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L'utero e il fucile
Sui social pesanti insulti e minacce anche di morte all'assessore regionale Elena Donazzan dopo la sua adesione alla campagna contro l'utero in affitto. Lei replica: “Siete dei codardi, vi aspetto dove volete”
Pubblicato il 17-10-2018
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Funziona più o meno così: da una parte c'è una coppia che non può avere figli, perché impossibilitata a concepire un bambino o perché composta da due persone dello stesso sesso, e dall'altra c'è una donna, detta “gestante per altri”, che concepisce il bimbo su commissione della coppia medesima e che consegna alla stessa il neonato subito dopo il parto. Si tratta della cosiddetta “surrogazione di maternità”, altresì detta “utero in affitto”: una pratica medica che in Italia è vietata per legge, e che pertanto viene effettuata all'estero, e che comporta sul territorio nazionale tutta una serie di conseguenze legislative ed etiche. C'è però una novità: e sta nel fatto che di recente nel nostro Paese alcuni giudici e alcuni sindaci (tra cui Virginia Raggi a Roma, Beppe Sala a Milano, Chiara Appendino a Torino e Luigi De Magistris a Napoli) hanno disposto l'iscrizione o la trascrizione all'anagrafe anche degli atti di nascita di bambini figli di “due madri” o “due padri”. Ed è dello scorso luglio la notizia che la Corte di Appello di Venezia ha imposto al sindaco di Verona Federico Sboarina il riconoscimento di una coppia gay quali padri di un bambino fatto nascere in Canada da madre surrogata. Una tendenza, per così dire, che in Italia sta prendendo piede e che ha fatto scaturire la campagna di protesta #stoputeroinaffitto, promossa da Provita Onlus assieme ad altre associazioni pro famiglia naturale, contraddistinta dallo slogan “Due uomini non fanno una madre” e finalizzata, come si legge nel sito notizieprovita.it, a “contrastare sul piano interno, europeo e sovranazionale ogni forma di legalizzazione della surrogazione di maternità”.
La campagna viene svolta attraverso la proposta di una petizione che è indirizzata al governo e al parlamento e che annovera in queste ore un'adesione eccellente: quella dell'assessore regionale del Veneto Elena Donazzan. Che sul proprio profilo Instagram ha postato ieri il seguente messaggio: “Sosteniamo con forza la campagna del movimento @provitaonlus e di @generazionefamiglia contro l'utero in affitto: con l'utero in affitto la dignità delle donne viene calpestata per accontentare l'egoismo dei ricchi committenti. Altro non è che un business e a farne le spese sono proprio le donne, trattate come schiave, e i bambini, vittime indifese di questo scempio!”.
Apriti cielo: oggi l'assessore regionale si è ritrovato il canale social “zeppo di insulti e minacce”, tra cui anche minacce di morte (scrive uno dei post: “commenta tu che intanto io carico il fucile per ammazzarla va'”). È stata la stessa Donazzan a denunciare l'accaduto, tramite un comunicato stampa trasmesso in redazione.

L'assessore regionale Elena Donazzan (fonte immagine: Facebook)
“Stamattina, al mio risveglio - riferisce l'esponente politico bassanese - ho trovato il mio profilo Instagram zeppo di insulti e minacce per la mia adesione alla campagna #stoputeroinaffitto. Offese contro di me e contro i Veneti, offese contro chi la pensa come me, e dunque contro la stragrande maggioranza di chi ragiona in maniera sensata: non bastasse ciò, pure alcune minacce.” Il comunicato riferisce che “da una prima analisi delle interazioni, l’azione ha avuto inizio dopo la condivisione da parte di Generazione Famiglia della instagram-story di Donazzan (attualmente non più disponibile)” e che “ad attaccare il profilo dell’assessore regionale sono stati principalmente haters di quest’ultima associazione, soliti nel pubblicare le proprie opinioni in maniera offensiva”.
Afferma l'esponente politico bassanese: “Da quale pulpito viene la predica! Dagli esperti di democrazia, di diritti, di amore e di pace… che al primo pensiero diverso dal loro si manifestano per ciò che sono, leoni da tastiera, odiatori seriali, figli viziati di una società buonista.” “Non mi lascio intimidire da questi individui - conclude l'assessore regionale -. Ho rimosso i loro commenti perché non posso accettare offese in cambio dell’esternazione di un mio pensiero: non ho costretto nessuno di loro a seguirmi, se non condividono le mie idee sono ben liberi di seguire qualcun altro, ma non certo di offendermi. E a chi ha minacciato di ammazzarmi a fucilate rispondo: ti aspetto dove vuoi visto che i codardi siete voi, non di certo io!”.
Nel pomeriggio è stato trasmesso alle redazioni anche un messaggio del governatore Luca Zaia. “Rivolgo all’assessore Donazzan la mia più totale solidarietà - dichiara il presidente della Regione Veneto -. In un mondo civile si rispettano le idee di tutti, altrimenti non ha senso parlare di democrazia e libero pensiero.” “Su questi temi - conclude Zaia - ognuno risponde alla sua coscienza. Si può condividere o no una posizione, ma l’offesa e la minaccia sono lo strumento più sbagliato. Inaccettabile, sempre e comunque.”
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