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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
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“Se andiamo avanti così, dovremo vendere il Colosseo”
Eugenio Benetazzo parla ai Lions degli sconvolgimenti del mondo finanziario. “L'Italia è in balia di un potenziale default, come Irlanda, Spagna e Portogallo” "L'Euro? Ci serve una moneta che si possa svalutare"
Pubblicato il 24-02-2011
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Vi ricordate la famosa scena di Totò che vende la Fontana di Trevi a uno sprovveduto turista americano? Quello era un film comico, ma non è tanto lontano dai possibili scenari del prossimo futuro. Con gli investitori stranieri, assai meno sprovveduti, che attendono il default finanziario dell'Italia per mettere le mani su ciò che il nostro Paese ha di più prezioso: il patrimonio storico e artistico.
E' la tesi, inquietante ma indubbiamente realistica, prospettata da Eugenio Benetazzo: il giovane e spregiudicato predicatore finanziario - e opinionista del nostro portale con la rubrica “Funny Money” - ospite l'altra sera a Villa Palma del Lions Club Bassano del Grappa Host.
Perché l'Italia, come ha spiegato il relatore, “è in balia di un potenziale default”, lo stato di insolvenza finanziaria che aleggia come uno spettro sulle economie della vecchia Europa.

Il predicatore finanziario Eugenio Benetazzo nel suo intervento ai Lions. Al suo fianco il presidente del Lions Club Bassano del Grappa Host Antonio Cenere
E siamo in buona compagnia: perché a rischiare la bancarotta - oltre alla Grecia, che ha già creato danni - ci sono anche l'Irlanda, il Paese a maggiore rischio insolvenza, il Portogallo e la Spagna, dove il crac immobiliare suona molto più di un campanello di allarme. Al punto che il Fondo Investimenti per la Stabilità in Europa ha già previsto uno stanziamento di 750 miliardi di euro per evitare il default patrimoniale di Irlanda, Portogallo e Spagna appoggiati dal piano massiccio del resto d'Europa “dove i Paesi virtuosi detengono il debito dei Paesi marci”.
E l'Italia, narcotizzata dalla crisi? “Nel nostro Paese - ha osservato Benetazzo - l'intervento massiccio della cassa integrazione ha evitato una nuova Tunisia.
Abbiamo un tasso tra i più alti di disoccupazione giovanile, il 2010 è stato l'anno-record dei fallimenti e ci sono 8 milioni di poveri con un reddito inferiore ai 6mila euro l'anno.”
Il grande rischio, per il Bel Paese, è quello di un futuro “scenario argentino”.
Una situazione che ha bisogno di cure drastiche, “come in Inghilterra dove Conservatori e Liberaldemocratici, con Cameron e Clegg, sono insieme al governo dopo aver promesso agli elettori una nuova austerity sociale per il risanamento dei conti e la riduzione del disavanzo pubblico.”
Si dirà: e la Fontana di Trevi? E' presto detto. “Se l'Italia va in default, accadrà come in Grecia - ha affermato Benetazzo -. Cosa ha fatto la Grecia per ripianare i suoi debiti? Ha dovuto mettere in vendita le sue isole. Un'Italia insolvente dovrà vendere il Colosseo, e gli altri gioielli del suo patrimonio storico e artistico. E' questa la strategia occulta degli investitori stranieri.”
Se la finanza di Stato fa gridare allo scandalo, l'economia reale continua ad annaspare: è il grande imputato, secondo il relatore, si chiama Euro.
La moneta unica, in realtà, è un “Marco mascherato”, utile a paesi come Germania e Francia con un grande mercato interno europeo. Ma per gli altri, come l'Italia, con un mercato soprattutto extra UE “c'è bisogno di una moneta che si possa svalutare per ritornare ad essere competitivi”.
Non a caso in Europa si fa strada il “circolo degli eurokiller”, favorevoli - se non al ritorno delle vecchie divise nazionali - all'istituzione di un “Euro 2” per i Paesi europei mediterranei. E guardacaso “il titolo di Stato più virtuoso è quello della Norvegia, che non è in zona Euro”. E attenti alla Turchia: “Sarà la Cina in casa nostra”. Con la consapevolezza che il vecchio mondo occidentale non sarà mai più quello di prima.
“Tra i paesi a rischio finanziario - ha ammonito Benetazzo - ci sono il Venezuela e di nuovo l'Argentina. Ma anche 4 Stati degli USA, compresi California e Illinois, sono in default. Eppure non lo dice nessuno.”
Per investire all'estero bisognerà puntare sui CIVETS (iniziali di Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia e Sudafrica), le nuove economie emergenti mondiali, destinate ad aggiungersi alle quattro potenze economiche del gruppo BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) e alle nuove “tigri africane” che si chiamano Etiopia, Tanzania e Uganda.
Ma la Cina compra tutto: debiti europei, equity in Borsa e interi pezzi di Africa per le derrate alimentari. Gli equilibri del pianeta, non solo finanziari, dipendono anche da questo.
Lo scoppio della bolla finanziaria del 2008 è stata “la tempesta perfetta”. “Ma - avverte Benetazzo - il peggio deve ancora arrivare.” Della serie: viva l'ottimismo. Con prospettive, per il nostro Paese, che fanno assai poco sorridere.
Ma i politici, di qualsiasi colore, ne sono in qualche modo coscienti?
“La nostra classe politica non cambierà - è convinto il relatore - finché non cambia la testa degli italiani.”
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