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“L’illusione del volo” è il frutto di una gestazione lunga 2 anni. “È andata così”, spiega Carlo, “dopo la pubblicazione del box celebrativo nel 2006, abbiamo cominciato a scrivere il disco. Era pronto, tutti pezzi in inglese. Un po’ per proposta di Stefano, un po’ per l’interessamento de La Tempesta (che pubblica solo musica con testi italiani, ndr), nasce l’idea di scrivere i pezzi in italiano. L’ottanta per cento delle canzoni vengono riscritte da zero, e ora finalmente la critica parla anche dei testi”. Critica che, da più parti, elogia il ritorno dei Frigidaire con forte entusiasmo per un prodotto decisamente svincolato dalla semplice operazione-nostalgia.
I due fondatori della band sono infatti assolutamente concordi sulla genuinità di questo disco. Insistono parecchio su questo, sembra quasi una punta d’orgoglio in un mare di prodotti artistici preconfezionati: “questa musica è nata, concepita e suonata prima di tutto per noi stessi. ‘L’illusione del volo’ è stato fatto per il piacere di farlo: è la condizione ideale per fare arte, nessuna esigenza commerciale o economica al fondo. È autentico in tutto e per tutto”. Non è un caso, allora, se Stefano afferma senza pensarci due volte che il punto più alto della loro carriera è proprio adesso: “c’è maggiore consapevolezza, per l’età soprattutto. Cerchi di tirare fuori il meglio, sei autocritico ma anche più paziente. Il risultato è che questo disco, nonostante siano pezzi che ascoltiamo da due anni, è ancora nelle nostre macchine, negli stereo o negli iPod: ci piace veramente!” Carlo sembra ribadire il concetto: “Questo disco non ha avuto pretese, avevamo materiale e abbiamo sentito l’esigenza naturale di pubblicarlo. Non è studiato, è venuto come doveva venire, molto vario”. E i pezzi in inglese già pronti che fine hanno fatto? “Hanno certamente un futuro, stiamo pensando al supporto: potremmo venderli ai concerti, stamparli in vinile o metterli in download sul web. Non c’è alcuna fretta, comunque”.

la cover de "L'illusione del volo"
Un disco con luci così differenti, libero da qualsiasi evidente riferimento di genere, è tenuto insieme da un unico forte leit-motiv espresso con varie sfumature dalle parole delle canzoni: è il tema della libertà, raccontato a più livelli, dall'urlo politico-sociale di “Mescola le razze” alle confessioni intimiste di “Paura del tempo”, o della bellissima “Le cose capite”. Carlo ci racconta il motivo di questa scelta: “in realtà ce ne siamo accorti soltanto successivamente che tutti i testi esprimevano un concetto simile. Quello che sembra mancare oggi non è soltanto la libertà, ma la consapevolezza di che cosa significhi essere liberi. Molti non si rendono conto che la libertà deve essere prima di tutto attiva e non passiva. E forse è proprio per questo che i giovani subiscono, perché in un'indifferenza totale credono di sentirsi liberi”.
L'unico testo che ha una storia a sé è quello di “New wave anthem”, racconto onirico basato sui nomi delle band protagoniste della scena new-wave di quegli anni. “Le parole sono nate un po' per divertimento, ma con la musica di Stefano, venata di malinconia, e con l'arrangiamento creato per il disco, ne è nata una piccola gemma, qualcosa di magico, come raramente succede nella musica: in quel caso ti rendi conto di trasportare un messaggio che non sembra venire direttamente da te”.
Chiudiamo la chiacchierata con due parole sul futuro dei Frigidaire: una reunion tutt'altro che casuale, a quanto pare: “abbiamo tanta voglia e creatività”, spiega Carlo, “nel 2010 ci aspettano una quindicina di date in giro per l'Italia. Prima però ci sono alcuni appuntamenti importanti. Il 19/12, allo Shindy, terremo un concerto a numero chiuso. Stiamo pensando a una strategia simpatica per premiare i veri ascoltatori: i primi 50 che mandano una recensione del disco ai nostri canali web (myspace, facebook, ecc…) potranno entrare gratis! A breve, poi, gireremo anche un video, a Parma, della canzone “Soffia”: non sveliamo niente, sarà una gran sorpresa”.
Per chi non ne era ancora sicuro, i Frigidaire sono tornati in grande stile: il Tango è davvero ancora nel congelatore, e ci sono tutti presupposti perché ci rimanga per un altro po'.
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