi hanno detto “ok, vada”.
Lei nei suoi interventi social definisce il resoconto mediatico della pandemia “una narrazione mainstream venduta al sistema”, un “castello di carte” costruito ad uso e consumo delle “pecore ammaestrate”. In base a quali convincimenti può affermarlo?
Il convincimento principalmente è uno. All'inizio di questa epidemia, e non pandemia, io avevo paura. E la paura era dettata appunto da quello che io ascoltavo nelle Tv convenzionali. Questa paura è durata una settimana. Nel momento in cui mi sono accorto che la narrazione era un pensiero unico, di tutte le Tv nazionali e internazionali anche, senza mai mettere a confronto un'idea che contrastasse questi principi narrati a senso unico, ho capito che c'era qualcosa che non andava. Da lì ho iniziato ad informarmi.
Ma siamo allora tutti “pecore ammaestrate”?
Secondo me, tutti no. C'è una gran parte di gente che si sta risvegliando, come mi sono risvegliato io, che però purtroppo non conosce. Parlo di una gran parte di anziani che non hanno la possibilità di accedere al web e quindi sono bombardati dalla mattina alla sera dalle Tv mainstream perché non hanno modo di informarsi in modo alternativo. Loro lo fanno in buona fede, però il mainstream ipnotizza le persone. Poi c'è una gran parte di persone che per non incorrere in discussioni, o per timore o terrore delle multe, timore creato a sua volta dalle Tv e dai giornali, fanno diventare un'azione che non è corretta, che non è legittima, una consuetudine. Quindi “lo fanno tutti, lo faccio anch'io”.
Sempre a riguardo del Covid, lei invita anche a “disubbidire” e in particolare a “disubbidire alla demenza del quotidiano”. “Disubbidire” in che modo?
Io disubbidisco seguendo la Costituzione. E sto notando che la Costituzione è sempre più calpestata da chi ci governa. C'è gente che mi ferma e mi dice “mettiti la mascherina per rispetto”. Ma “rispetto” di cosa? Quando io rispetto la Costituzione e cerco di stare attento non ho più modo di preoccuparmi.
Ora da qualche mese sono spuntate le varianti del Covid. Anche su queste, nei suoi interventi social, lei è molto critico...
Le varianti esistono da sempre. I virus esistono da sempre. Dobbiamo riuscire solamente a conviverci, a non credere a quello che il mainstream, appunto, ci fa apparire come “il virus mortale che uccide le persone per strada”. Ricordiamoci che questo coronavirus è un virus che esiste, senza ombra di dubbio, ma non è così mortale. I dati dicono che è un virus che ha una mortalità dello “zero virgola”. Per cui non c'è modo e non c'è motivo di continuare a bloccare le persone a livello economico e a livello sociale nel mondo.
Senta, ma se un suo amico o conoscente si ammalasse realmente e seriamente di Covid - a livello di ricovero in Rianimazione, intendo -, lei sarebbe pronto, almeno in parte, a cambiare idea?
No, perché ci si può ammalare. Anche se di morti di Covid forse ce ne sono stati dai 2 ai 6 in tutta Italia.
Dai 2 ai 6mila?
No: dai 2 ai 6. Morti “di” Covid. Il virus, in chi ha già delle patologie pregresse in corpo, scatena delle complicanze che se vengono comunque curate per tempo non fanno più sussistere il problema. Il problema è che il protocollo nazionale di cura anche a domicilio è stato modificato giusto ieri in Senato. È durato un anno questo protocollo, che ha fatto morire migliaia di persone. Lo scriva pure, me ne prendo tutta la responsabilità. Quindi non cambio opinione rispetto a chi potrebbe ammalarsi, perché bisogna vedere l'intero quadro clinico della persona. Nel momento in cui ci hanno negato le autopsie, inizialmente, appena scoppiata questa cosa, è stata una circostanza che mi ha sollevato notevoli dubbi in tutto quello che ci stanno narrando.
In conclusione: so che lei non ama le etichette, tipo “no mask”, “no vax”, eccetera. Ma quanto si sente addosso l'etichetta di “negazionista”?
Non me la sento addosso nella maniera più assoluta, nel momento in cui io rispetto appunto la Costituzione. Se però rispettare la Costituzione, se avere un senso critico, se avere una coscienza che mi fa contrapporre ed avere un confronto, se tutti questi fattori mi portano ad avere un tipo di etichetta - e sono etichette inventate dalla comunicazione di massa - allora sì, sono un negazionista. Ma il negazionismo era ed è tutt'altra cosa. Le faccio una battuta: adesso non c'è una correlazione sui decessi post inoculazione, perché non voglio chiamarla “vaccinazione” anti Covid, non c'è correlazione rispetto a danni causati da questi farmaci inoculati. Questo è negazionismo. Questo è negare l'evidenza. Ma se proprio devo darmi un'etichetta o una definizione, allora io dichiaro di essere un apota: uno che non se la beve, che è scettico, che non presta fede ingenuamente e che si pone delle domande.
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