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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Il "Tich" nervoso

Cala la tela

Dopo l'intervista a Chiara Casarin, le mie considerazioni definitive sul caso della Pala di Sant'Anna

Pubblicato il 10-06-2020
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Cala la tela. Nel doppio significato del sipario e del dipinto. Della Pala di Sant'Anna di Jacopo Bassano, restituita alla Gallerie dell'Accademia di Venezia, molto probabilmente si parlerà ancora e di conseguenza ancora ne scriverò. A Bassano c'è una sottoscrizione in corso per l'appello da mandare al ministro Franceschini affinché l'opera ritorni al Museo Civico, la lettera di un avvocato che chiede al sindaco e a un consigliere di maggioranza di ritrattare le affermazioni rese in commissione Cultura a riguardo di Chiara Casarin, un vicinissimo colloquio (sempre che non vada deserto) per la selezione di quel nuovo direttore del Museo che dovrà, fra le tante altre cose, rapportarsi con le Gallerie veneziane per la valutazione e scelta dell'opera “sostitutiva” da appendere sulla parete svuotata della sala dapontiana del Museo Civico. Gli sviluppi di cronaca e di attualità, cioè, non mancheranno e quando sarà il momento sarà mio compito riferirne.
Ma saranno, per l'appunto, sviluppi di cronaca: vale a dire la prosecuzione consequenziale di un'operazione condotta in gran segreto e velocità dal Palazzo comunale, i cui contorni - per quanto ancora non totalmente definiti - sono ormai abbastanza ben delineati.
In altri termini: qualunque sia l'evoluzione futura del “ratto di Sant'Anna”, quello che è accaduto è accaduto ed è sufficiente ad emettere un giudizio analitico sulla dibattuta vicenda.

Jacopo da Ponte detto Jacopo Bassano: 'Pala di Sant'Anna', 1541 (particolare)

Quindi ritorno ad esprimere le mie considerazioni sul caso della Pala di Jacopo Bassano, ma dopo l'intervista di ieri a Chiara Casarin - che per me ha chiuso il cerchio delle voci direttamente coinvolte - sono le considerazioni definitive.
Il nodo centrale della questione, come ho sempre sostenuto, non è il diritto o meno delle Gallerie dell'Accademia di richiedere indietro un'opera formalmente di loro proprietà, ma la modalità da silent play - come ha scritto bene la collega Laura Vicenzi - con la quale il Comune di Bassano del Grappa ha gestito l'intera operazione senza che la città lo sapesse, fino al comunicato stampa diffuso in data 18 maggio dalle Gallerie veneziane sul rientro del dipinto, “sorpresa speciale” per la loro riapertura. Per “Comune di Bassano del Grappa” intendo sia la componente politica che la struttura tecnica. Tuttavia la struttura tecnica, o se preferite burocratica, non è tenuta a divulgare informazioni all'esterno, cosa che spetta esclusivamente alla parte politica. È la parte politica, cioè, ad aver messo la sordina sul capolavoro perduto.

Il sindaco e assessore alla Cultura Elena Pavan, nella ormai famosa commissione Cultura dello scorso 4 giugno, ha detto in sostanza di essere stata ignara dell'operazione fino al momento in cui, a gennaio, non ha ricevuto l'ormai altrettanto famosa “comunicazione sull'uscio”, a margine di un incontro, della direttrice artistica Chiara Casarin, che sulla restituzione del dipinto le avrebbe dato un'informazione “molto dimessa”, sulla quale “non sono stati forniti dei dettagli”, presentandola “come se fosse una cosa molto tecnica, molto ordinaria”. Se sia andata veramente così, non possiamo attestarlo.
Nell'intervista pubblicata ieri, alla mia specifica domanda su quell'episodio, Chiara Casarin ha fornito una risposta vaga. “Gliel'ho detto, ne avevamo parlato e la comunicazione è stata trasmessa”, ha dichiarato nella risposta, senza specificare date e circostanze.
Ma non è questo il punto. Ponendo anche il caso - per me assai improbabile - che un'operazione del genere sia stata compiuta a totale insaputa del primo cittadino, informato sull'uscio alla fine di gennaio, ciò non giustifica l'ignoranza (nel senso letterale di “non conoscenza”) dichiarata dal sindaco Pavan sull'atto di restituzione di uno dei pezzi più importanti delle collezioni museali cittadine.
Perché stiamo parlando di un sindaco che è anche assessore alla Cultura.
Il dottor Antonello Accadia, che ha firmato con la dottoressa Casarin il protocollo di restituzione della Pala alle Gallerie con richiesta del nuovo comodato di un'opera sostitutiva, non è solo il segretario generale del Comune di Bassano del Grappa.
È anche, tra le altre cose, il dirigente dell'Area 3 - Cultura e Museo del Comune medesimo. Ricopre cioè il ruolo di dirigente di settore che fino a Giuliana Ericani era appannaggio del direttore del Museo. Si tratta quindi del dirigente con cui l'assessore alla Cultura deve rapportarsi di continuo per lo svolgimento della propria attività.
Rispolvero l'articolo 107 del Testo Unico degli Enti Locali sulle funzioni e responsabilità dei dirigenti comunali. Ai dirigenti è attribuita “la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo”, ma i medesimi “si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo”.
Ecco: in tutta questa vicenda è clamorosamente mancato il controllo politico-amministrativo.

A questo punto non importa più sapere se sia nato prima l'uovo o la gallina, vale a dire se sia stata la struttura ad informare il sindaco a cose fatte, quand'anche sull'uscio di una sala per voce di un consulente esterno, o se tramite “il Protocollo dell'ente e le ulteriori comunicazioni formali scambiate tra le parti interessate” il sindaco sia venuto a conoscenza dell'operazione prima che la Casarin gliene parlasse.
Perché il fatto che un assessore alla Cultura dichiari di non aver saputo nulla della cessione di un Bassano prima dell'incontro sull'uscio è preoccupante a prescindere.
Come è pure quanto meno stravagante il fatto che questo stesso sindaco-assessore abbia dapprima interamente sposato la causa delle Gallerie dell'Accademia, con dichiarazioni entusiaste - affidate al comunicato stampa del 18 maggio delle Gallerie - sulla restituzione della Pala, sul suo annunciato e successivamente rinviato incontro col direttore delle Gallerie e sull'auspicio che “questa collaborazione con le Gallerie possa proseguire in futuro con altri progetti” (la qual cosa fa pensare a un piano premeditato di sviluppo dei rapporti con Venezia). Salvo poi rimangiarsi l'entusiasmo a seguito della veemente reazione della città sulla silente fuga del capolavoro. Così è, se vi pare: di più non scrivo.
È il momento di spegnere il frullatore giornalistico, perché questo è il succo che ne è venuto fuori. Cala la tela, dunque, sulle mie considerazioni a commento di questa vicenda.
La quale ha comunque prodotto una situazione che consiglia di far calare la tela anche sull'assessorato alla Cultura del Comune di Bassano del Grappa.

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