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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
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Attualità

Au revoir Bassano?

Ruolo, potenzialità e ricchezza del Museo Civico, anche in ottica di rapporti internazionali. Intervista a Monica Preti, responsabile della programmazione dell'Auditorium del Louvre, esclusa dalla selezione per il direttore dei Musei di Bassano

Pubblicato il 07-07-2020
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C'è chi andava dagli Appennini alle Ande, e chi invece sarebbe andato da Parigi a Bassano.
Mi riferisco a Monica Preti, dal 2006 direttrice della programmazione culturale (Storia dell'Arte e Archeologia) dell'Auditorium del Museo del Louvre di Parigi, il cui curriculum professionale - tra le altre cose - comprende anche le precedenti esperienze, svolte tutte nella capitale francese, di docente di Storia dell'Arte e Museografia all'École du Louvre, di docente di Storia del collezionismo e dei musei all'Institut National du Patrimoine (INP) e di ricercatrice all'Institut National d'Histoire de l'Art (INHA). Ha inoltre partecipato negli anni all'ideazione e alla promozione di decine di mostre, sia in Francia che in altri Paesi, alcune delle quali allestite sotto la sua curatela.
La dottoressa Preti, come noto, è stata uno dei due candidati - tra i quattro complessivi che avevano presentato domanda al concorso - non ammessi al colloquio finale (poi andato deserto) per la selezione del nuovo direttore scientifico dei nostri Musei Civici, per il quale era richiesto anche il requisito di “aver ricoperto la posizione di direttore di musei pubblici e/o privati per almeno 2 anni anche non continuativi”.

Monica Preti accanto alla “Piramide” del Louvre, sotto la quale si trova l'Auditorium di cui dirige la programmazione culturale

La dirigente dell'Auditorium del Louvre - già selezionata nel 2019 fra i dieci candidati ammessi al colloquio finale per la nomina del nuovo direttore delle Gallerie dell'Accademia di Venezia - è in possesso di un titolo equipollente: la sua posizione al Louvre è inquadrata infatti come “quadro superiore” ed è equiparata dalla legge amministrativa francese a “posizione dirigenziale”. Tuttavia ciò non è bastato a ritenerla idonea per l'ammissione al colloquio bassanese, ma si tratta oramai di acqua passata.
Ora però che il bando di selezione per la poltrona di via Museo è archiviato, lo spirito internazionale che accompagna il vostro umile cronista anche nell'occuparsi di cose locali mi porta a chiedere alla diretta interessata, in collegamento telefonico dal Louvre, qualche parola di commento sulla sua esclusione ma soprattutto un resoconto più approfondito sulle idee che avrebbe portato a Bassano qualora le fosse stata data invece la possibilità di sostenere il colloquio sulla sua candidatura.
Una curiosità che mi voglio togliere e che vi voglio divulgare anche e soprattutto in vista della futura indizione del nuovo bando di selezione per il direttore dei Musei, riguardo al quale bisogna vedere se la dirigente museale e studiosa italiana di stanza in Francia avrà voglia o meno di ripresentarsi. Insomma: au revoir Bassano oppure no? Il punto interrogativo, in questo momento, è d'obbligo.

Dottoressa Preti, innanzitutto come ha accolto la notizia di non essere stata ammessa al colloquio di selezione per il nuovo direttore dei Musei Civici di Bassano del Grappa?
Ho ricevuto la notizia con molta sorpresa, devo dire. Mi sentivo di corrispondere ai requisiti richiesti e sono rimasta dispiaciuta perché per me partecipare al concorso era una reale motivazione. Di fronte al fatto di non essere stata ammessa sono rimasta dispiaciuta e delusa perché avrei voluto confrontarmi, discutere la mia motivazione e i miei progetti.

Ecco, parliamo appunto di motivazioni. Che cosa ha spinto la direttrice di una sezione di un grande museo mondiale come il Louvre a presentare domanda per la direzione di un piccolo Museo Civico come quello di Bassano?
Certamente è una cosa che a prima vista può sembrare strana. Ho letto il suo recente articolo “I puntini sulle D” che parla dell'inquadramento previsto per il direttore del Museo bassanese, che è inferiore rispetto all'inquadramento di quattro anni fa. È un problema che io non mi sono posta, forse perché il mio caso è effettivamente un po' particolare e anche perché per me venire a Bassano sarebbe stata comunque una diminutio rispetto al posto che attualmente occupo, e non solo in termini economici e contrattuali. Un posto a tempo indeterminato di dirigente del più grande museo del mondo non è propriamente paragonabile a quello di impiegato comunale a tempo determinato in una città pur bellissima come Bassano. Però ci sono anche altri fattori che contano, per lo meno per me: la qualità della vita, i rapporti familiari, la voglia di mettersi in gioco e porsi nuove sfide… Mi piaceva l’idea di rimboccarmi le maniche e di confrontarmi con un sistema di musei di tutt’altra scala rispetto a quello a cui sono abituata. Quanto alla carriera, chi ci pensa alla nostra età...beh, vuole dire che non l’ha fatta, ma non è il mio caso. Peraltro avevo fatto i miei calcoli: avendo diritto qui al Louvre a tre anni di aspettativa, avrei avuto tutto il tempo di cimentarmi con il nuovo lavoro sapendo che sarei comunque caduta in piedi. Dico questo solo a onor del vero, e non perché se ne debba necessariamente parlare.

Lei dice che avrebbe avuto piacere potersi confrontare al colloquio di selezione non solo sulla sua motivazione, ma anche sui suoi progetti. Che progetti avrebbe portato con sé nella valigia da Parigi a Bassano?
In vista del colloquio che poi non è avvenuto avevo elaborato alcune idee di massima sul ruolo del Museo Civico, sulle sue potenzialità e sulla sua ricchezza, indipendentemente da chi ne sia il direttore. Il primo concetto è quello del museo della città. I Musei Civici sono un'istituzione storica onorevole, degna della migliore tradizione culturale e politica italiana. Oggi però - tanto più nel pieno della crisi provocata dal coronavirus - vanno ripensati profondamente come musei della città e per la cittadinanza. Il punto di riferimento sono i city museums europei di nuova concezione, concepiti non tanto come scrigno di tesori del passato, ma come centri culturali aperti alla partecipazione critica dei cittadini, dedicati all'interpretazione, alla discussione e alla valorizzazione del patrimonio urbano. Questa prospettiva non può che investire le attività permanenti del museo (programmazione culturale, laboratori didattici, studio e valorizzazione delle collezioni) e le mostre. Le mostre dovrebbero parlare del territorio e al territorio, valorizzando le collezioni e avendo come vantaggio anche i costi relativamente bassi, per lo meno a confronto con costose mostre di importazione. Poi c'è il concetto del museo “inclusivo e collaborativo”...

In che senso?
Al Louvre ho imparato che un museo non ha un pubblico, ma pubblici, al plurale: eterogenei, per cultura, età, provenienza. È un dovere di qualsiasi istituzione culturale essere cosciente del contesto in cui è immersa, dei pubblici ai quali rivolge la propria offerta. Così anche l’offerta deve essere diversificata: le collezioni non bastano ad avvicinare il pubblico ai musei; è importante anche pensare una serie di iniziative che mirino a creare sinergie tra le diverse realtà culturali cittadine e non solo.

Come ci si arriva?
In primis c'è l'importanza cruciale dei rapporti con le scuole. Rapporti biunivoci: non solo le scolaresche che vanno portate nel museo, ma anche il museo che deve andare nelle aule.
Gli strumenti sono molteplici: laboratori, visite guidate, materiali didattici, collaborazione con gli insegnanti. Possono giovare allo scopo anche possibili convenzioni con le università su stage e tirocini per laureandi e giovani laureati. Bisogna anche proporre un programma culturale di alto livello per la cittadinanza, con appuntamenti periodici sull'esempio del Louvre, ma anche del Museo Egizio di Torino. È inoltre molto utile, per avvicinare il pubblico al museo, attivare delle collaborazioni con le associazioni per l'inclusione sociale.

Quale sarebbe stato il suo obiettivo generale?
L'orizzonte a cui tendere è quello del museo diffuso. Il “vero” museo sono la città e il territorio, i Musei Civici ne costituiscono il “portale” d'accesso. Per sviluppare il concetto di un museo aperto alla città e al territorio bisogna fare sistema, lavorando di concerto con gli altri attori del territorio per moltiplicare l'impatto delle politiche culturali: altri musei e poi ancora scuole e associazionismo, come ho già detto. Vorrei sottolineare l'importanza della nuova sezione del Museo Civico di Bassano dedicata alla storia della città, che sarà prossimamente inaugurata. È una magnifica occasione per stabilire un collegamento tra la città, e cioè i suoi residenti, e il suo passato. Un possibile volano di iniziative sul territorio, ad esempio con itinerari cronologici e tematici che colleghino, anche grazie alle nuove tecnologie, le collezioni ai monumenti e alle emergenze urbane.

Sulle collezioni permanenti del Museo Civico di Bassano cos'ha da dirmi?
È importante non solo la conservazione, ma anche lo studio e la valorizzazione delle collezioni. Sulla valorizzazione mi sento di dire che la varietà e la ricchezza delle collezioni dei Musei Civici di Bassano consentono di pensare a dei programmi scientifici e culturali di livello nazionale e internazionale, articolati intorno ad alcuni nuclei strutturanti. Mi riferisco in particolare alle collezioni archeologiche; alle collezioni artistiche (in particolare i Bassano e Canova); alla Sezione naturalistica, con una presenza unica all'interno di una rete civica di musei; al Museo della Ceramica e al Museo della Stampa Remondini. Su ognuno di questi nuclei si potrebbero imperniare programmi di ricerca in collaborazione con istituti di ricerca/università sia italiani che stranieri, intercettando finanziamenti europei potenzialmente molto cospicui. Fra i possibili esiti ci potrebbero essere delle mostre in partenariato con grandi musei europei. Un esempio? Una mostra sulle collezioni archeologiche di Bassano. Si possono organizzare anche mostre itineranti e/o virtuali e anche piccole “mostre dossier” volte a valorizzare un'opera o un piccolo gruppo di opere “invitate” a Bassano: ad esempio dall'Accademia di Venezia, da Brera, dal Louvre, dalla National Gallery di Londra. Vanno concepite iniziative culturali come convegni, cicli di conferenze e summer schools e vanno pensati nuovi allestimenti, in particolare per le collezioni naturalistiche. Ci sarebbe insomma tanto da fare, per questo avevo presentato domanda al concorso con motivazione.

Ora che il colloquio del primo bando per il direttore dei Musei Civici di Bassano è andato deserto, al prossimo avviso pubblico di selezione lei pensa di partecipare nuovamente?
L'interesse è reale, perché no? Bisognerà però vedere, a questo punto, come sarà formulato il concorso.

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