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Le fiere sono “congelate” ma l’oro bassanese continua ad andare in ogni angolo del mondo

Intervista a Filippo Alessi, Amministratore Delegato di Alessi Domenico Spa

Pubblicato il 07-11-2020
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Il settore orafo e argentiero italiano rappresenta uno dei pilastri del made in Italy e vale quasi 8 miliardi di euro (dati aggregati del 2019). Nei decenni passati ha contribuito in modo determinante a portare ricchezza e lavoro in special modo nel territorio vicentino e bassanese. Fino alla fine degli anni Ottanta Vicenza, con Arezzo e Valenza Po, trasformava il 60 per cento dell’oro importato in Europa e il 25 per cento della produzione mondiale. E’ passata un’epoca ma l’industria orafa vicentina occupa ancora il terzo posto in ordine di importanza a livello nazionale. Novembre per gli orafi era da sempre il mese del “bilancio” dopo le due settimane di Fiera a Vicenza, un appuntamento che faceva arrivare da ogni angolo del pianeta migliaia di compratori. Oggi le fiere sono congelate e i grandi “player” dell’oro devono reinventare le proprie strategie commerciali. Filippo Alessi (classe 1983), amministratore delegato della Alessi Domenico Spa, guida con la sorella Alice e il fratello Tobia la quarta generazione del colosso orafo bassanese, una realtà che nata nel 1946 come piccola bottega artigianale è diventata uno dei big della gioielleria italiana.

La quarta generazione degli Alessi si trova a gestire una delle più complicate turbolenze degli ultimi decenni.

Filippo Alessi, AD di Alessi Domenico Spa, azienda bassanese leader nella produzione di catene in oro e argento

Non siamo la prima generazione che si trova a gestire una fase di grande incertezza economica. L’azienda Alessi Domenico nasce nell’immediato dopoguerra, tutte le generazioni hanno vissuto periodi difficili: lunghe recessioni, crisi geopolitiche, momenti di difficoltà finanziaria. Certo, quella che stiamo vivendo ci obbliga ad avere una elasticità psicologica ed organizzativa notevole.

Che impostazione vi siete dati per stare al passo con il turbinio di cambiamenti che la pandemia impone anche alla produzione industriale?
Massima apertura al cambiamento, se ieri mattina avevamo un determinato comportamento, domani se necessario ne avremo un altro. Pensiamo alle mascherine: ad inizio anno quando vedevamo i cinesi che le indossavano, nemmeno ci sognavamo che sarebbero diventate anche per noi l’accessorio indispensabile della nostra giornata. Se chiedevi qualche mese fa ad un imprenditore veneto: quali sono gli orari dei tuoi dipendenti? Dalle 8 alle 12, dalle 14 alle 18, rispondevano tutti. Tante figure aziendali non si presentano più in ufficio da mesi, lavorano in smart working, fanno tutto quello che facevano prima, forse di più, ma non li vedi fisicamente in azienda.

Anche l’adeguamento continuo alle normative sanitarie in azienda richiede molta flessibilità organizzativa.
La gestione del rischio sanitario è una nuova funzione aziendale. Riguarda le multinazionali, le grandi aziende ma anche le piccole realtà artigianali. Noi lavoriamo con l’oro: la gestione del rischio è il nostro pane quotidiano, accettiamo rischi tutti i giorni. Giorno dopo giorno cerchiamo di aggiornare i nostri comportamenti, con la consapevolezza che la salute dei dipendenti è al primo posto.

Cosa è presumibile ipotizzare nel mercato della gioielleria nei prossimi mesi?
Le opportunità ci sono e ci saranno, l’oro è il bene rifugio per eccellenza. La gioielleria diventerà sempre di più un bene di investimento e di diversificazione del proprio patrimonio. Negli Stati Uniti lo è già da tanto tempo. Quando compriamo un gioiello in modo consapevole investiamo. Non è così per esempio con l’auto, quando compriamo la macchina sappiamo già che dopo sei mesi abbiamo perso una percentuale significativa del suo valore. Chi investe nell’oro, investe nel tempo, nel futuro. Lo facevano i nostri avi quando compravano piccoli oggetti in oro da lasciare i figli. Per questo il mercato dei gioielli potrà cambiare, subire crisi momentanee, ma rimarrà un mercato forte. Mi hanno insegnato che l’oro non dorme mai.

Che tipo di feedback avete dai vostri clienti in giro per il mondo?
Gli Stati Uniti, uno dei nostri mercati principali, tirano ancora forte. È un mercato “reattivo”, si blocca e riparte velocemente. Alcune aree sono in lockdown, altre praticamente non lo hanno mai fatto. Abbiamo diverse categorie di clienti: dal piccolo al grande grossista, dalle catene di negozi alle boutique, fino ovviamente all’e-commerce che è uno dei segmenti che sta performando meglio. I consumatori americani sono molto evoluti nel commercio digitale, è usuale per loro comprare online gioielli costosi. Dubai, Hong Kong, Shangai, l’Europa e il Sud America sono invece molto rallentate. La Russia merita un discorso a parte: ci sono grandi difficoltà legate ai dazi, acquistano prodotti italiani attraverso distributori, di solito uzbeki, che possono commerciare in esenzione di dazi, ma non è sempre conveniente soprattutto per il costo della logistica.

Finita la fase dell’emergenza, senza inoltrarsi in previsioni temporali, ci sarà un grande rimbalzo?
I mercati si risolleveranno con difficoltà, probabilmente il lusso ripartirà più velocemente. Le fasce di reddito medio-alte, finita la crisi, torneranno a spendere, è una previsione supportata dalle esperienze precedenti. Anche se va detto che il mercato dell’oro è influenzato da tante variabili: dalla politica, dall’economia, dal cambio euro-dollaro.

La pandemia obbliga a tutti i livelli grandi cambiamenti, tecnologici, relazionali, di riorganizzazione del lavoro. Che idee avete messo in campo?
Il mondo “gira” ad una velocità pazzesca: se non c’è predisposizione mentale al cambiamento non c’è tecnologia che tenga. A tutti i livelli, dal management alla produzione, ho visto una grande disponibilità a mettersi in gioco. Nell’ultimo anno abbiamo investito moltissimo nelle infrastrutture del gruppo, abbiamo ampliato le connessioni veloci e soprattutto ridisegnato completamente la nostra presenza digitale con un potenziamento di tutte le funzionalità operative del sito.

Anche perché una pandemia mette ko le organizzazioni complesse che arrancano sulla digitalizzazione.
Abbiamo attivato specifiche aree riservate online per i nostri stakeholder, siamo in grado di lavorare in tempo reale con tutti i nostri interlocutori commerciali. Penso per esempio alle banche: in tempo reale possono scaricarsi le relazioni settimanali, i valori del magazzino, le assicurazioni sui crediti, i verbali del Cda e i documenti contabili. Se abbiamo necessità di chiudere un’operazione finanziaria, e serve liquidità a stretto giro, hanno in tempo reale tutto ciò che serve per valutarci. Si tenga presente che mediamente un nostro ciclo produttivo dura circa 20 giorni. Stiamo progettando un’area riservata anche per il comparto assicurazioni: inseriamo le richieste e valutiamo le varie proposte commerciali in ordine di vantaggiosità. Stessa cosa faremo per gli altri fornitori, in modo da migliorare tutto il ciclo degli acquisti e razionalizzare l’efficienza della società.

La prossima sfida aziendale?
La sostenibilità: stiamo cercando di eliminare gli acidi, riconfigurando il processo produttivo attraverso l’utilizzo di materiali chimici ecosostenibili.

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