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Rinascimento in bianco e nero

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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Cronaca

La banca dà l'ok. Ma era una truffa

Rosà: frode al bilancio della Comunità Europea. Imprenditore del settore materiale plastico ottiene il finanziamento, in parte attinto da fondi europei e in parte erogato da un istituto di credito, per un macchinario mai acquistato

Pubblicato il 16-12-2013
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La notizia è questa: una società di Rosà, operante nel settore del materiale plastico, ha ottenuto un finanziamento di 490mila euro di cui circa 200mila a carico del bilancio dell'Unione Europea e la restante parte erogata da un istituto di credito. Scopo del finanziamento, l'acquisto di un macchinario “strumentale all'attività dell'impresa”. Ma quel macchinario, in realtà, non è mai stato acquistato.
Da qui le indagini della Guardia di Finanza di Bassano del Grappa, che hanno permesso di scoperchiare il giochino e di denunciare l'amministratore della società, residente a Schiavon, unitamente ad altre tre persone, per truffa aggravata ai danni del bilancio dell’Unione Europea e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. Nei confronti del legale rappresentante della ditta rosatese pendono inoltre le accuse di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione infedele e occultamento o distruzione di documenti contabili. Di tutto e di più.
Ma la cosa più incredibile è che l'operazione di acquisto poi risultata falsa è stata avallata dall'istituto di credito, “a cui competevano pertanto - sottolinea una nota stampa delle Fiamme Gialle - le verifiche sull'effettività dell'investimento”. Verifiche che a quanto pare hanno portato la banca ad approvare la finanziabilità dell'acquisto, coperto in parte con fondi dell'Unione Europea - veicolati tramite il medesimo istituto bancario - e in parte col finanziamento diretto della banca.

Scoperta dalle Fiamme Gialle un'altra maxi frode nel Bassanese

Si è trattato, in realtà, di un raggiro ben studiato da parte dell'amministratore della ditta in cui ci sono cascati per primi gli stessi funzionari dell'istituto di credito. Il furbetto di turno, con la complicità di altri soggetti, aveva infatti falsificato documenti e fatture d'acquisto ed esibito documentazioni comprovanti fittizi pagamenti per il presunto acquisto del macchinario.
I finanzieri, dopo complesse verifiche, hanno accertato che l'amministratore della società coinvolta aveva quindi condotto i funzionari della banca a visionare l'impianto “acquistato” presso un'azienda della provincia di Pordenone, presso la quale la società bassanese aveva artificiosamente avviato una unità locale proprio il giorno prima del sopralluogo degli incaricati bancari. Quello fatto visionare, però, era un altro macchinario, di proprietà dell'azienda pordenonese: un'autentica bufala fatta passare come l'oggetto dell'acquisto che effettivamente non era stato mai eseguito.
Ma i trucchetti del baldo imprenditore, secondo quanto emerso dagli accertamenti delle Fiamme Gialle - con perquisizioni domiciliari e locali nelle province di Vicenza, Padova, Verona, Brescia e Pordenone -, non sono finiti qui. La Guardia di Finanza di Bassano ha infatti parallelamente avviato una verifica fiscale nei confronti della società coinvolta nella truffa che ha permesso di individuare un giro di false fatturazioni e di contestare una base imponibile sottratta all'Erario per circa 1,6 milioni di euro ed Iva evasa per oltre 600mila euro. La società, infatti, aveva importato materiale plastico dalla Serbia, finanziandosi con i proventi della truffa ed evadendo l’IVA in importazione presentando in dogana false dichiarazioni d’intento: è cioè falsamente attestando la qualità di “esportatore abituale” che consentiva alla ditta di non assolvere l’IVA all’importazione.
La merce importata, quindi, veniva falsamente fatturata a società italiane già cessate o in fallimento, al fine di non permettere l’individuazione dei reali destinatari della merce, i quali l’avrebbero poi acquistata “in nero” dalla società indagata.
Sono stati infine quantificati e ripresi a tassazione i proventi di origine illecita, derivanti dal finanziamento indebitamente ottenuto e dal beneficio fiscale realizzato dai reali destinatari della merce, per un importo totale di quasi 800mila euro.

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