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Luigi MarcadellaLuigi Marcadella
Giornalista
Bassanonet.it

Attualità

L'Ingegnere a Palazzo

Carlo de Benedetti presenta il nuovo libro “Radicalità. Il cambiamento che serve all'Italia”

Pubblicato il 07-04-2023
Visto 9.364 volte

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Fuori da Palazzo Roberti le due pattuglie di Carabinieri e Polizia ricordano plasticamente, se ce ne fosse bisogno, l'importanza dell'ospite.
Carlo de Benedetti arriva a Bassano per presentare il suo ultimo libro senza nessuna carica istituzionale, ma chi conosce l’abc del potere nazionale sa che si tratta comunque di uno degli uomini più potenti d'Italia.
Finanziere, industriale, editore, uomo di strategie lungo le linee che mettono assieme establishment, finanza, editoria, politica e capitalismo. Inutile raccontarne il lungo curriculum, per quello c'è ormai l’insostituibile wikipedia.

Carlo de Benedetti, imprenditore, dirigente d'azienda, editore e giornalista italiano naturalizzato svizzero.

Sala piena, già una buona mezz’ora prima dell'evento. Giornalisticamente, in queste occasioni è interessante notare anche la tassonomia dei presenti all’incontro e soprattutto osservare la “geografia” dei posti riservati in prima fila.
Alberto Faustini, direttore del quotidiano Alto Adige, una lunga esperienza ai vertici di molte testate del gruppo Espresso, accompagna Carlo de Benedetti a braccetto fino al tavolo della presentazione.
È suo il compito di presentare l’ultima fatica dell'Ingegnere: “Radicalità. Il cambiamento che serve all'Italia”, editore Solferino.
CdB è arrivato in macchina direttamente dalle Langhe, in formissima, abbronzato, sorridente, in completo senza cravatta.
A quasi 89 anni è la prova vivente che per incarnare il potere, e per gestirlo a lungo tempo, ci vuole anche un fisico bestiale.

L'immaginario del potere italiano associato ai titoli.
L’introduzione del moderatore parte con una brevissima cronistoria dei “titoli” che hanno segnato la storia giornalistica delle personalità più conosciute degli ultimi decenni. L’Avvocato era per antonomasia il presidente della Fiat Gianni Agnelli, il Contadino era invece l’appellativo di Raul Gardini, l'uomo che disse la "chimica sono io" e poi l'Ingegnere, ovvero l'ospite di questo freddo mercoledì bassanese pre pasquale, il potentissimo Carlo de Benedetti. Ce ne sarebbero altri da ricordare, sicuramente il Cavaliere Silvio Berlusconi, rivale acerrimo di Carlo de Benedetti nella più celebre disfida economica e politica nell'Italia repubblicana degli ultimi 40 anni.

“Radicalità. Il cambiamento che serve all'Italia”.
È una veloce autobiografia industriale, politica e sociale di uno degli uomini che hanno avuto più potere ed influenza nell'Italia del dopoguerra, sintetizza Alberto Faustini per dare poi subito il via ad una serie di domande rivolte all’attualità del Paese. Servirebbe o serve un cambiamento all'Italia? Il tempo verbale dà la linea perentoria del ragionamento di CdB: «Serve ora, perché già non ne abbiamo più di tempo».

Veneto.
Osserva l’Ingegnere: «Vivete in una zona d'Italia particolare, sicuramente anomala rispetto a gran parte del Paese. Non c'è solo il benessere e l’operosità. Entrando in Veneto si percepisce immediatamente qualcosa di diverso, si respira un fortissimo civismo, lo si può toccare con mano. Si vede chiaramente nella cura delle costruzioni, nell'attenzione alle piccole cose. Vivere in una quotidianità così civica e prospera è una fortuna. È un aspetto fondamentale per spiegare il successo di questa Regione».

Il governo.
Durissimo è il giudizio sul governo in carica, ma non è una novità. «Sono un vecchio signore, vado per gli 89 anni, ne ho viste tante nella mia vita. Ma quella dell’altro giorno è stata davvero una manifestazione da baraccone». Quale? Chiede il moderatore. «Il nostro Primo ministro seduto dentro ad un F35, con i bambini a gridare: Meloni, Meloni, Meloni... Mi è venuto in mente quando ero un figlio della Lupa (il grado anagrafico che precedeva i Balilla e poi l'Avanguardia). Queste manifestazioni populiste e fasulle a cosa servono?».

Gli inizi, l'azienda di famiglia, l'America.
Il papà, ingegnere anche lui, era proprietario di una fabbrica di tubi metallici flessibili. «Vengo a sapere che in America hanno cominciato ad usare il teflon per produrre dei tubi speciali. È una novità che rischiava di spazzarci via. Decido di partire per l'America per capire come reagire a questa novità, avevo 24 anni. All’epoca non c'erano i telefoni, a New York nelle cabine telefoniche strappavo le pagine dell'elenco per rintracciare gli indirizzi e i numeri di tutte le fabbriche che producevano tubi. Finalmente trovo la fabbrica che cercavo, a Roseland nel New Jersey. Mi presento e sfacciatamente chiedo del presidente, incredibilmente riesco a parlarci. E' un italo-americano, si chiama Joe Gentile. Gli spiego perché sono andato in America e perché proprio da lui. Tornai a casa con un contratto per fabbricare tubi in plastica in partnership proprio con Gentile. L'azienda esiste ancora, si chiama Resistoflex GmbH. La paura crea grande volontà. La fortuna bisogna saperla cogliere». (Henry Kissinger: un altro americano che per CdB è ancora oggi a 100 anni una persona di riferimento).

Olivetti e i computer.
«Nel 1978 entro in Olivetti. In California avevamo un centro di ricerca con 300 ingegneri, quasi tutti italiani, c'era qualche cinese. Vado lì per capire cosa facevano, era un'eccellenza che il mondo ci invidiava ma allo stesso tempo era un importante centro di costo. Con un mio consulente passiamo una giornata intera a farci spiegare cosa progettavano quei giovani ingegneri. Prima di ritornare in albergo, il mio braccio destro quasi mi obbliga: Ingegnere, deve assolutamente venire a conoscere anche questi due ragazzi. Mi porta in un garage poco distante e mi presenta Steve Jobs e Steve Wozniak. Jobs mi dice: stiamo mettendo in piedi un round di finanziamenti da 100 milioni. Se vuole gliene lascio 20 da mettere. All'epoca non potevo impegnare la Olivetti per una cifra del genere. Non se ne fece niente».

I Jobs.
«Il 7 aprile ho una zoom con il figlio di Steve Jobs, Reed. Gli voglio proporre di fare il consigliere indipendente in una mia società americana».

Il lavoro che cambia.
«Il vecchio concetto del capannone, della fabbrica, del lavoro da fare solo in ufficio è sorpassato. Un tempo solo uno come Adriano Olivetti si chiedeva: ma stanno davvero bene i nostri dipendenti? Oggi tutte le migliori aziende si chiedono come costruire ambienti di lavoro belli, come conciliare lavoro e vita privata, come organizzare il lavoro, come rendere felici i dipendenti. Gli ambienti di lavoro devono essere belli, luminosi prima di tutto. La sede di Apple a Cupertino è meravigliosa, una "ciambella" di vetro, luminosa, senza muri. In un luogo di lavoro bello, i lavoratori lavorano meglio».

Disuguaglianze e ambiente.
«Due problemi enormi, due bombe ad orologeria sotto le fondamenta della nostra società. La disuguaglianza c'è sempre stata, ma negli 20 e poi 10 anni si è "aperta" in modo tollerabile. Negli otto anni da vicepresidente di Confindustria spiegavo ai miei colleghi che bisognava farsi carico del problema, non foss'altro per una questione di convenienza. Se il sistema sociale si rompe solo chi ha può perdere qualcosa, chi non ha niente invece non rischia di perdere nulla. Se non convince il lato morale di questo ragionamento, deve convincere il lato egoistico».
«Il mondo sta cambiando, abbiamo perso anche la regolarità delle stagioni. La cosa che più ci colpirà è la siccità. Basta costruire, abbiamo costruito dappertutto. In Svizzera se si costruisce un metro cubo nuovo, si abbatte un metro cubo di vecchio».

PNRR.
«Potevamo abbattere le vecchie e fatiscenti carceri nel centro delle grandi città. Al loro posto si sarebbero potuti costruire dei grandi parchi urbani, ricostruendo le carceri in modo moderno e "umano" fuori dai centri storici».

Guerra.
«La guerra iniziata dalla Russia in Ucraina ha destabilizzato il quadro di Yalta. Abbiamo avuto 80 anni di guerre locali, Vietnam, Corea, Iraq, ma nessuna di queste ha veramente cambiato le regole del quadro mondiale. Anche la caduta del Muro di Berlino aveva lasciato intatto il quadro geopolitico d'insieme. Questa guerra cambia tutto. (…) L'Arabia Saudita, il più fedele alleato degli Usa, si allea con la Cina! L'Europa non conta nulla, è una preda, non un predatore. L'Europa ha più ricchezza, più risparmio, più bellezza di tutti, ma non conta niente. Siamo tremendamente fieri del nostro egoismo nazionale. La guerra verrà risolta da Usa e Cina, quando decideranno che "basta così". A mio avviso, personalissimo, si andrà verso una soluzione sul modello delle "due Coree"».

Consigli finali.
Il moderatore chiude la presentazione di “Radicalità. Il cambiamento che serve all'Italia” con un rimando all’attualità politica governativa. Un consiglio a Giorgia Meloni, un sms? «Le do una notizia, non ho il suo numero. E' la prima volta che non ho il numero di un Presidente del Consiglio». (…) «Non è un vero e proprio consiglio, è un giudizio generale sull'attuale governo FDI-LEGA-FI. La Meloni ha dei meriti individuali, ha caparbietà, volontà, anche una notevole intuizione politica. E' uscita da un tubo chiuso, Alleanza Nazionale, ha fatto il suo partito e dal 3% lo ha portato al 30%. Lei si è definita una “underdog”, è vero non ha competenza in nessun campo. Ma non sarebbe un problema. Bastava circondarsi di persone competenti, invece si è circondata di incompetenti. Per questo il governo non andrà da nessuna parte, inciamperà sul PNRR. Ogni giorno se lo ripetono per autoconvincersi, ma non durerà 5 anni. Ma non sarà nemmeno l'opposizione a sostituirlo».

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