Connessioni contemporanee
Un dialogo col presente
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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Pubblicato il 21-02-2012
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“Il divario del prezzo della benzina o del gasolio alla pompa in Italia rispetto a quello degli altri Paesi europei sta mettendo in ginocchio le famiglie: lo spread della benzina è il vero indice della vera crisi italiana”
Appena giunto a Roma per la conferenza Stato-Regioni l’assessore regionale al Bilancio del Veneto, Roberto Ciambetti, lancia l’allarme.
“L’incremento del costo alla pompa - ha detto Ciambetti - in un anno sfiora il 26 per cento: insostenibile per i cittadini e ingiustificabile da parte dei petrolieri, che come lobby fanno quello che vogliono. Ma ancor più grave è questo dato se consideriamo che il costo del trasporto incide in maniera determinante, per oltre un terzo, per i prezzi al consumo delle derrate alimentari e dei generi di consumo, visto che in Italia è il trasporto su gomma a farla da padrone: in questa maniera ogni incremento alla pompa si riflette due volte per le famiglie italiane, la prima al distributore quando si va a fare il pieno, la seconda alle casse di negozi e supermercati, quando ci si accorge che i prezzi sono aumentati.”
Prezzi dei carburanti alle stelle. Ciambetti: "Ogni incremento alla pompa si riflette due volte per le famiglie italiane, la prima al distributore e la seconda alle casse dei negozi"
“La differenza rispetto agli altri paesi europei - ha aggiunto l'esponente della giunta veneta - è decisamente importante: può sembrare poco il 7% in più che in Italia si paga rispetto alla Germania, ma se teniamo conto che lo stipendio medio tedesco è ben superiore a quello italiano, cioè se teniamo conto dell’effettivo potere d’acquisto, comprenderemo bene come il divario sia veramente importante. In Spagna si spende il 30 per cento in meno, mentre da noi ormai per fare il pieno si viaggia verso i 90/100 €.”
“Mi limito a dati ufficiali - ha continuato l’assessore al Bilancio -. Secondo rilevazioni Ocse, relative al 2010, i salari italiani sono inferiori alla media degli stipendi dei 34 Paesi maggiormente industrializzati. Nella graduatoria dei salari netti, il nostro Paese si collocava al 22esimo posto con circa 19.350 euro, ossia mille euro in meno della media Ocse e quasi 4mila euro in meno della media dell’Ue a 15.”
“Immagino - ha concluso Ciambetti - che dopo la cura Monti questi numeri siano mutati in peggio: nonostante la quantità smisurata di ottimismo sventolato dal governo, il paese reale sta vivendo una fase drammatica, mentre non vengono colpiti i veri centri dei privilegi, che ruotano attorno a petrolieri e banche, società autostradali o assicurazioni, boiardi di stato e superburocrati.”