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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Primo piano

Teatro

Diari e storie di ordinaria attualità

La seconda giornata di B.Motion Teatro, la sezione di Operaestate Festival dedicata ai linguaggi del contemporaneo, ha ospitato gli spettacoli di Sotterraneo e Les Moustaches

Pubblicato il 27-08-2021
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Brassaï. L’occhio di Parigi

La seconda giornata di B.Motion Teatro, la sezione di Operaestate Festival dedicata ai linguaggi del contemporaneo, ha presentato in successione gli spettacoli Diario linguistico della Pangea, della compagnia Sotterraneo, al Teatro Remondini, e poi in Sala Teatro Da Ponte La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza, lavoro selezionato da In-Box, la rete di teatri, festival e soggetti istituzionali che sceglie e promuove le esperienze più interessanti della scena emergente italiana, creazione de Les Moustaches.
Per Sotterraneo, Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati e Giulio Santolini, forniti di zaini e attrezzature da campeggio, hanno compiuto un viaggio attorno al mondo — alla Pangea per la precisione ma guardando lontano anche a Marte, che purtroppo si vorrebbe già “colonizzare” — seguendo gli echi di parole intraducibili, alla guida un dizionario-scrigno che ne racchiude moltissime mutuate da lingue diverse.
La ricerca e la progettazione dell’itinerario, svolti durante il lockdown dovuto alla pandemia, si è realizzata doverosamente da casa, quindi il viaggio è in verità uno di quelli autour de ma chambre che però ha fatto tesoro degli ausilii offerti dalla tecnologia, mezzi che hanno consentito di contattare “dal vivo” persone di tutti i Paesi per chiarire il significato di espressioni e parole sconosciute. I vocaboli ricercati hanno scandito a loro volta i quadri dello spettacolo, dando un movimento del tutto linguistico e letterario denso di momenti divertenti ma anche profondi e pieni di suggestione alla rappresentazione.

Sotterraneo, al Teatro Remondini per B.Motion

Sul palco, disseminati e a più riprese riordinati dai giovani viaggiatori virtuali tanti elementi scenici scelti a cura del Laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione: tra questi, un gigantesco planisfero, una stufetta con fuoco artificiale per fare falò, piantine verdi e uno schermo per guardare la Terra dallo spazio, un nodo di cavi, microfoni e casse musicali per un momento di concerto di quelli che parlano senza difficoltà un linguaggio universale, una pila di libri-torre di Babele intonsa (i libri mai letti) e quindi destinata a franare. Hanno fatto la loro comparsa anche una renna pupazzo e un topo meccanico, a rappresentanza del regno animale e protagonisti di gag divertenti ma con un sentore d'amaro sul fondo.
A sovrastare le stazioni degli accampamenti, uno schermo dove apparivano le parole intraducibili con le espressioni di versioni che cercavano di spiegarle, o i volti delle persone che da tutto il mondo tentavano di farle comprendere utilizzando la lingua veicolare (materiale raccolto per il racconto audiovisivo “Pangea Calling”).
Molti i vocaboli presentati bellissimi e pieni di fascino nel loro significato complesso, i più belli provenienti senza distinzione da luoghi con secoli di grande cultura e letteratura alle spalle come da piccole comunità dalla vita ancestrale collocate in posti sperduti. In un momento commovente, viene messo in scena lo stillicidio della scomparsa delle lingue più fragili, che non c’è più nessuno a parlare — perché la colonizzazione opera sempre anche attraverso il linguaggio.
Il tema trattato era molto complesso, nella sua articolazione che ha messo in risalto in sovrappiù le difficoltà di relazione e di contatto causate alla pandemia, con gli attori attrezzati con gel e mascherina e attenti al distanziamento, poteva assumere facilmente i connotati della retorica e della reprimenda, invece l’operazione vincente realizzata da Sotterraneo è stata quella dell’alleggerimento, della proposta con simpatia ma senza troppi sconti a divagare in questo viaggio che aveva una meta ben precisa: niente lost in translation.
Les Moustaches, in Sala Da Ponte, in un diario invece a presa diretta, ha raccontato La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza, storia e vita entrambe segnate dalla speranza di Ciccio di realizzare il suo sogno di ballare leggero col tutù che si infrange sugli scogli di una famiglia e un ambiente duri e ottusi, ma senza demordere.
In scena Francesco Giordano-Ciccio, Giacomo Bottoni-il padre e Antonio Orlando-il fratello, membri di una famiglia contadina dalle mille miserie in cui padre e fratello perpetuano un tran tran di quelli immobili e millenari mentre Ciccio, indosso la sua tutina e tutù rosa, in parte li segue obbediente per amore e in parte non intende resistere alla passione che lo anima per la danza e una vita diversa altrove. Ali di libertà e ali di farfalla: il desiderio del giovane è enorme, visto il contesto in cui si dovrebbe dispiegare. In realtà anche Dennis, il fratello, è attraversato da qualche momento di poesia, raccoglie in barattolo lucciolette di campo per la ragazza amata, una a cui non riesce a confessare il suo amore, e pure il padre non sembra di quelli incattiviti e del tutto intolleranti nei confronti del figliolo che di sicuro non gli somiglia, ma l’ottuso di cui entrambi sono l’emblema non permette di mettere a fuoco nulla che non sia tradizione e consuetudine, e l’irrigidimento anche violento è un’insidia a ogni angolo: nessun cedimento per questi uomini che non riescono neanche a piangere una madre morta — tanto che qualche sospetto sul come sia morta allo spettatore viene.
Polvere di farina diventa polvere di stelle, quando Ciccio balla sotto i riflettori sul palco: la purezza del suo sogno è sotto gli occhi di tutti, come l’impossibilità di una rinuncia di fronte al miraggio della bellezza, che letteralmente si incarna in Ciccio quando si spengono le luci e si accende la musica.
È musica anche il linguaggio che parlano in famiglia i tre (il testo e la regia sono di Alberto Fumagalli), una bella miscela di dialetti e di parole inventate, ma purtroppo due di loro di questa e di altre bellezze non si accorgono. Molto bravi gli interpreti.
Applausi generosi per entrambi gli spettacoli, dal pubblico di B.Motion.

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