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Quando una serie è più efficace della realtà
Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Primo piano
Modalità lettura 1 - n.18
Una recensione di Vite straordinarie , a cura di Ian Brunskill, un monumento all'arte dell'obituary
Pubblicato il 02-08-2020
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Vite straordinarie, a cura di Ian Brunskill, (Neri Pozza, 2007, 682 pagine, 20 euro) è uno di quei libri che hanno bisogno di un minimo di presentazione: si tratta di una raccolta di necrologi pubblicati dal Times, il titolo originale è The Times Great Lives, contiene testi che vanno dal 1920 al 2005 — il primo narra in pillole la vita di Nicolaj Lenin (pseudonimo del capo della Rivoluzione di Ottobre sovietica), l’ultimo ricorda la vita di Papa Giovanni Paolo II — e si tratta di testi scritti con maestria e un’arte fine, perché spesso devono ritrarre in poche frasi vite fuori dal comune, straordinarie appunto.
Brunskill ebbe al “Times” di Londra il singolare e delicato incarico di ricordare fotografandola a parole la vita di tanti grandi personaggi a partire dal 1991; in seguito decise di mettere insieme i contributi di tanti redattori del quotidiano che si erano succeduti nel tempo in questa mansione e di riunire in un unico corpo le biografie “definitive” di tanti soggetti umani di pubblica attenzione.
Collezionati nella pubblicazione, sistemati in ordine cronologico a ricordare i protagonisti o meno di un secolo anomalo come il Novecento, sarebbero quindi i “coccodrilli”, se non si trattasse di una manifestazione della cultura anglosassone a cui davvero poco somigliano quelli così detti in gergo giornalistico qui in Italia: gli obituaries sono invece vere e proprie sentenze iscritte nel registro della Storia, come precisa Stefano Malatesta nell’introduzione.

Dedicati a più di un centinaio di figure e personaggi significativi e influenti nel loro settore (scrittori, musicisti, atleti, politici, re e regine, artisti… ) questi articoli luttuosi che hanno sancito in qualche modo l’immortalità del soggetto ritratto raccontano vita e gesta di chi in vita non è più senza i toni melodrammatici che ci si aspetterebbe, che spesso soprattutto nei paesi latini alzano di qualche lunghezza il piedistallo che sorregge la statua del defunto: a parlare sono i fatti, opere e omissioni compiute in vita piuttosto straordinarie declinati in modo puntuale, insieme a “note degne di nota” che fanno la media tra ciò che dalla comunità è stato detto di lei o di lui e ciò che ha detto di sé il soggetto attraverso le sue azioni, un missaggio che assurge a lascito testamentario.
Nel 1965, ad esempio, troviamo gli obituaries di T. S. Eliot, “il più autorevole poeta inglese del suo tempo”; Sir Winston Churchill “il più grande inglese della sua epoca, un leader mondiale in pace e in guerra”, e Le Corbusier, “il più importante architetto del suo tempo”. Ma qualche pagina prima si era incontrata Marilyn Monroe, qualche pagina dopo compaiono Jurij Gagarin e Jimi Hendrix; Sartre è preceduto da Jesse Owens; Samuel Beckett anticipa Miles Davis; Sir Alec Guinness è seguito da Christian Barnard… c’è una sorta di democrazia che governa questi che dormono sulla collina del '900 eretta passo passo dal “Times” e da Ian Brunskill. Tra tante brevi biografie accatastate seguendo la datazione, ma di fatto in ordine sparso, impossibile non sostare per qualche minuto su quelle di Rudolf Nureiev, di Francis Bacon, di Adolph Hitler, di Maria Callas… alla fine ci si accorge che le si è lette tutte.
Scorrere le pagine di “Vite straordinarie” è un po’ come oltrepassare i cancelli di una sorta di cimitero monumentale, ma di quelli di Edimburgo: nulla di troppo macabro o triste, luoghi commoventi dove protagonista non è la morte, è la vita.
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