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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Incontri

Spettacolo anche in cielo, per la flaviada dedicata a Bowie

Primo appuntamento agostano, a Villa Angaran San Giuseppe, per la rassegna dedicata ai dischi degli anni Settanta

Pubblicato il 02-08-2024
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Atmosfere giustamente berlinesi, con tanto di cielo nero, tuoni cupi e lampi allucinati, come ha sottolineato il conduttore Alberto La Via, per la prima flaviada d’agosto, a Villa Angaran San Giuseppe, nella serata dedicata niente di meno che a Station to Station, album mitico e straniante di David Bowie.
Il quinto appuntamento di “Las Flaviadas. Stiamo solo ascoltando dei dischi” in versione estiva, rassegna giunta alla settima edizione, ha avuto come protagonista dell’ascolto narrato uno dei sette dischi nati negli anni Settanta scelti dagli organizzatori, un gruppo di appassionati che fa capo alla Villa, ovvero l’album uscito nel 1976, che quindi ha una lunga storia, decimo lavoro del Duca Bianco.
Un album breve ma carico di bellezza, è stato ricordato, sei brani nati negli States, prima dunque della Berlino che diede i natali alla celebre trilogia, ma che tanto già conteneva della fascinazione impressa dall’algida elettronica e dalla sperimentazione di stampo teutonico che generarono i tre album successivi. Un periodo di vita altrettanto intenso, insieme difficile e fecondo per Bowie, anni dai colori fluorescenti, attraversati non proprio lucidamente a suon di “latte, peperoni e cocaina”, come ha rammentato La Via. I compagni di vita per Bowie, libri e musica e persone, tra queste basti un nome, Iggy Pop, che non potevano che essere di ispirazione, gli uni e le altre con i loro assetti esploranti i limiti e oltre.

David Bowie, il suo Station to Station protagonista di Las Flaviadas


Come da formula, nelle serate le introduzioni informative e dense di elementi anche non prettamente musicali aggiunti (per inquadrare la temperie che girava attorno ai dischi) a cura dei diversi conduttori precedono e accompagnano l’ascolto integrale del disco, brano per brano — proprio Station to Station, in questo caso. Nessun andare per stazioni ferroviarie, se non mimate dallo sferragliare di treni artificialmente riprodotto nel primo lungo brano che dà il titolo all’album. In realtà vi è un richiamo alla Passione di Cristo nella concezione del progetto, che abita un impossibile fuoco in un’orbita collocata tra le mille luci di Los Angeles — negli anni Settanta in preda alla follia consumistica, raccontata tra sette, omicidi e occultismo, affamata di fame e di droga — e i cieli plumbei e decadenti, altrettanto maledetti, dell’amata Berlino.
Le immagini, se ci fossero state, avrebbero inquadrato Christiane F. nella discoteca dello Zoo.
Appena interpretato Thomas Jerome Newton, in L’uomo che cadde sulla Terra, un Bowie filiforme non voleva dormire, era consumato dalla volontà di creare. Da qui, abusi e dipendenze ma anche frutti dal sapore indefinibile, alieni come questo album, che affonda le radici nel soul, nel funky e nel rhythm and blues e fiorisce di sonorità che già guardano altrove, del tutto europee.
Sfilano nei brani a tappe musica e parole, Bowie alla voce e ai cori, alla chitarra, al sax e in alcune parti al sintetizzatore. I testi: profondi, enigmatici, misteriosi, pieni di echi letterari, di esoterismo, di parole alate (l’artista utilizzava la tecnica del cut-up, è stato ricordato). Tra tanto senso di solitudine e di dolore messo in canzone, brilla bellissima la stella pazza e danzante di Stay. Indimenticabile l’interpretazione di Wild is the Wind, un omaggio a Nina Simone.
Il prossimo appuntamento con Las Flaviadas è fissato per giovedì 22 agosto, con “Dixie chicken”, dei Little Feat, raccontato da Sara Bao.
Le serate, che hanno inizio alle ore 20.45, sono realizzate in collaborazione con Libreria Palazzo Roberti e Pick Up Records.
Per informazioni e dettagli sulla partecipazione: flaviadas@villangaransangiuseppe.it.

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