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Una fabbrica dismessa, un cumulo di stampi in gesso abbandonati proprio nella culla dell’arte della ceramica veneta, l’assonanza tra “matrici”, nell’artigianato artistico e nella vita.
Sono questi i passaggi che hanno condotto l’artista marosticense Marco Chiurato a creare la sua “tere nove”.
"Nove" perché proprio dalla cittadina della pianura di Bassano e dalla sua tradizione ceramica che proprio in questi giorni è in festa, l’artista ha tratto ispirazione.
Un bancale sul quale sono caricate decine di stampi e un video che accompagna e rende esplicito il collegamento sviluppato da Chiurato: disfarsi del modello con cui si dà forma agli oggetti artistici è come disfarsi di una donna in quanto creatura che genera vita.
Il video ritrae una giovane che assume posizioni sempre diverse in un ritmo frenetico, come uno stampo che si plasma alle esigenze produttive dell’artista fino a seguire la sua inesorabile fine, l’immobilità, l’abbandono.
«Sono stato colpito dalla vista di un enorme cimitero di gessi inutilizzati che si trova poco prima di arrivare a Nove. Mi ha dato una sensazione di disastro, di crisi, la stessa che si respira nel mondo della ceramica, mondo che zoppica perché gli artigiani a mio parere non hanno saputo rinnovarsi».
Poi l’artista lancia una proposta provocatoria: «Perché non utilizzare questo incredibile patrimonio per dare vita a un monumento? Buttare via quella grande quantità di stampi sarebbe come buttare via una donna che ha partorito».
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