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Opera Estate Festival

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Opera Estate Festival

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Teatro

Viaggio a Dogville, tra uomini e cani

A chiudere la stagione del Politeama, Teatris ha portato il suo omaggio al geniale regista danese

Pubblicato il 18-05-2023
Visto 4.240 volte

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La rassegna teatrale “La bella stagione”, ospitata al Teatro Politeama di Marostica e promossa da ATS Teatro di Comunità (Associazione Teatris, Argot Produzioni, La Piccionaia Centro di Produzione) in collaborazione con la Città di Marostica, ha chiuso la sua stagione, al di là dei titoli sicuramente apprezzata e positiva, domenica 14 maggio con lo spettacolo Dogville, diretto da Maurizio Panici, messo in scena dalla Compagnia Teatris.
Un scelta ambiziosa, che afferma l’ammirazione del gruppo per l’opera del regista Lars Von Trier e per i suoi capolavori, alcuni dei quali sono stati oggetto di una breve rassegna di proiezioni con introduzione a cura dello stesso Panici con Francesco Bettin.
Il film che ha ispirato lo spettacolo è uno tra i più iconici del regista danese, uno degli autori cinematografici più innovativi e influenti del cinema contemporaneo, e racconta un misfatto che non avviene in Danimarca, come quello più celebre consegnato alla storia da Shakespeare, ma in una cittadina ai piedi delle Montagne Rocciose ferite da una miniera, Dogville appunto, dove l’arrivo di una “straniera” sconvolge gli equilibri falsi e malati di una comunità in tracciato piatto e porta a galla l’homo homini lupus incistato dagli albori della Storia nelle viscere dell’umanità.

da Dogville, al Politeama di Marostica

La drammaturgia ha proposto un interessante capovolgimento tra palco e platea (scena e attori erano sistemati dove di solito stanno gli spettatori), con tanto di velo nero a filtrare l’azione restituendole un’allure cinematografica — interpretabile anche come un’ulteriore quarta parete mimata. Scenografie buie, con rimandi ai tracciati da mappa catastale che caratterizzano il film e le abitazioni/cella degli abitanti di Dogville ben collocate come recinti ai lati, addossate alle pareti. Interessanti alcuni soluzioni tecniche curate da Davide Stocchero, come le musiche scelte, da ballata americana.
Sullo “schermo” nel corso dello spettacolo sono apparse alcune scene tratte direttamente dal film, passi o inquadrature interlocutorie ma anche quella celebre e forte dello stupro tra le mele, resa del tutto pittorica e recitata magnificamente dalla bellissima Nicole Kidman. La voce del narratore, protagonista come nell’opera cinematografica, ha guidato anche qui la narrazione e lo svolgersi delle vicende ideate da Von Trier.
A interpretare Grace Margaret Mulligan, la giovane donna in fuga da pericolosi gangster, si trova sul palco Valentyna Iaroshyk, che con il suo accento nativo ha dato un ulteriore tratto di estraneità alla ragazza fagocitata dalla città di lupi. Denis Dalla Palma ha vestito i panni impegnativi di un altro protagonista: Tom Edison Jr, lo scrittore. A dare vita agli altri personaggi-abitanti di Dogville e agli intrusi che la minacciano altri componenti della Compagnia teatrale di Marostica, una realtà molto attiva che nel suo motto richiama: solidarietà, amicizia, divertimento e beneficenza.
A spanne la stessa durata del film nella versione integrale, senza intervalli e naturalmente senza l’ausilio del jump-cut (una tecnica di montaggio discontinuo che fa sì che l’attenzione dello spettatore sia continuamente sollecitata), l’azione scorre con moto uniforme per due ore e mezza su binari della moviola e fedele all’originale. Al cinema, e in sovrappiù a teatro, note allo spettatore le trame, a incuriosire è il taglio originale, d’autore, la rilettura di un’opera-capolavoro; ad affascinare è la maestria nella recitazione. Il colore su cui è virato lo spettacolo è piuttosto quello dell’omaggio e della rappresentazione efficace di una comunità nella sua cosiddetta “normalità”, tutti membri di una cittadina di provincia che accoglie con falsa generosità, e poi con derive di malvagità, “il diverso” — la donna che alla fine si rivelerà più “lupa” di tutti. Il cane che latra una vana speranza di redenzione, Mosè, ha chiuso anche qui nel finale la storia drammatica e piena di crudeltà, sempre attuale, rievocata dal progetto di Panici.

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