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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Con Cabaret sulla giostra del tempo
Primo appuntamento con il musical da tutto esaurito, al Comunale di Vicenza, per Cabaret, con Arturo Brachetti
Pubblicato il 10-12-2024
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Sabato 7 e domenica 8 dicembre, il Teatro Comunale di Vicenza ha ospitato Cabaret - Il musical, interprete e motore di scena Arturo Brachetti.
L’artista torinese, celebre genio e mito internazionale del trasformismo, ha firmato anche la regia dello spettacolo insieme a Luciano Cannito. La realizzazione è ispirata a una ri-creazione d’autore del musical, ovvero la versione da santuario decadente, da danza sul ciglio dell'abisso di John Van Druten, ospitata attualmente dai palcoscenici di Broadway.
La produzione firmata Fabrizio Di Fiore Entertainment ha debuttato nella scorsa stagione ed è approdata al Comunale in doppia data come primo appuntamento del ciclo speciale dedicato al genere della commedia musicale.
Arturo Brachetti in Cabaret - Il musical
In scena, quello che è diventato un classico, uno spettacolo iconico reso celebre dall’omonimo film di Bob Fosse con Liza Minnelli, vincitore di otto Premi Oscar, ispirato al romanzo autobiografico Goodbye to Berlin, dello scrittore inglese Cristopher Isherwood. Anche come musical, in particolare sui palcoscenici newyorkesi e londinesi, Cabaret ha vinto nel suo mezzo secolo di vita numerosissimi premi. La trama è nota, come ha ricordato anche un elegantissimo Brachetti in apertura è basata su personaggi ed accadimenti veri, avvenuti nella Berlino capitale della Repubblica di Weimar intorno agli anni Venti-Trenta del Novecento, ovvero un secolo fa.
Gli interpreti prima di inizio spettacolo hanno girato tra il pubblico e conversato con leggerezza e grazia con alcune persone, come si faceva al tempo nei locali prima degli spettacoli di varietà. Chiamati in scena da EMCEE, il maestro di cerimonie Brachetti (sempre bellissimo), all’apertura del sipario è apparsa un’orgia mimata: ballerine e ballerini en déshabillé, solo una collina semovente di pizzi e rasi colorati, a illustrare la temperie decadente ma anche votata a piacere, vizi ed eccesso, da carpe diem e notti infinite, dell’atmosfera berlinese di allora — la festa dionisiaca prima della tragedia.
La canzone che dà il titolo al musical ha dato il via a uno svolgimento della storia fatto scorrere come una messa in scena dall’andamento cinematografico: esteticamente accattivante, colorato, lussurioso e provocante (i costumi erano a cura di Maria Filippi), il tutto musicalmente fedele al suo tempo — questa la parte destinata più a datare lo spettacolo.
Presente a sovrastare la scena un’orchestrina di quattro elementi, l’iconica colonna sonora del musical suonata e cantata bene dal vivo (la direzione musicale è stata firmata da Giovanni Maria Lori), gli interpreti hanno dato vita alle vicende ruotanti attorno al Kit Kat Club, fulcro di una giostra da Luna Park un po’ Joyland un po' The Rocky Horror Picture Show, inquietante metafora dell’incombente Terzo Reich.
Le atmosfere rappresentate hanno rievocato accanto alla frenetica e disinibita vita notturna in vero Wunderbar, mimata da siparietti da operetta alternati a pose e danze sguaiate, il buio esistenziale e reale che avanzava inesorabile. Alcuni picchi: quando uscirà sul palco un Brachetti-Hitler bambino che si trasformerà in un diavolo; quando comparirà imperiosa una grande svastica e la scena molto evil del finale, quando la bocca infernale di un forno crematorio inghiottirà il nudo Brachetti. Accanto, più umane, la storia d’amore dei giovani protagonisti (la bella Sally e lo scrittore Clifford, interpretati da Laura Galigani e Luca Pozzar) e della coppia più in là con gli anni, molto tenera, formata dalla tenutaria della pensione in cui abitano le “ballerine”, Fräulein Schneider (Simonetta Cartia) e un gentile bottegaio ebreo (Tony Mazzara).
Le scene, firmate da Rinaldo Rinaldi, hanno fatto da sfondo a numeri musicali conosciutissimi: oltre a “Cabaret”, “Willkommen” e il doratissimo momento dedicato a “Money Money”.
Circa due ore e mezza la durata del musical, che ha visto in alcuni momenti la comparsa a sorpresa di magnifici numeri dell’arte in cui Brachetti è maestro, anche qui, come in altri quadri, proposti in alternanza su sfondo raffinato ed elegante e su sfondo un po’ grottesco e “sessual-esplicito”.
Tutto duplice in Cabaret, come è giusto che sia una rappresentazione artistica che guarda a ciò che l’umanità sa far andare ben al di là del bene e del male: in scena dunque bellezza e orrore, colori sgargianti e tenebre, spensieratezza e inquietudine, il riso e il pianto. Commedia e tragedia non possono non miscelarsi: nei linguaggi dell’arte che vogliono mettere in scena temi come quelli trattati, una componente di leggerezza diventa doverosa. Per il pubblico, oltre all’occasione di gustare una riedizione all’italiana di un classico diventato immortale, quella per riflettere e guardare in faccia alcune ombre che si affacciano cupe nell’attualità. Applausi calorosi, al Comunale.
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