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Paolo Massimiliano Paterna
Giornalista
Bassanonet.it
Deus est machina
“Non ha senso bruciare foreste per alimentare l’intelligenza artificiale che traccia la deforestazione”
Pubblicato il 15-06-2024
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Creare problemi ed offrirsi di risolverli è la saggezza basilare di ciò che in fondo non serve.
Tra i velati corto circuiti del ripasso quotidiano, oltre la necessità di “rinverdolire” rapidamente immobili minacciati da ordigni di Damocle, o la palese evidenza che l’invio diretto di truppe possa evitare un conflitto qualsiasi; esiste “l’affamarsi per nutrire il salvatore”.
Tra i suoi comandamenti più in voga: rinunciare ai lunghi spostamenti, vilipendere i cibi tradizionali e produrre pattume comprando cose che si rompono facilmente, perché il pianeta in cui viviamo non è più in grado di sopportare il respiro pesante della nostra specie.

Un volto umano luminoso generato con la grafica computerizzata futuristica dell'IA
Ma quanto costa alla Terra un “salvatore” non richiesto e confezionato dall’industria?
A questo proposito una ricercatrice di una delle startup dell'intelligenza artificiale più quotate (www.wired.it/article/intelligenza-artificiale-hugging-face-finanziamenti-piattaforma-ai-open-source/) ha di recente affermato: “Non ha senso bruciare foreste per alimentare l’intelligenza artificiale che traccia la deforestazione”. Il commento è stato riportato in un articolo del Guardian dell’anno passato, dal titolo “TechScape: Si scopre che l'AI ha un altro problema: il suo impatto ambientale” (www.theguardian.com/technology/2023/aug/01/techscape-environment-cost-ai-artificial-intelligence)
Ogni interazione online si basa su una architettura di informazioni archiviate in server remoti.
Le AI, accatastate nei data center di tutto il mondo, sono spesso addestrate e distribuite su grandi cluster di server con più unità di elaborazione grafica (GPU).
Server così assetati di energia che possono consumare alcuni kilowatt ciascuno, l'equivalente del consumo medio di energia di un'intera casa.
L'addestramento e l'inferenza (processo mediante il quale un modello di intelligenza artificiale prende decisioni basate su nuovi dati) comportano un enorme impiego di energia.
Per l’International Energy Agency (IEA), a fine 2023, i data center di tutto il mondo rappresentavano dall'1 all'1,5% del consumo globale di elettricità (www.iea.org/energy-system/buildings/data-centres-and-data-transmission-networks#overview). Ma l’IEA - che ci ricorda che la produzione di energia elettrica è attualmente la più grande fonte di emissioni di anidride carbonica al mondo - già prevede che: “Il consumo di elettricità dei data center, dell'intelligenza artificiale e del settore delle criptovalute potrebbe raddoppiare entro il 2026. Dopo aver consumato globalmente circa 460 terawattora (TWh) nel 2022, il consumo totale di elettricità dei data center potrebbe raggiungere più di 1 000 TWh nel 2026. Domanda che equivale all'incirca al consumo di elettricità del Giappone.” (www.iea.org/reports/electricity-2024).
Nel 2019 la creazione di un modello di intelligenza artificiale generativa con 110 milioni di parametri ha speso l'energia di un volo transcontinentale di andata e ritorno per una persona.
In una intervista di maggio 2023 pubblicata su The Conversation, Academic rigour, journalistic flair, (theconversation.com/is-generative-ai-bad-for-the-environment-a-computer-scientist-explains-the-carbon-footprint-of-chatgpt-and-its-cousins-204096) un AI researcher racconta:
“Le cose sono cambiate il 30 novembre 2022, col rilascio di ChatGPT, che secondo gli ultimi dati disponibili ha avuto oltre 1,5 miliardi di visite nel marzo 2023.
La sua incorporazione nel celebre motore di ricerca lo ha reso disponibile a tutti il 4 maggio 2023. Se i chatbot diventeranno popolari come i motori di ricerca, i costi energetici per l'implementazione delle AI potrebbero davvero lievitare”.
“Un altro problema è che i modelli di AI devono essere continuamente aggiornati. Ad esempio, ChatGPT è stato addestrato solo sui dati fino al 2021 (l’articolo è di maggio 2023 ndr), quindi non sa nulla di ciò che è accaduto da allora. L'impronta di carbonio per la creazione di ChatGPT non è di dominio pubblico, ma è probabilmente molto più alta di quella di GPT-3 (con 175 miliardi di parametri, ha consumato 1.287 megawattora di elettricità e ha generato 552 tonnellate di anidride carbonica, l'equivalente di 123 veicoli passeggeri a benzina guidati per un anno. E questo solo per preparare il modello al lancio, e prima che i consumatori iniziassero a utilizzarlo).”
Oltre l’inquinamento atmosferico e le emissioni di carbonio, tra i costi ambientali v’è quello dell’acqua dolce, per il raffreddamento dei server in loco e per la generazione di elettricità fuori sede.
Al fine di dissipare nell'ambiente esterno l’estremo calore prodotto dai server AI ed evitarne così il surriscaldamento, i data center ricorrono comunemente a torri di raffreddamento e (o) aria esterna, che necessitano di una quantità considerevole di acqua dolce, fresca e pulita.
Anche la generazione di elettricità utilizza molta acqua, attraverso il raffreddamento delle centrali termiche e nucleari e l'evaporazione accelerata dell'acqua attuata dalle centrali idroelettriche.
Inoltre, per la produzione di un microchip occorrono circa 2.200 galloni di acqua ultrapura (UPW). A parte ciò, l'addestramento di un modello linguistico di grandi dimensioni può impiegare milioni di litri di acqua dolce e l'esecuzione dell'inferenza per 10-50 query ne spreca 500 millilitri, a seconda di quando e dove il modello sia ospitato.
Per Shaolei Ren, professore associato di ingegneria elettrica e informatica, Università della California, Riverside, (oecd.ai/en/wonk/how-much-water-does-ai-consume)
“La generazione di energia elettrica è tra i principali settori di prelievo idrico in molti Paesi.
La domanda globale di AI potrebbe richiedere addirittura 4,2-6,6 miliardi di metri cubi di prelievo d'acqua nel 2027, una cifra superiore al prelievo totale annuo di 4-6 volte la Danimarca o della metà del Regno Unito.
Se gli Stati Uniti ospitano la metà dei carichi di lavoro globali dell'AI, il suo funzionamento potrebbe assorbire circa lo 0,5-0,7% del suo prelievo idrico annuale totale.
Contemporaneamente, il consumo idrico totale dell’AI globale potrebbe superare gli 0,38 - 0,60 miliardi di metri cubi, pari all'incirca al prelievo annuale di acqua di mezza Danimarca o di 2,5 – 3,5 volte la Liberia. (arxiv.org/abs/2304.03271).
“Se l'uso globale dell'elettricità può sembrare un po' astratto, l'uso dell'acqua da parte dei data center è un problema più locale e tangibile, soprattutto nelle aree colpite dalla siccità. Per raffreddare i delicati dispositivi elettronici negli interni puliti dei data center, l'acqua deve essere priva di batteri e di impurità che potrebbero rovinare il lavoro. In altre parole, i data center spesso competono per la stessa acqua che la gente beve, con cui cucina e si lava”
Già oggi si assiste ad accese tensioni sull'utilizzo dell'acqua tra i data center di intelligenza artificiale e le comunità locali. (www.oregonlive.com/silicon-forest/2022/12/googles-water-use-is-soaring-in-the-dalles-records-show-with-two-more-data-centers-to-come.html).
Un articolo pubblicato da the Yale School of the Environment, scuola professionale dell'Università di Yale (e360.yale.edu/features/artificial-intelligence-climate-energy-emissions) riporta:
“L'uso dell’AI è direttamente responsabile delle emissioni di carbonio prodotte dall'elettricità non rinnovabile e del consumo di milioni di galloni di acqua dolce […] Mentre le aziende tecnologiche cercano di incorporare l'AI in qualsiasi cosa, dalla scrittura dei curricula, alla medicina dei trapianti di rene, dalla scelta del cibo per cani, alla modellazione del clima.”
Nel febbraio di quest’anno Forbes pubblica un testo dal titolo “L'intelligenza artificiale sta accelerando la perdita della nostra risorsa naturale più scarsa: L'acqua” (www.forbes.com/sites/cindygordon/2024/02/25/ai-is-accelerating-the-loss-of-our-scarcest-natural-resource-water/) : “circa 1,1 miliardi di persone in tutto il mondo non ha accesso all'acqua e un totale di 2,7 miliardi di persone non ne ha accesso per almeno un mese all'anno. […] Secondo il Rapporto ambientale delle Nazioni Unite, […] entro il 2030 […] quasi la metà della popolazione mondiale dovrà affrontare un grave stress idrico. […] Allo stesso tempo, si sta correndo per far avanzare l'AI in ogni aspetto del nostro mondo. Con l'ascesa dell'AI generativa, le aziende hanno aumentato in modo significativo l'utilizzo dell'acqua dolce […] e i giganti tecnologici hanno aumentato in modo significativo il loro fabbisogno di acqua per il raffreddamento dei data center a causa della crescente domanda di servizi online e di prodotti di intelligenza artificiale generativa. […] i data center utilizzano torri di raffreddamento e meccanismi ad aria per dissipare il calore, facendo evaporare fino a 9 litri di acqua per ogni kWh di energia utilizzata. Gli Stati Uniti si affidano a centrali termoelettriche ad alta intensità idrica per la produzione di elettricità, aumentando indirettamente l'impronta idrica dei data center, con una media di 43,8 litri/kWh prelevati per la generazione di energia.
Secondo le proiezioni, l'utilizzo di acqua da parte dell'AI potrebbe raggiungere i 6,6 miliardi di m³ entro il 2027.”
La maggior parte delle aziende tecnologiche che gestiscono i data center non rivela la percentuale di utilizzo dell' AI e del suo impatto ambientale.
E sfiora il dubbio che parte dei sacrifici richiesti alla popolazione occidentale non riguardino il solo beneficio del pianeta.
Poco conosciuto è anche l’utilizzo della intelligenza artificiale in tecniche di manipolazione climatica. (fastcompanyme.com/news/uae-to-use-machine-learning-for-advanced-cloud-seeding-initiative/) (www.uaerep.ae/en/media-press/742/20).
Il cloud seeding esiste in varie forme da diversi decenni.
L'aggiunta di determinate sostanze o prodotti chimici, come lo ioduro d'argento, alle nuvole esistenti può indurre pioggia o neve. I sottoprodotti di queste alterazioni climatiche precipitano poi su esseri umani, animali, raccolti e sull'acqua potabile. Alcuni temono che le particelle accumulate possano persistere, rivelandosi poi cancerogene o dannose per l'ambiente locale (www.forbes.com/sites/arielcohen/2021/07/28/dubai-is-using-laser-drones-to-shock ).
Non possono non tornare alla mente le recenti immagini di una Dubai allagata.
Similmente, altre associazioni ricordano del - fino a poco tempo fa - consideratissimo “effetto farfalla” della teoria del caos: a variazioni infinitesime delle condizioni iniziali corrispondono variazioni significative del comportamento futuro. "Può il batter d'ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?" fu il titolo di una conferenza tenuta da Edward Lorenz nel 1972.
Come dire: può l’indurre artificialmente la pioggia a Nassau provocare…
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