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Elvio Rotondo
Contributor
Bassanonet.it
Rapporti sempre più tesi tra Pakistan e Afghanistan
Nelle ultime settimane la tensione tra Pakistan e Afghanistan è aumentata notevolmente provocando la chiusura del confine
Pubblicato il 08-12-2025
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Le relazioni tra Islamabad e Kabul hanno toccato un nuovo minimo in seguito agli attacchi reciproci oltre confine, che hanno causato decine di morti e centinaia di feriti dall'inizio di ottobre.
Il ministro degli Interni pakistano ha attribuito a cittadini afghani la responsabilità di due attacchi suicidi mortali: uno contro un collegio per cadetti vicino al confine afghano e l'altro davanti a un tribunale nella capitale, Islamabad, che ha causato la morte di 12 persone.
Le esplosioni sono avvenute pochi giorni dopo la conclusione, senza accordo, dei colloqui di pace tra Pakistan e Afghanistan tenutesi a Istanbul.
Un soldato dell’esercito pakistano monta la guardia mentre alcuni afghani entrano in Pakistan attraverso il valico di frontiera di Chaman, in Pakistan. AP Photo
Gli ultimi scontri sono scoppiati il 6 dicembre scorso al confine tra Pakistan e forze talebane afghane, con entrambe le parti che si accusano a vicenda di aver violato un fragile cessate il fuoco. I residenti sarebbero fuggiti durante la notte dalla città di confine afghana di Spin Boldak.
I colloqui di due giorni a Istanbul del 6 e 7 novembre scorso, miravano ad allentare le tensioni al confine e a mantenere un fragile cessate il fuoco. Sono stati mediati da Turchia e Qatar, e hanno rappresentato il terzo round di negoziati di pace, considerati uno degli sforzi diplomatici più significativi tra i due vicini da quando i talebani hanno preso il potere in Afghanistan nel 2021. Nonostante un'intensa diplomazia riservata, le discussioni si sarebbero bloccate il 7 novembre senza progressi tangibili.
Dopo i colloqui, il Pakistan ha affermato che il cessate il fuoco rimarrà in vigore, ma non ha in programma ulteriori incontri.
Il Pakistan ha ripetutamente accusato i talebani afghani di ospitare il Tehreek-e-Taliban Pakistan (TTP), un gruppo militante responsabile di un'ondata di attacchi all'interno del Pakistan dal 2021. Kabul nega l'accusa, affermando di non consentire che il suo territorio venga utilizzato per attacchi contro altri paesi. Sebbene separato dai talebani al potere in Afghanistan, il TTP è strettamente alleato con questi ultimi e ha acquisito maggiore forza dopo la presa di potere di Kabul da parte dei talebani nel 2021. L’Afghanistan ha respinto le accuse secondo cui sarebbe responsabile delle azioni del TTP, affermando che la creazione del gruppo risale a molto prima della presa di potere del paese da parte dei talebani nel 2021.
In seguito alle crescenti tensioni tra i due Paesi, il confine è rimasto chiuso. Islamabad sta esercitando pressioni contro la leadership talebana anche mantenendo chiusi i valichi di frontiera con l’Afghanistan.
E’ notizia di pochi giorni fa, che dopo quasi 50 giorni di chiusura, il Pakistan avrebbe deciso di riaprire i valichi di frontiera di Torkham e Chaman con l'Afghanistan per consentire il passaggio dei carichi umanitari delle Nazioni Unite. L'apertura limitata delle frontiere avviene in un momento in cui in Afghanistan si registra una crescente carenza di scorte alimentari e medicinali, a seguito della prolungata sospensione del commercio transfrontaliero. Nella prima fase, attraverseranno il confine i container che trasportano generi alimentari per l'Afghanistan, nella seconda fase sarà consentito il trasporto di container contenenti medicinali e attrezzature mediche. Nella terza fase i container che trasportano altri beni essenziali.
Con l'intensificarsi degli scontri militari tra Pakistan e Afghanistan e la chiusura delle frontiere, le autorità pakistane hanno intensificato le espulsioni di massa di afghani, sostenendo di non poter più accogliere una comunità di rifugiati presente da decenni.
Da altrettanto tempo, numerosi afghani si spostano soprattutto nelle zone di confine dei due Paesi, che condividono stretti legami linguistici e culturali. Le espulsioni non sono una novità, ma lo è la natura indiscriminata dell’attuale campagna: il Pakistan ha promesso di rimandare indietro tutti gli afghani, indipendentemente dal loro status giuridico o dal livello di rischio che affronterebbero al rientro in Afghanistan.
Finora, solo quest'anno, circa un milione di afghani dei tre residenti in Pakistan sono stati deportati o costretti a tornare in Afghanistan, un Paese in cui molti non hanno mai vissuto e dove lavoro e alloggi a prezzi accessibili scarseggiano a causa di una crisi umanitaria in peggioramento. Molti hanno vissuto tutta la vita in Pakistan, che era servito da rifugio durante le guerre successive all'invasione sovietica del 1979.
Le migrazioni di massa di afghani in Pakistan iniziarono dopo l'invasione sovietica, quando Islamabad li accolse come "guerrieri santi" e "fratelli islamici". Ma tutto è cambiato nel corso dei decenni, dipingendoli sempre più come "criminali", "spacciatori di droga" e, più recentemente, "terroristi".
"Li accogliamo e li ospitiamo a braccia aperte da decenni", ha dichiarato in un'intervista quest'anno il generale Ahmed Sharif Chaudhry, portavoce delle forze armate pakistane. "Ma un gran numero di afghani è coinvolto in attività criminali".
I funzionari pakistani ora sostengono che tutti gli afghani nel paese rappresentino una minaccia per la sicurezza nazionale.
Dal punto di vista geopolitico, la Cina, che confina con entrambi i Paesi, teme che un deterioramento dei rapporti tra Pakistan e Afghanistan possa avere ripercussioni sul proprio territorio. Nonostante la repressione dell’estremismo religioso nello Xinjiang, collegato al corridoio economico CPEC (China–Pakistan Economic Corridor), un’escalation delle ostilità potrebbe incoraggiare gruppi militanti separatisti come il Movimento Islamico del Turkestan Orientale, attivo in Afghanistan, e l’Esercito di Liberazione del Belucistan, presente in Pakistan. Pechino ha esortato i due Paesi a mantenere calma e moderazione: i suoi sforzi per migliorare i rapporti tra Islamabad e Kabul mirano a tutelare la sicurezza nazionale, proteggere gli investimenti regionali e consolidare la propria influenza nell’Asia centrale e meridionale.
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