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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Interviste

Sulle ali della musica, con Alberto Fortis

Tutto esaurito, all’Auditorium Vivaldi di Cassola, per la Notte in concerto di Fortis. La nostra intervista

Pubblicato il 19-11-2024
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Tutto esaurito sabato sera, 16 novembre, all’Auditorium “A. Vivaldi” di Cassola, per il concerto di Alberto Fortis.
Un altro evento importante, da inserire nel portfolio de Le Notti de Il Bandito, rassegna firmata da Gianfranco Gandolfi che offre al territorio appuntamenti culturali e artistici interessanti, e di qualità.

Alberto Fortis all'Auditorium Vivaldi (foto Laura Vicenzi)

In apertura si è esibito il trio parmigiano “Il peggio è passato”, costituito da Michele Zilioli, Francesca Pesci e Simone Vaccari, per “Rock Targato Italia/Dinvinazione” miglior band emergente nel 2022.
Il gruppo ha presentato un assaggio del suo repertorio, tra le canzoni Gente stupida, Fallo, bello il video alle spalle realizzato da Lorenzo Guarenghi per Corse ad ostacoli, una cifra stilistica nella musica e nella matrice dei testi ben riconoscibile, di stampo pop elettro-acustico. A cavallo tra le due esibizioni, Fortis poi ribadirà rincarando la dose, due parole dal tema in comune rivolte all’attualità: è chiaro, che “il peggio non è passato”.
Non sarà un caso, ma l’ingresso del cantautore protagonista della serata ha chiamato alla mente i classici show americani: applausi altissimi, inchini e simpatici ammiccamenti da parte dell’ospite d’onore, un abito da scena dorato e coloratissimo, un pianoforte a coda in nero come compagno. Tanta parte di vita newyorkese non si dimentica.
A scandire il metronomo del concerto, molti brani noti, grandi successi di questo artista dalla lunga carriera. Sullo schermo, a girare tra i video anche personali e di famiglia, la copertina dell’album 4Fortys, uscito nel 2018 a festeggiare il quarantennale della carriera musicale.
Tra i titoli, ri-arrangiate, sono comparsi classici come la caustica Milano e Vincenzo, una cullante La neña del Salvador accompagnata dall’armonica; la poesia de Il Duomo di notte, Fragole infinite, omaggio alla celebre canzone di John Lennon; poi Marylin, Settembre, un’ovazione nel finale, dopo La sedia di lillà. Nel mezzo, canzoni che hanno scandito i decenni della sua carriera e alcune cover d’autore, dal repertorio dei Beatles, di Bob Dylan e degli U2, ma anche di Nat King Cole.
Prima del concerto, abbiamo avuto modo di fare qualche domanda ad Alberto Fortis. Ecco la nostra intervista.

Per quali vie o voli transoceanici, si arriva da Milano e Vincenzo o da Il Duomo di notte a una canzone “scema”, del tutto priva di nebbie, come Mambo, tango e cha cha cha?
Si tratta di una canzone divertente che ha un testo in realtà molto graffiante, cosa che accadeva in Milano e Vincenzo e accade ora anche in Maharaja. Se si ascolta con attenzione la parte in rap si può coglierne la chiave interpretativa. La bellezza dell’arte è quella poter offrire cose che hanno un risvolto polemico in modo leggero e piacevole, e aggiungo, da ex batterista, l’incedere ritmico della musica latina mi ha sempre affascinato.

Tanti nomi importanti nella sua storia artistica: le collaborazioni che ricorda con più piacere, perché foriere di crescite formative anche personali?
Molti sono musicisti dell’area di Los Angeles che hanno lavorato anche con Stevie Wonder a Aretha Franklin; poi band come gli America; Abraham Laboriel, il cui figlio è il batterista di Paul McCartney; inoltre George Martin, produttore dei Beatles; devo ricordare ovviamente Carlo Salomar, produttore di David Bowie, con il quale ho lavorato a New York, dove abbiamo avuto tra gli altri ospite per quattro giorni Julian Lennon. Una grande scuola, aiuta a collocare il lavoro artistico come priorità, a essere sempre in contatto con qualcuno che ne sa più di te. Bisogna continuare a esplorare, se stessi e il mondo dell’arte.

Tra demonio e santità, il titolo di un album giovanile, è stato proposto di recente in concerto con l’assetto di una piccola opera rock. C’è sempre, il sogno di realizzare un musical?
Assolutamente, è un sogno nel cassetto. Abbiamo fatto un concerto a Sanremo con l’orchestra sinfonica e tra le varie componenti erano presenti 61 persone sul palco: è stato un evento unico, importante. Il musical, o operetta rock, comunque la si voglia definire, nasce come storyboard di un film. Per essere fatta bene servono investimenti molto alti, quindi vedremo, resta tra i sogni da realizzare.

Nei video degli ultimi lavori ci sono spesso associate delle presenze giovanili. Come vede l’andamento del rapporto tra i nativi digitali e la musica?
Si tratta di una materia complessa. L’uso del digitale e la liquidità della musica sono attualmente sottoposti a una forma di libero arbitrio. Chiaro che l’attenzione va posta sulla velocità di processi e cambiamenti, che può essere anche fine a se stessa, e sui rischi della robotizzazione. Ne ha parlato anche il Presidente Mattarella nell’incontro con i giovani di recente. Mentre è giusto premiare l’aspetto meraviglioso che emerge dell’esplorazione di nuove frontiere, anche riguardo all’intelligenza artificiale. Tutto dipende dall’uso che se ne fa, da come consideriamo anche la componente del rispetto di determinati mezzi nell’uso collettivo: è lì che la storia decreta la differenza tra periodi di oscurantismo e di illuminismo.

I temi sociali che attraversano gli ultimi lavori: c’è una funzione accessoria nella musica, nell’arte?
Esiste certamente una funzione parallela, se intendiamo la forza terapeutica della musica e dell’arte, lo sappiamo anche dalla medicina. Ho avuto occasione negli ultimi anni di ricevere lettere toccanti, di persone che si sono risvegliate dal coma ascoltando La sedia di lillà. Sono testimonial di organizzazioni onlus come City Angels, la Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica, l’Aism (Associazione Italiana contro la Sclerosi Multipla). Mi rammarico quando vedo che questo valore intrinseco dell’arte in genere, ma soprattutto riguardo alla musica, viene assolutamente escluso e l’arte venga volgarizzata e messa alla merce di trend che, come fine, hanno unicamente la speculazione economica e addirittura, come capita, vadano a istigare la violenza di gruppo sessuale, lo trovo ignobile. Spero che questa tendenza finisca presto.

Sanremo rappresenta un obiettivo da realizzare?
Senz’altro, ma è difficilissimo per certi meccanismi intrinseci: o si è già ai vertici della classifica oppure devono accadere altre circostanze legate ad altro. Per quanto mi riguarda con tutto il lavoro svolto, al di là delle classifiche, tra concerti e bellissimi articoli, anche recentemente ho ricevuto un importante riconoscimento e sono stato invitato sul Red Carpet della Biennale a Venezia, ci sono poi tante partecipazioni televisive, tutto concorre a scrivere la storia di un artista, ma non basta mai. La velocità con cui tutto si consuma è tanta, e poi non è sempre la meritocrazia che governa.

Lei è molto attivo in rete. Qual è oggi il suo angolo segreto, il suo "giardino delle fragole"?
Rimane la mia capsula spaziale, il mio laboratorio di Milano dove ho il pianoforte, insieme a un angolo della casa dove mi dedico molto anche ai post quotidiani: il mondo attuale è questo, è fatto anche dai social, è bene ed è sacrosanto comunicare anche seguendo queste linee. La scommessa è quella di fare qualcosa di qualità anche nello spazio in rete, è una sfida affascinante.

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