Alessandro TichAlessandro Tich
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Bassanonet.it

Il "Tich" nervoso

Detto e schitto

Ispirata dalle bandiere tricolori sul Ponte tutte sporche di cacca dei colombi, una breve riflessione sull'Italia di queste ore

Pubblicato il 11-08-2019
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Sono passato questa mattina sul Ponte e alzando gli occhi sul web, e cioè sulla rete antivolatili posizionata sotto il tetto, ho notato per l'ennesima volta la penosa condizione della fila di bandiere quadricolori che sventolano lì attaccate, come peraltro si conviene a un neo eletto Monumento Nazionale. Sì, avete letto bene: quadricolori. Bianco, rosso, verde e marrone. Il marrone, con alcune nuance tendenti al grigiastro, degli schitti dei colombi che su quelle bandiere, e sulla rete sovrastante, continuano regolarmente a defecare.
E non potendo i volatili essere accusati, ai sensi dell'articolo 292 del Codice Penale, di vilipendio alla bandiera italiana, ecco che il mesto imbrattamento fisiologico del simbolo nazionale continua a perpetuarsi, così come negli ultimi anni, nella completa indifferenza di chi è stato in precedenza ed è attualmente il responsabile del decoro del nostro Ponte Vecchio, al netto della sporcizia e del disordine conseguenti al suo cantiere senza fine: l'Amministrazione di centrosinistra prima e l'Amministrazione di centrodestra adesso.
In realtà quella che sto comunicando non è una notizia perché non dice nulla di nuovo.

Foto Alessandro Tich

Ne sono pienamente cosciente. Ma ne parlo perché in realtà, alla vista di quelle bandiere lasciate a se stesse e impiastrate di escrementi, mi è scattato di riflesso, e per associazione di idee, un impulso a interpretarle come la metafora dell'Italia di queste ore. Un Paese dove una sola persona detiene oggi l'effettivo e inquietante potere di chiedere la sfiducia del Presidente del Consiglio, avviare la crisi di governo e invocare le elezioni anticipate. Non so voi (anche perché in moltissimi non la penseranno come me, vantando la persona di cui sopra ancora un vasto seguito di popolo), ma per quanto mi riguarda io considero l'attuale momento politico nazionale molto preoccupante.
Anche ma non solo per le prospettive future, che sono ancora imprevedibili, ma soprattutto per l'intero percorso che ci ha portato fino a qui. E mi chiedo quale Paese lascerà in eredità al prossimo esecutivo questo governo verde-giallo che si è distinto solamente per i suoi quotidiani contrasti interni. Dedicandosi beatamente allo sport, per restare al tema iniziale, di spararsi reciprocamente m... l'uno con l'altro. E realizzando il capolavoro assoluto di raggiungere in contemporanea il massimo grado di instabilità politica e il minimo grado di credibilità all'estero.
Cito solo quattro dati che riguardano l'Italia di oggi: un tasso di crescita del Pil 2019 stimato dall'Istat in un misero +0,3%; un tasso di disoccupazione previsto entro l'anno in ulteriore lieve aumento (+10,8%), tra i più alti nell'Unione Europea; un tasso di disoccupazione giovanile che supera il 32%, secondo il Europa solamente alla Grecia; un'emorragia di circa 200mila giovani che solo nell'ultimo anno hanno lasciato il Paese per cercare fortuna e trovare lavoro all'estero. Come ha osservato qualcuno, è come se ogni anno un'intera città di medie dimensioni si spopolasse.
Con questi presupposti, non so veramente come si possa coniugare la fiducia nello Stato al futuro. Chiunque ne prenda in mano le redini a Palazzo Chigi.
Molto probabilmente ha ragione un mio carissimo amico italiano che vive all'estero, e che ogni giorno legge con sofferenza le notizie dal nostro Paese, il quale sostiene che non è il governo che è alla frutta, ma è l'Italia che è alla frutta. In attesa di scoprire, aggiungo io, quale sarà l'amarezza del dessert.
Per questo, passando sotto quelle bandiere sul Ponte lasciate a se stesse e imbrattate, ho provato un sentimento di reazione al generale senso di sbando nazionale, e di conseguente necessità di un “governo forte”, che le notizie che ci arrivano da Roma vogliono inculcarci nella testa, in una sorprendente indifferenza generale favorita dal clima di agosto. È quanto sostengo convintamente, senza ripensamenti.
Questo ho detto, e questo ho schitto.

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