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Attualità

Filosofia Zen

Anche il preside del Brocchi e Parolini interviene nel dibattito sulla fiction “Di Padre in Figlia”: “Non rappresenta la nostra storia, ma un caso limite che potremmo ambientare in qualsiasi altra città o regione”

Pubblicato il 28-04-2017
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Elena Pavan

Mi ero ripromesso di scrivere ancora un articolo sulla fiction “Di Padre in Figlia”, ma solo dopo la trasmissione della quarta e ultima puntata. Cosa che comunque farò.
E dove, per la prima e ultima volta, dirò anch'io la mia sulla serie Tv che sta contemporaneamente trionfando nei dati d'ascolto e dividendo l'opinione pubblica bassanese. Ma sono costretto a fare uno strappo alla regola che mi sono dato dopo aver ricevuto in redazione un breve comunicato stampa trasmesso dal bi-preside del Liceo Brocchi e dell'Istituto Agrario Parolini Gianni Zen. Il quale si aggiunge alla già consistente lista di telespettatori che, soprattutto nella Plaza de Toros di Facebook, esprimono e spesso anche sparano giudizi sullo sceneggiato: santificando, da una parte, e affossando, dall'altra, le gesta della famiglia Franza attraverso le quali la nostra città sta vivendo il suo quarto d'ora di notorietà televisiva.
Una conferma del fatto di come una fiction - che per sua stessa natura etimologica è “finzione” - possa essere percepita come una “realtà” parallela, dove tutto deve combaciare con ciò che realmente è peculiare del luogo in cui la storia si svolge: storia sociale, tradizione economica, mentalità, lingua, abitudini.

Fonte immagine: funweek.it

Da qui le filippiche dei critici - solo per fare qualche esempio - sulla non corrispondenza all'“immagine” del bravo e laborioso imprenditore veneto, sulla condizione delle donne che non sarebbero state così sottoposte all'uomo di casa, sulle poco credibili frasi in dialetto, sull'eccessivo “focus” puntato sulle categorie degli imbriagoni e dei drogati e su altri luoghi comuni sparsi tra un ciak e l'altro. Ora si aggiunge anche il pensiero del dirigente scolastico di Brocchi e Parolini, che aggiunge una nuova chiave di lettura al rovente dibattito in corso.
“Se togliamo alla fiction “Di padre in figlia” - scrive Gianni Zen - il contesto ambientale e linguistico che cosa rimane di “bassanese” nel cuore della storia raccontata? Ovviamente, è straordinaria e da difendere la scelta di Bassano come cuore di una fiction della Rai. Ma, alla fin fine, che messaggio viene comunicato, per la specificità ed originalità di Bassano e dei bassanesi, agli italiani?”
“Al di lá della ambientazione, naturale e linguistica - continua il preside -, mi sono fatto convinto che questa fiction non rappresenta la nostra storia, ma un caso limite che potremmo ambientare in qualsiasi altra città o regione.”
E aggiunge: “Che cosa manca, soprattutto? Manca, mi pare, il contesto religioso, cioè il reticolo di significati e valori che hanno accompagnato il dopoguerra a Bassano. Al di là della rappresentata ipocrisia, mascherata e nascosta dietro il mito del lavoro per il lavoro. A parte anche il ruolo delle donne che, a mia memoria, non erano maltrattate e non considerate, come appare nella fiction.”
“È questo reticolo valoriale positivo - conclude il dirigente scolastico - che ha accompagnato la nostra storia, al di là di idee, ideologie, partiti, storie famigliari.
E questo reticolo, stranamente, è del tutto assente.”
Questa, quindi, è la filosofia Zen sull'opera televisiva.
A parte che nella prima puntata della fiction compare anche un prete “confidente” e nella terza un collegio di suore (nella seconda non lo so, me la sono persa), per il rappresentante del mondo della scuola ciò che “Di Padre in Figlia” non racconta è dunque il “contesto religioso” all'interno del quale storie personali e saghe familiari, nella Bassano del dopoguerra, trovavano una valvola di sfogo sociale a cui riferirsi.
Attenzione però a lamentarsi troppo dell'assenza di parroci e oratori nel plot della storia: perché da qui a sfornare l'eterno luogo comune del Veneto “baciapile” poco ci manca.
Ma così è se vi pare. E finché continuiamo a dedicare tempo e energie intellettuali alla serie Tv su Rai 1, vuol dire - fortunatamente - che a Bassano non ci sono problemi più assillanti a richiamare la nostra attenzione.
Intanto, a dare nuovi spunti alla già vivace discussione sulla fiction de noialtri si aggiunge anche la notizia dell'intenzione di Roberto Astuni, vero e indiscusso presidente del “Di Padre in Figlia Fan Club”, di proporre la cittadinanza onoraria di Bassano del Grappa per il regista Riccardo Milani. Caspita, molto interessante. Finirà che non ci sorprenderemmo neppure se il Premio Cultura Città di Bassano lo assegnassero all'autrice del soggetto Cristina Comencini.

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