Connessioni contemporanee
Un dialogo col presente
4-11-18 Settembre 2025
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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Pubblicato il 08-01-2015
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Vi racconto una storiella leggera leggera. Così, tanto per gradire.
Questa sera ho voluto dare un piccolo contributo all'economia del centro storico di Bassano e sono andato a comprare un paio di guanti. Niente di che, per carità, ma basta il pensiero. Sono entrato allora all'Upim di piazzotto Montevecchio, dove sinceramente non mettevo piede da tempo immemore.
Tra le scorte rimaste in reparto dopo le feste e l'inizio dei saldi, ho trovato i miei guantini al primo piano e sono sceso al piano terra per pagare all'unica cassa del magazzino.
Foto Alessandro Tich
Prima di me alla cassa c'era un altro cliente. Mi sono quindi messo di fianco a lui, presso il bancone, in attesa del mio turno. Quando l'altro acquirente se ne è andato, la cassiera non si è spostata di un centimetro, consentendo a una signora nel frattempo sopraggiunta di “sorpassarmi” nella fila parallela.
Sono cose che succedono, e lì per lì ho lasciato andare. Mi sono però messo subito dietro - e non più di fianco - alla signora che stava pagando, per non perdere il turno successivo. Si è però messa di mezzo una seconda signora, arrivata alla cassa sempre dopo di me, che sosteneva che toccava a lei.
Una fila all'italiana degna di “oggi le comiche”. Allora ho protestato con la ragazza alla cassa, che non aveva rispettato il mio turno. “Non mi ero accorta di lei”, ha replicato l'addetta agli scontrini mentre, contemporaneamente, dovevo anche discutere con la simpatica donna che affermava di dover pagare prima di me. Al che l'altrettanto simpatica cassiera se ne è uscita con la seguente frase: “Basta che qualcuno paghi, perché devo chiudere.” “E allora pago io - le ho risposto -. Così lei chiude subito, e siamo contenti tutti e due.” Particolare non secondario: erano le 19.10 e il negozio chiude alle 19.30. Mancavano ancora 20 minuti alla saracinesca da abbassare: un'eternità. Pago e mi prendo il mio paio di guanti, senza nessuna borsa o shopper che li contenga. “Sacchetti, niente?” chiedo. Risposta secca: “I sacchetti sono a pagamento.”
Sono quindi uscito (finalmente) in piazzotto, convinto del fatto, dopo tanto inutile bailamme, che se non mettevo piede all'Upim da tanto tempo una ragione ci sarà pur stata. Fine della storiella leggera leggera che vi ho raccontato così, tanto per gradire.
Niente di che, per l'appunto. Ma pensate un po' che idea mi sarei fatto se io fossi stato il classico turista che magari arriva a Bassano per la prima volta e che tutti invocano per il rilancio del centro: il salotto buono, il cuore della città dal valore aggiunto che vuole contrapporsi ai centri commerciali adducendo la “qualità” della sua offerta, che passa anche - e i punti vendita delle catene di magazzini non fanno eccezione - per la professionalità e la gentilezza degli addetti ai lavori. Altro che marketing territoriale: il “buon ricordo” di una sedicente città turistica - che Bassano del Grappa aspira a diventare, ma che ancora non è - parte dall'abc.