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Quando una serie è più efficace della realtà
Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Special report
È nato prima Pollock o la gallina?
L’artista e il filosofo: a margine della mostra “Human”, Claudio Brunello e Romano Zanon dialogano per spiegare al pubblico “che cos’è” l’arte moderna. La strana coppia rende piacevole l’ostico argomento, con frecciate sulla cultura a Bassano
Pubblicato il 16-06-2022
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La strana coppia. Talmente strana che sono perfettamente assortiti, come i cioccolatini belgi.
Uno dei due è Claudio Brunello, quotato artista, il capellone delle composizioni creative materiche, degli oggetti inseriti e degli spazi quadrati, curatore di mostre, con un fulgido passato da Dj e da iniziatore di locali pubblici come la storica discoteca Shindy, protagonista della suggestiva mostra personale “Human”, allestita fino al 3 luglio nelle sale superiori del negozio La 5essenza in via Matteotti a Bassano.
L’altro è Romano Zanon, Carlo per gli amici, laureato in Filosofia, la cui immagine ufficiale di commerciante di articoli casalinghi di alta gamma e di vicepresidente della delegazione comunale dei commercianti Ascom di Bassano del Grappa non lo distoglie dalla sua imperitura passione per Niccolò Cusano, Schelling, Wittgenstein, Emanuele Severino (che è stato il suo maestro all’Università) & Friends.

Claudio Brunello e Romano Zanon accanto a un’opera di Brunello in mostra a La 5essenza (foto Alessandro Tich)
L’artista e il filosofo, anche se il secondo preferisce definirsi “appassionato di filosofia”, abbinati in una apparente Mission: Impossible: spiegare alla gente, con le parole più semplici possibili, che cos’è l’arte moderna. Quell’arte contemporanea, in particolare dal secondo ‘900 ad oggi, spesso incomprensibile ai più, che nel mostrarci un taglio sulla tela di Lucio Fontana o la banana attaccata al muro di Maurizio Cattelan può spingere moltissime persone a pensare: “Questo ero buono a farlo anch’io”.
Un argomento ostico, se presentato in maniera complessa. “Un mondo volutamente reso complicato da qualche critico d’arte, mentre non è così complicato come può sembrare, basta avere qualche chiave di lettura”, chiarisce subito Brunello.
Ed è una tematica che per fortuna la sua chiave di lettura ce l’ha già: il libro fresco di stampa di Claudio Brunello Pagina Piegata, pubblicato sulla scia del successo dell’omonima rubrica video, ripresa anche da Bassanonet, nella quale l’artista spiega all’onnipresente signora Maria i più rilevanti fenomeni, movimenti e protagonisti dell’arte del ventesimo secolo.
Un libro nel quale l’autore parte dall’ABC universale dell’arte - il segno, il colore, il suono, la materia -, che “sono le basi del fare arte dal secondo dopoguerra in poi”, per poi presentare e spiegare di volta in volta, sempre con linguaggio facile, come questi elementi sono stati concepiti, elaborati e trasformati da tutti i principali movimenti artistici della nostra era.
L’incontro tra Brunello e Zanon, che potremmo intitolare “Attenti a quei due”, si svolge nella sede della mostra a La 5essenza col piacevole format della conversazione informale e viene ulteriormente diffuso ad un pubblico più ampio grazie alla MBM Productions (Matteo Bizzotto Montieni, alias Metro-Bizzotto-Mayer) che trasmette l’evento in diretta streaming sui canali social della sua rubrica video “Libertà è Parola”.
E di parole in libertà, come leggerete, ce ne saranno a iosa.
Zanon sottolinea come la fine ‘800 e il primo ‘900 abbiano preparato il terreno al grande fermento culturale del ventesimo secolo con teorie e scoperte che hanno sconvolto la percezione del mondo. E già ai primi del ‘900, ribatte Brunello, con Duchamp che prese un orinatoio da gabinetto e lo chiamò “fontana”, spostandolo di contesto, l’oggetto comune abbatteva il concetto del suo significato e assumeva il valore di opera d’arte.
“Duchamp non solo ha superato la soglia - osserva l’artista -, ma ha addirittura acceso una stanza buia.”
Ma quella dell’arte contemporanea è una rivoluzione di segni e di messaggi che è esplosa soprattutto dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
“Dopo una guerra drammatica, è chiaro che l’arte doveva rispondere in qualche maniera forte - rimarca Brunello -. Da lì è cominciato il nuovo modo di vedere le opere.”
“Dopo l’astrattismo di Mondrian o di Kandinsky - aggiunge - è arrivato un astrattismo diverso, è arrivato l’action painting di un certo Pollock che gocciolava i colori su una tela disposta a terra quasi in un rito dei nativi americani, danzando intorno e con la musica jazz. Quindi avevamo musica e arte fatte in un modo completamente diverso, dove entrava il caos, l’inconsueto, il casuale.”
“In Europa avevamo invece qualcosa di più intellettuale, che era l’informale - continua l’artista -. L’Italia ha avuto un grande esponente in Emilio Vedova, la Francia in Georges Mathieu, che si vestiva da guerriero medievale, con il pennello come una lancia, e si scagliava contro la tela. Mentre la performance di Vedova era verbale: lui parlava con l’opera.”
E poi ancora l’arte concettuale, che assomma diverse correnti, dove “il quadro non c’è più, resta l’idea, il concetto” e che è all’origine delle opere dello stesso Brunello ma con l’aggiunta di materiali di ogni tipo - spartiti, tessuti, testi scritti, cemento e quant’altro - che ne fanno il portabandiera di “un’arte concettuale con gli oggetti”.
Fino a che Romano Zanon, il commerciante filosofo o il filosofo commerciante a seconda della situazione, non tira fuori all’improvviso la domanda cattiva, collegata al rapporto tra arte e istituzioni e alla predominanza dell’arte classica nelle proposte culturali degli enti pubblici: “Perché siamo ospitati qui e non siamo ospitati in un luogo pubblico? Perché le istituzioni continuano a stare lontane dall’arte contemporanea?”.
Mannaggia, non mi sono neanche portato dietro il pop corn.
Così parlò Claudio Brunello (uso una frase alla Nietzsche per restare in clima filosofico):
“Io ho lanciato a diverse amministrazioni proposte molto belle sul contemporaneo. Però il politico ha paura di ciò che non conosce. Raramente un assessore alla Cultura sa di cosa sta parlando. Loro hanno paura di questo, perché tutti i frequentatori dell’arte - e della musica, della danza, del teatro, eccetera - sono persone che pensano. Mentre l’arte classica è storicizzata, è la cultura del panino. C’è Goldin che fa una mostra su Van Gogh e tutti vanno in fila col panino. E di questa mostra cosa ne hanno? Comprano il catalogo, che non leggeranno mai e metteranno nella libreria, e finisce lì. Ma tu non li hai contagiati.”
Caspita: dopo queste affermazioni, Brunello ha certamente assicurata una grande mostra antologica a Palazzo Bonaguro.
“A Bassano non c’è spazio per gli artisti - affonda ulteriormente il coltello -. C’è un recente episodio che riguarda un artista bravo che è Saul Costa. L’ho proposto all’assessorato alla Cultura alla Chiesetta dell’Angelo che è sempre chiusa e mi è stato risposto che “c’è già un calendario fittissimo”. E invece è chiusa. “Perché manca la guardiania”. Adesso Palazzo Agostinelli non esiste più, la Porta delle Grazie è chiusa pure quella, al Museo Civico sembra di chiedere di andare dentro San Pietro, abbiamo la chiesa di San Bonaventura che è quasi finita ed è chiusa da un’eternità, il Polo Santa Chiara lasciamolo stare...”
Che dire: per essere un artista concettuale, anche se con l’aggiunta di materiali, Brunello sa usare concetti forti.
Per scoprire altre spiegazioni, informazioni e curiosità sulle correnti artistiche dei tempi moderni, impossibili da concentrare in un unico incontro, il rimando naturale è al libro Pagina Piegata che se ne occupa con taglio divulgativo.
Concordo comunque nella constatazione che questa espressione così ricca della cultura europea e mondiale sia sottostimata e solo occasionalmente oggetto di un interesse collettivo più esteso in occasione di grandi manifestazioni come può essere la Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. E dalla conversazione della strana coppia capisco che La 5essenza della questione - per citare una grande pensatrice del ‘900 e cioè Jessica Rabbit - è che l’arte contemporanea non è cattiva, è che la disegnano così.
L’incontro riesce nell’intento, come è giusto e utile che sia per un appuntamento culturale, di sollevare più quesiti che certezze e uscendo dal negozio con sala mostre rimugino nella mia testa la domanda filosofica che non avrà mai risposta:
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