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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Incontri

Modalità lettura 3 - n.12

Numero dedicato all'Aperilibro con Matteo Strukul e al suo libro su Palladio, con a margine la nostra intervista

Pubblicato il 07-04-2024
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Brassaï. L’occhio di Parigi

La nostra rubrica Modalità lettura in questo numero assume la forma dell’incontro con un libro, con il suo autore e con un personaggio storico di caratura monumentale — è il caso di dirlo: Andrea della Gondola, mondialmente noto come Andrea Palladio.

Venerdì 5 aprile, la rassegna Aperilibro della libreria La Bassanese ha avuto come ospite lo scrittore e sceneggiatore padovano Matteo Strukul per la presentazione del suo ultimo romanzo: L’oscura morte di Andrea Palladio (Rizzoli Editore 2024, 208 pagine, euro 9,90).

Marco Bernardi con Silvia Gorgi e Matteo Strukul

Presentato e intervistato da Marco Bernardi, Strukul ha illustrato fatti e antefatti che hanno portato alla realizzazione del libro, pubblicato di recente nella collana Novelle Nere — dichiarata prima di tutto la gratitudine per il suggerimento sul tema arrivato dalla moglie Silvia Gorgi, anch’essa scrittrice e anima di Sugarpulp (www.sugarpulp.it).
Il romanzo, oltre ad aver ottenuto una buona accoglienza a livello nazionale, attualmente è in vetta alle classifiche regionali, ha informato Bernardi. Strukul si è dichiarato felice di questo riscontro, rientrava tra i suoi desideri che il libro fosse letto e amato nei luoghi dove Palladio è di casa. Affacciato poco dopo ai panorami di casa nostra: «Qui a Bassano avete un ponte che oltre che degli Alpini è di Palladio, varrebbe la pena ricordarlo più spesso».
Guardando poi al futuro, ha dato qualche ragguaglio sulla prossima opera che sarà presto disponibile sugli scaffali delle librerie, prima dell’estate, la sua una fabbrica sempre in fermento. «Che mi si dica che un mio libro si fa leggere in due ore per me è un grande complimento», ha affermato, a confermare che alla portata dei grandi temi di carattere storico e artistico che tratta solitamente nei suoi libri si affianca, a proposito di stile e di officina di scrittura, il piacere per l’intrattenimento del lettore, coniugato con il desiderio di suscitare una sana curiosità.
Muovendosi a cavallo tra ricerca storica e invenzione letteraria, come fa di consueto, dopo quelli con figure illustri come Giacomo Casanova, Michelangelo Buonarroti, Dante Alighieri, i Medici, Canaletto, nel mezzo Carlo Goldoni, Strukul in quest’ultimo lavoro offre l’incontro con un personaggio del passato italiano anche qui geniale eppure inquadrato dal suo lato più umano, legato al lavoro (al capolavoro, per meglio dire) ma anche agli affetti e illuminato dai chiaroscuri della Storia.
Coprotagonisti del romanzo sono l’epoca in cui visse Palladio e i luoghi del territorio veneto dove operò, tra Padova (dove, ricordiamolo, è nato), l’anfibia Venezia e soprattutto Vicenza, con le luci del Rinascimento italiano rese cupe dal dilagare di faide tra famiglie, da epidemie di peste, dai misfatti dell’Inquisizione.

Raccontare il passato italiano, il patrimonio storico che è ci capitato in eredità, e farlo in forma romanzata, è un modo per riappropriarci delle nostre radici ma anche di aggiungere al menù qualcosa: quali ingredienti le piace aggiungere, o valorizzare?
Mi piace molto valorizzare l’aspetto dell’avventura, sono un appassionato di romanzi classici di questo genere (nel 2018 Strukul ha vinto il premio Salgari con il suo romanzo su Casanova). Curo molto gli aspetti legati alla vita dei personaggi nella dinamica della narrazione. Qui ho approfondito particolari che riguardano la famiglia di Palladio, il carattere dei suoi affetti. Di lui ho tratteggiato una personalità complessa, geniale e nello stesso tempo con delle fragilità dal punto di vista imprenditoriale: era la moglie, Allegradonna, a dover riscuotere i crediti del grande architetto.

Il mistero, l’intrigo e il delitto sono sempre stati centri d’attenzione per la sua scrittura, fin dai tempi dell’esordio di Sugarpulp (dal manifesto del 2009: “le storie Sugarpulp sono girandole impazzite, sono pastiche di piombo e noir”). La letteratura nei suoi risvolti pulp è utile per capire certo malessere del presente?
Il romanzo inizia con un omicidio efferato commesso dal figlio maggiore di Palladio, Leonida, uno scavezzacollo piuttosto viziato. La Vicenza dell’epoca era infestata da lotte tra famiglie e fazioni in cui spesso erano coinvolti dei giovani, una realtà non così lontana da quella attuale, con le città infestate dalle baby gang. Le pratiche piene di crudeltà dell’Inquisizione parlano di violenza sulle donne, la storia di Bianca Nievo a cui faccio cenno ne è un esempio. La strage dei Valmarana è ricordata da una colonna infame, in Corso Palladio. La costante di negatività che cambia poco col passare del tempo è imputabile alla natura umana, che si manifesta con pulsioni, frustrazioni e desideri che da sempre si somigliano.

Il libro, che sposa una delle tesi sulla morte misteriosa di Palladio, avrebbe i giusti caratteri per una fiction televisiva. Appositamente?
No, non appositamente, anche se è capitato che diversi miei libri siano stati opzionati per il cinema, il suo canone è quello del romanzo. Mi piace però che si possa pensare a una trasposizione o a una commistione di linguaggi, è capitato anche con il fumetto.

Sta per prendere il via Chronicae, festival internazionale del romanzo storico giunto alla decima edizione, di cui lei è direttore artistico (si svolge a Piove di Sacco dall’11 al 14 aprile). Tra gli incontri, ce ne sono dedicati oltre che a Palladio a Leon Battista Alberti e poi a Tintoretto. Il binomio arte-storia è meno spendibile dal punto di vista narrativo nell’attualità?
Credo che senz’altro ci siano artisti in grado di leggere con efficacia e una certa dose di preveggenza il loro presente, anche in tempi vicini: un nome per tutti è Francis Bacon, la cui opera affonda comunque le radici nella conoscenza della classicità e dei Maestri del passato. Un altro nome più legato alla contemporaneità che apprezzo molto è Anselm Kiefer (tedesco, vive in Francia, uno dei maggiori artisti del nostro tempo, nel 2022 le sue opere sono state in mostra a Palazzo Ducale, a Venezia, all’interno della 59a Biennale n.d.r.). La sua ricerca visiva attinge dalla letteratura, dalla filosofia, dalla storia, e genera una riflessione sempre tesa alla dimensione esistenziale.

Cosa ama leggere nel tempo libero, se gliene rimane, Matteo Strukul?
Ho sempre letto tantissimo e amo i grandi autori del passato, da Goethe a Dumas, da Heinrich von Kleist a Victor Hugo, sono un appassionato dell’Ottocento; se dovessi fare tre nomi italiani che rientrano nel genere che pratico, quello del romanzo storico, arrivando più vicino a noi penso a Umberto Eco, a Sebastiano Vassalli e a Melania Mazzucco, ai loro libri. Ho letto e rileggo anche molte opere teatrali, faccio tesoro del patrimonio che ci donano i grandi capolavori, viatico per la scrittura e per la stesura dei dialoghi.

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