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Redazione
Bassanonet.it
Ritorna l’Irpef?
La Regione sta pensando di reintrodurre l’addizionale Irpef per i redditi sopra i 15.000 euro. Ma ci sono voci contrarie anche all’interno della maggioranza
Pubblicato il 12-10-2022
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La difficoltà dei tempi che stiamo vivendo si percepisce da tanti aspetti. Governo, Comuni e Regioni avranno bisogno di trovare a stretto giro risorse finanziarie consistenti per arginare la crisi energetica, giocoforza dunque si torna a discutere di tasse (e non più di bonus da elargire).
A livello locale, la Regione Veneto sta meditando di introdurre l’Irpef.
In linea generale le Regioni e le Province autonome possono maggiorare a piacimento l'aliquota di base entro i limiti fissati dalla legge statale (la disciplina dell’addizionale regionale all’Irpef è rintracciabile all’art. 6 del D.Lgs. n. 68 del 2011, recante disposizioni sul federalismo fiscale).

Luca Zaia, presidente della Regione Veneto
Tra le ipotesi al vaglio della giunta regionale, la più accreditata prevede una tassazione aggiuntiva per le persone fisiche con un reddito oltre i 15.000 euro annuali.
La proposta sta ovviamente alzando un polverone dentro e fuori le stanze che contano della politica regionale (il Veneto tax-free che alza le tasse è una notizia succosa anche per la stampa nazionale). La tassa verrebbe utilizzata per dare un margine di manovra più ampio alle politiche di spesa della Regione, ma già nella fase embrionale di discussione l’idea ha diviso platealmente la maggioranza di centrodestra, che proprio sulla “leggerezza” fiscale ha costruito una parte importante del suo consenso elettorale. Anche nella stessa Lega ci sono due anime distinte sulla questione tasse, c’è chi sostiene la necessità di una maggiore incisività delle politiche regionali supportate evidentemente da nuove ed adeguate entrate fiscali.
E c’è chi invece non vorrebbe appesantire ulteriormente il carico fiscale in un momento tra l’altro di grandissima difficoltà economica delle famiglie (la parte della Lega che fa riferimento a Massimo Bitonci).
A cosa servirebbe potenzialmente questo gettito aggiuntivo?
Si stimano circa 300 milioni di nuove entrate fiscali che andrebbero a supportare finalità sociali come per esempio le case di riposo, le categorie socialmente più fragili e per supportare con interventi ad hoc il tessuto sociale del Veneto stritolato dai rincari energetici. Visto dall’alto, un Veneto che si scopre favorevole all’introduzione di tasse aggiuntive e quindi più incline ad una linea di redistribuzione dei redditi fa cambiare molti punti fermi che negli anni si sono sedimentati nella letteratura sociologica dei nostri territori.
Dario Di Vico, giornalista economico del Corriere, interpellato nelle settimane scorse anche da Bassanonet sui fermenti social-elettorali del Nordest, ha commentato recentemente sul Foglio l’inaspettato cambio di paradigma su “schei&tasse” in Veneto.
«Le intenzioni di Zaia sull'Irpef sono di introdurre un'addizionale sulle fasce alte e medio-basse (esentando solo i redditi sotto i 15 mila euro) con l'obiettivo di far entrare nelle casse della regione 300 milioni da reinvestire nel welfare, per il sostegno dei segmenti della società più a rischio. E' una classica manovra di redistribuzione, quella che i circoli della sinistra Pd imputano al proprio partito di non aver avuto mai il coraggio di adottare. Un maligno potrebbe addirittura sostenere che l'addizionale veneta è una forma, pur mite, della "famigerata" politica tassa-spendi (un reddito tra i 15 e i 30 mila euro pagherebbe meno di 50 euro l'anno). Insomma l'elemento di discontinuità politico-culturale è evidente e fa a pugni con quel Veneto Tax Free che è stato per anni lo slogan (vincente) di Zaia. Come capita in questi casi, prima di dare un giudizio definitivo bisognerà attendere "gli approfondimenti" che gli esperti stanno vagliando. Il diavolo anche a Nord-est si nasconde nei dettagli e pur non avendo natali fiorentini il governatore è considerato persino dai suoi avversari un discepolo di Machiavelli».
Il mal di pancia da “tassa e spendi” non tocca solo la Lega, anche i due suoi alleati di governo regionale hanno preso con beneficio d’inventario l’idea di reintrodurre l’Irpef. A prendere nettamente le distanze è stato prima di tutti il capogruppo di Fratelli d’Italia, Raffaele Speranzon. Nondimeno i vertici di Forza Italia, partito che l’Irpef l’aveva eliminata nel 2009 su decisione dell’allora governatore forzista Giancarlo Galan, faranno fatica a digerire l’idea di “mettere le mani nelle tasche dei veneti”, per usare una fraseologia che, a parti invertite, la destra obietta come un mantra alla sinistra keynesiana del “tassa e spendi”.
Mettere tasse costa politicamente, toglierle è invece un onore politico. Ad onor del vero, l’operazione politica e finanziaria forzista che dieci anni fa aveva eliminato l’Irpef regionale aveva scombussolato non poco i piani di bilancio del governatore “entrante” Luca Zaia.
Sta di fatto che ciclicamente l’idea di reintrodurre una imposta sui redditi dei privati cittadini ritorna in auge anche in Veneto e, finita l’epopea dei bonus e dei ristori da distribuire, si torna tristemente alle regole ferree della finanza pubblica. Per la cronaca parecchi anni fa sull’argomento scriveva anche il direttore Tich (www.bassanonet.it/news/7110-irpef.html).
In questo quadro di possibili nuove tasse in arrivo, va ricordata un’altra grande falla del sistema economico Veneto, ovvero i salari mediamente più bassi di circa 8.000 euro rispetto alla media nazionale (stando alle rilevazioni dell’Inps sui dati disponibili del 2020). Un’anomalia, questa dei bassi redditi dei lavoratori veneti, destinata a diventare ancora più esplosiva in uno scenario che vede un’inflazione reale ben superiore al 10% e le possibilità di spesa delle famiglie restringersi con una velocità disarmante.
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