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Quando una serie è più efficace della realtà
Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
A tu per tu con Demetrio Paolin
La parola agli autori: ai lettori le risposte di Demetrio Paolin
Pubblicato il 21-06-2010
Visto 4.639 volte
Nel presente in cui viviamo, dove possiamo disporre di nuove tecnologie, di sterminate banche dati, dove è in corso una sfida all’immaginazione e alla nostra capacità di gestione, qual è secondo te il ruolo della narrazione?
Cosa rimane se non la letteratura? Se non la possibilità di stupirci a seguire parole, a leggerle a scriverle? In questa società dove tutto sembra raggiungibile, fruibile, dove ogni cosa è “fast food”, la letteratura rimane ancora una “radura” dove di colpo ognuno di noi si ritrova nudo, solo e inerme davanti alle proprie paure, gioie e dolori. Questo tipo di evento che è la letteratura (non uso il termine narrazione perché narrazione è anche il videogioco della play o la soap opera) resiste perché non viene intaccata né della nuove tecnologie né da nessuna altra diavoleria. Perché credo che nessuna banca dati possa “contenere” lo stupore. Renato Serra, durante un periodo di rivolgimenti forse ben più tremendo di questo – si era durante la prima guerra mondiale -, alla fine del suo esame di coscienza, da letterato si diceva che in fin dei conti importava solo continuare a fare la letteratura, che era la cosa più degna. E io sottoscrivo le sue parole.

Emanuele Tonon, Demetrio Paolin e Mattia Pontarollo di Palomar
La vita quotidiana spesso corre sui binari di un locale: ferma in stazioni banali, avanza anestetizzata dagli scossoni, obbedisce a fischi/squilli che imperano di ripartire. L’atto consapevole dello scrivere è il partire per un viaggio, un nastro trasportatore o una scalata per altre dimensioni?
L’atto consapevole dello scrivere è una fatica. Non so se conduca ad altre dimensioni, penso che – usando la tua metafora – ti costrnga scendere. Ecco l’atto dello scrivere è scendere nella stazione e vedere cosa c’è dietro. E’ camminare, è entrare in relazione con le persone, con i luoghi. Io sono convinto che si scriva con i piedi. Se lo scrittore non vede, non sente, non parla è uno scrittore che non produce visioni.
Al festival è in programma un dibattito sul tema del male: interessarsi del male, anche attraverso lo strumento di decifrazione della scrittura, può fare... bene?
Credo che scrivere del male, sul male sia un modo per fare intorno al male stesso una siepe. Scrivere del male è un modo per proteggere le persone che amiamo, e le persone che abbiamo amato. E’ anche un modo per capire cosa è questo nostro mondo. Se vogliamo è proprio dal Male che inizia il mondo come noi lo conosciamo. Prima del peccato originale, se stiamo al racconto della Scrittura, c’era un esistenza che non era la nostra, dopo l’entrata in scena del male è nato questo nostro mondo. Indagare il male, con lo strumento dello scrivere, è un modo per comprendere – mi si permetta l’azzardo linguistico – l’dna ontologico, l’essenza del mondo in cui noi ci troviamo.
L’anno prossimo ci sarà un anniversario importante, i 150 anni dell'Unità d’Italia: come leggi e come scrivi il futuro del tuo Paese?
Il futuro del nostro paese, dell’Italia, è incerto. E credo che il problema detto schiettamente non sia Silvio Berlusconi, ma affondi le sue radici in tempi ben più lontani. E’ il nostro un paese senza memoria storica, senza investimenti culturali, senza investimenti sociali e politici. Il problema, mi sembra che lo dica benissimo Vasta nel suo ultimo libro, non è Berlusconi, che è il frutto, per quanto acre, di questa situazione, ma siamo noi italiani e il nostro maldestro modo di essere. Io credo che quindi sia necessario lavorare sulla memoria, il mio prossimo romanzo, se e quando inizierò a scriverlo ha come tema la memoria e la sua irrimediabilità.
Qual è l’idea, o l’intenzione, da cui è nato il libro che hai presentato al Piccolo Festival?
Il mio nome è legione nasce per accumulo. Un giorno scrivo una poesiola, orrenda, in cui si parla della morte di bambino, che muore nel fiore degli anni. Per molto tempo questa immagine mi assorbe, finché ricordo un episodio che è capitato nel mio paese, di un ragazzino che a 11 anni si è suicidato. E partendo da quell’idea ho scritto questo libro, che non ha una struttura lineare, ma una sorta di vortice, è un gorgo in cui la storia del ragazzino, si mischia a quella del protagonista e alle sue vicende pubbliche e private.
Riscrivi tu la quarta di copertina del tuo libro, uscendo, se vuoi, dalla logica di un discorso promozionale
Debbo dire che la quarta di copertina del mio libro è già poco commerciale. Ma se dovessi ri-scriverla metterei così: Lettore, attento. In questo libro il Male assumerà una forma tale che alla fine ti scoprirai ad amarlo
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