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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Fobie da favola, con Arianna Porcelli Safonov
Giovedì 14 marzo, l’Auditorium Vivaldi di Cassola ospiterà l'autrice e performer romana, in una Notte speciale
Pubblicato il 08-03-2024
Visto 4.648 volte
Nella serata di giovedì 14 marzo, l’Auditorium Vivaldi di San Giuseppe di Cassola ospiterà Fiabafobia, spettacolo di Arianna Porcelli Safonov.
Proveniente dal mondo dell’organizzazione di eventi, la performer romana nel 2008 ha iniziato a studiare teatro comico e aperto un blog di racconti umoristici: Madame Pipì. Divenuta attrice e autrice di libri editi da Fazi — Fottuta Campagna (2015) e Storie di Matti (2017) — da anni è attiva soprattutto sul web, dove spopola grazie al suo sguardo irriverente su mode, costumi e assurdità del mondo. I suoi post e testi ottengono con facilità vasto seguito e suscitano simpatie e un'ilarità spontanea. Da tempo, calca di frequente e con successo i palcoscenici italiani.
In tour con vari progetti, che prevedono performance tra le più disparate, dal teatro fino al trekking in campagna, Arianna Porcelli Safonov presenterà al pubblico il suo “monologo con colonna sonora” in questa che è un'edizione speciale de Le Notti del Bandito, rassegna itinerante organizzata da Gianfranco Gandolfi, qui in collaborazione con il Comune di Cassola. Lo spettacolo è dedicato al mondo delle paure da favola che ci abitano, e che volenti o nolenti ospitiamo.
Arianna Porcelli Safonov (fonte FB)
«Fiaba-fobia è una collana di racconti che indaga le fobie che accompagnano la nostra persona, a volte per tutta la vita, a volte più dei parenti. È stata scritta per ridere e per pensare» ha affermato sul suo sito, tra le note che accompagnano lo spettacolo.
L’appuntamento al Vivaldi è fissato per le ore 21.30. Le prevendite dei biglietti sono in corso su www.mailticket.it.
Parliamo dello spettacolo e dei temi che lo attraversano direttamente con la sua artefice e protagonista.
Fiabafobia sta girando l’Italia: c’è un’accoglienza diversa, tra nord e sud, tra metropoli e periferie, tra pubblico maschile o femminile, o siamo tutti davvero omologati, social-globalizzati senza più speranza?
Siamo tutti omologati, ma ci piace sentircelo dire e quindi c’è speranza! Fiabafobia è composta da una caterva di provocazioni ed è rassicurante vedere come il pubblico viene apposta per esser provocato che, se pensiamo all’etimo di questa parola, è un sintomo davvero rincuorante: pro-vocare, chiamare fuori. Abbiamo ancora bisogno dello schiaffo morale per svegliarci e ci piace esser svegliati. Questo è il resoconto di questo monologo, scritto ormai due anni fa, ma ancora potente e attuale.
Tra polemiche su fiabe sessiste e baci non consensuali, forse è meglio, per la nostra sanità mentale, dirottare il discorso: qual era/qual è la sua fiaba preferita?
Una fiaba forse proibita perché russa: Il principe Ivan e il lupo grigio, una bellissima storia di audacia e di convivenza impegnativa, viscerale ma sincera, tra un uomo e un lupo.
Lei ha definito lo spettacolo un concentrato di satira ed esercizi di feroce resistenza alla paura. Allo specchio: di cosa non ha mai avuto paura, Arianna?
Di sicuro di oppormi.
E viceversa, di cosa pensa che abbiamo più paura, noi Italiani?
Abbiamo paura dell’impegno, in qualunque circostanza.
Qualcuno ha scomodato i surrealisti e André Breton, per dare un’idea della genealogia di riferimento e della qualità del suo humor (nero), della sua comicità: chi sono i suoi modelli, più prosaicamente parlando?
Mi piace leggere Campanile, mi piacciono David Sedaris e Fran Leibowitz. Ricordo con grande amore Gaber e Luttazzi. Uno morto ma vivissimo, l’altro (Daniele) vivo ma che ha scelto di lasciar morire la satira.
Siamo figli di “un tempo in cui giornalismo e satira vengono gentilmente accompagnati al patibolo”, ha scritto in un post: tempi da serie horror, da fiaba di Basile. Dai palcoscenici, vede qualcosa che non somigli troppo a Lost all’orizzonte?
Sì, quando la platea viene illuminata sono stupita, rincuorata e incoraggiata dalla bella quantità compatta di persone che desiderano restare sveglie.
L’uso del turpiloquio: ne fa una sorta di bandiera o è un telo mare da allargare con simpatia?
È il martellino che il medico usa sul ginocchio per testare i riflessi dello spettatore.
Se ha avuto tempo di guardarsi intorno, un consiglio di bellezza per questa come per altre periferie italiane?
Proteggersi da chi arriva dalla città comperando case e chiese, con la presunzione di cambiare un territorio per renderlo cool, da seconda casa.
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