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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Magazine

Modalità lettura 3 - n.19

Un numero in modalità ascolto del nuovo disco degli Estra

Pubblicato il 02-06-2024
Visto 4.767 volte

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Questo nuovo numero di Modalità lettura, nuovamente in formula di ascolto, è dedicato a un disco appena uscito, anni venti, nuovo lavoro degli Estra.
Il gruppo, formato come agli esordi negli anni Novanta, da Giulio Casale, Abe Salvadori, Eddy Bassan e Nicola Ghedin, ha firmato in questa occasione (se si potesse usare un’immagine, e lo facciamo) raffiche di testi e musica che chiamano al muro, a leggere insieme un’attualità sottolineata con una sorta di evidenziatore nero, mimato un gesto da taglio di quelli che invitano a essere ricordati.

Estra (foto di Gianluca Giangi Conselvan)

Undici brani inediti, il primo un inserto parlato d’autore in cui Marco Paolini dà voce a una certa Signora Jones (c’è un loro Ep intitolato Signor Jones, del 2000), personaggio che ricomparirà a chiudere il cerchio in modo inquietante nell’ultima canzone, cantata con Pierpaolo Capovilla. Un album registrato in studio con la collaborazione di Giovanni Ferrario e Marco Olivotto e finanziato grazie al crowdfunding sulla piattaforma Produzioni Dal Basso, a testimonianza di quanto questa band che ha contribuito a scrivere la storia del rock alternativo italiano sia amata e apprezzata anche a distanza di anni dall’ultimo contatto col pubblico.
Risale al 2003 l’ultimo doppio album registrato dal vivo, che portava il titolo A conficcarsi in carne d’amore, c’è stata poi una nuova occasione di creare e di esibirsi insieme nel 2014, sfociata nella produzione di due singoli e in alcuni concerti. Da allora mai silenzio, una sorta di “ora blu” e alcune apparizioni in formazione e adesso questo disco energico e forte, che le dirà pure in poesia ma certo non le manda a dire, esplicito e urgente.

La copertina del lavoro, firmato moonmusic/Freecom, presenta una ragazzina inquadrata di spalle di fronte a un muro-lavagna senza mattoni, tutto è in grigio sotto a un cielo rosso, lei ha un aspetto curato, attuale, i piedi nell’erba e un martellino colorato in mano.
La Signora Jones accoglie nella prima traccia, il suo breve soliloquio è introdotto da un’aria di marcia funebre, un brano della prima sinfonia di Gustav Mahler eseguito dall’Orchestra Regionale Filarmonica Veneta. La donna, con cadenza dialettale, chiede agli ascoltatori di una radio: Sono solo io? (a preoccuparsi, a indignarsi di fronte al male dilagante, cita barboni bruciati, ragazze violentate dal branco, tutto per ridere). Le risponderà un brusio alieno.
Fa seguito una dirompente Fluida Lol sottotitolata “i ragazzi”, canzone che va in immersione nel disordine cattivo in cui i giovani vivono, abitato da fiori malsani che nulla hanno a che fare con quelli che i poeti intendevano dire, mazzetti insteriliti e isterici che non sanno “che cazzo sia l’amore”.
Il brano che dà il titolo all’album apre con un piano giocoso a cui si unisce presto un’accoppiata chitarra/batteria che porta nelle atmosfere esplosive di Kamikaze politico, pezzo vigoroso del 2014. “Il nero (che) sta con tutto” è il suo protagonista. Gli anni venti, questi e quegli altri che il Novecento ha vissuto e che fanno sentire una forte eco, hanno voglia di un capopopolo e di “Dio e Patria distorti dal megafono”. Poi, annunciato, arrivò il grande crack, all’urlo di “Eia eia eia, alalà”.
In Che ne è degli umani ci sono un “Gianni (che) sul divano si ciuppava le serie” e un’Irina Prijović che manca, tutti egofissi e frustrati intorno.
Nessuno come noi è abitata da un coro di poveri cristi che aspetta aggrappato a una panchina un signor nessuno che venga a cambiare/a salvare. La canzone scorre come un sorriso sereno ma nato sotto alla pioggia. Casale le dà un tono dolceamaro.
Ti ascolto parte con una sorta di sonar da scandaglio, si avverte tra testa e spalle la pressione che schiaccia forte. Prosegue con un racconto epico fatto di immagini e parole molto belle, teatrali, che evocano “battaglie e rese” del tutto umane.
Lascio Roma, un manifesto politico appeso, si apre con note già arrabbiate e s’invola presto in un ritmo punk esortante a pogare, sullo sfondo “sobborghi squadristi e minchioni”, “mafia e fasci e corporazioni”, “albe dorate e rasoi”, dietro e intorno, cinghiali e lupe. Ed è chiaro: tutto ciò “non è il mio stile”. Guardare fisso bubboni e peste, “vaaffar-ci delle inquisizioni” e poi via altrove, urlano gli Estra.
Nel 2026, che sembra un anno lontano lontano, alla Simak — chissà perché poi — ritornano uniformi e un’Italia che è “bugia e moda”, con la sua “cultura da stira e ammira il vuoto che c’è qua”.
Ne Il peggiore, Casale canta lento che “il dolore peggiore è non sentire dolore”. È un racconto molto bello, struggente, che ha al centro un personaggio bravo, coraggioso e buono ondeggiante tra gli opposti, un blues faustiano nell’animo.
Monumenti immaginari raffigura luoghi-tempio attraversati da viavai caraibici, vi si respira “un’altra idea di libertà”. Sono eretti a celebrare “un tempo santo dell’ingenuità”. Il testo è molto profondo, la musica lo attraversa con onde leggere, a contraltare. L’album si chiude con Notte poi, dove è “un bambino che dice oh no!” il simbolo del resistere, esplosa come una mongolfiera la povera bulimica Signora Jones, vittima della comune dieta a pane, proteine e benzodiazepine — è stata trovata riversa a terra nel sabato sera triste di un centro commerciale. Bellissima la musica che chiude da sola con l’ultima pennellata piena di energia, and “have a good night”.

Gli Estra hanno presentato il nuovo lavoro appena sfornato in un doppio concerto da tutto esaurito sabato 18 maggio, al Cso Django di Treviso, e sono già state annunciate nuove date per ascoltare la band e il disco dal vivo: il gruppo si esibirà il 21 giugno a Vascon (Treviso) all’interno della Festa d’Estate; il 28 luglio a Curtarolo (Padova), serata nel programma di Curtarock festival; il 19 ottobre a Rosà, al Teatro Montegrappa, un appuntamento firmato Uglydogs Aps.

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