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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Cinema

La rivincita del "peplum"

In pochi mesi il cinema ci regala ben tre film di ambientazione antica. I primi due, sono già campioni d'incassi. Il terzo, nelle sale italiane da venerdì, ha già suscitato il disappunto della Chiesa

Pubblicato il 03-05-2010
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Non può essere un caso: nel giro di due mesi sono usciti nelle nostre sale ben tre colossal riconducibili al mondo antico, ai suoi miti, alla sua cultura.
L'apripista è stato "Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Il ladro di fulmini" uscito nei cinema italiani a metà marzo e che, raccolta l'eredità di Harry Potter (il regista, Chris Columbus è lo stesso dei primi due episodi cinematografici di Harry Potter), ha richiamato in sala un pubblico giovanissimo, cultore di mondi fantastici e poteri magici. Percy, il protagonista, non è altri che un Perseo moderno, che indossa i jeans e va al liceo, ma è pur sempre il figlio di un dio. E così le fatiche dell'eroe, tra cui una sfida all'ultimo sguardo con un'incantevole Medusa (Uma Turman), rivivono nell'America contemporanea. Il film appassiona, incuriosisce e promette di essere il primo di una saga ben più articolata (è infatti tratto da una fortunata serie di romanzi per ragazzi il cui autore è Rick Riordan).
Il secondo film di ispirazione greca, da due settimane in programmazione al cinema Metropolis, è "Scontro tra titani" di Louis Leterrier, rifacimento dell'omonimo film del 1981 diretto da Desmond Davis. Anche in questo caso il protagonista è il giovane Perseo che ritorna però nell'epoca che più gli pertiene, affrontando sfide e scontri che al mitologico uniscono straordinari effetti speciali, che si sposano alla perfezione alla nuovissima tecnica del 3D. Tuttavia, nonostante il film sia inserito nell'epoca storica corretta, nella trama (molto distante dalla realtà mitologica), per esigenze di copione, vengono modificati molti avvenimenti e inseriti personaggi che poco hanno a che fare con Perseo e con il film originale.

Una scena del film "Agora" di Alejandro Amenábar

Infine venerdì è uscito nei cinema di tutta Italia "Agora", di Alejandro Amenàbar (autore, tra l'altro, di "The Others" e "Mare Dentro"), che già promette di scatenare scandali e polemiche. Infatti Amenàbar presenta con spietata durezza una storia vera, una pagina vergognosa della storia del Cristianesimo, ambientata nell'Alessandria della fine del IV secolo dopo Cristo, una città percorsa dagli umori e dalle prepotenze dei feroci parabolani, monaci cristiani al servizio di Cirillo, vescovo di Antiochia. Minuziosamente e brutalmente il regista spagnolo racconta con dovizia di particolari l'infame linciaggio, ad opera dei parabolani, della filosofa neoplatonica Ipazia: un omicidio spietato compiuto nel nome della fede. "Agora" si presenta così come una storia esemplare, che non condanna il Cristianesimo, ma che permette di constatare l'effettiva inadeguatezza morale e culturale che ha contraddistinto alcuni cristiani nel corso della storia, unita a mezzi e metodi discutibili, usati per far trionfare non tanto la fede quanto il sistema di potere che la sosteneva. Additato come film anticlericale, se non addirittura anticristiano, "Agora" si presenta invece come un'ottima occasione di riflessione, di analisi oggettiva e razionale su un episodio vergognoso della storia del Cristianesimo, sulla base di dati storici obiettivi. La pellicola, ascrivibile a quel filone mai del tutto esaurito di film che un tempo veniva chiamato "peplum" (i classici in costume), arriva così a porre importanti quesiti e riflessioni perfettamente pertinenti anche nella realtà contemporanea. Fotografia spietata di un mondo che sta cambiando (in peggio) "Agora" rappresenta una civiltà vinta dal fanatismo e dalla barbarie: una realtà che pare pericolosamente vicina alla nostra. Così dopo cinque anni di silenzio, il regista spagnolo torna con una storia che colpisce, emoziona, fa riflettere. Che può piacere o meno, ma che merita, almeno, di essere conosciuta.

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