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Quante “Storie”

Sabato 17 luglio al teatro Tito Gobbi a Bassano lo spettacolo di danza di Aterballetto apre la 41^ edizione di Operaestate Festival. Coreografie nel segno dell’abbraccio e dell’empatia dopo il tempo del distanziamento

Pubblicato il 14-07-2021
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Sarà la Fondazione Nazionale della Danza Aterballetto ad aprire la 41^ edizione di Operaestate Festival, quando, sabato 17 luglio alle 21.20 andrà in scena, tra le mura medioevali del Teatro all’aperto Tito Gobbi, Storie, un’antologia di quattro coreografie firmate da due trentenni curiosi e in fase di maturità creativa: Diego Tortelli, coreografo residente ricercato anche all’estero come freelance, e Philippe Kratz, da anni danzatore di punta della compagnia già premiato con il premio Danza & Danza per la coreografia.
“La scelta del titolo della serata è ricaduta non sull’inglese “stories”, né sul francese “histoires” - spiegano le note di regia -, ma sull’italiano “storie”: infatti lo spettacolo, pensato in particolar modo per un pubblico estero, già dal titolo intende suscitare nello spettatore un legame con l’Italia, come se queste storie fossero istantanee - suggestive ma non esaustive - della scena coreografica nazionale.”
Racconti che mescolano i ricordi e le esperienze personali ad avvenimenti condivisi globalmente e che cercano di dare un quadro sfumato del presente dalla prospettiva di una generazione di artisti trentenni. Quattro storie indipendenti legate tra loro da una trascinante colonna sonora che unisce lo stile inconfondibile di Nick Cave con la musica elettronica di Mark Pritchard, i celebri brani del gruppo rock inglese Spiritualized con l’afrobeat di Fela Kuti.

Foto: Celeste Lombardi

Apre la serata Preludio, di Diego Tortelli, una creazione per 5 interpreti: Clément Haenen, Arianna Kob, Ivana Mastroviti, Roberto Tedesco e Hélias Tur-Dorvault, costruita attorno ad alcuni dei più intensi poemi e brani del cantautore australiano Nick Cave, uno dei più grandi esponenti del Post Punk. I poemi di Cave affrontano l’intreccio di temi come l'amore, il “credo”, la dipendenza, l'ossessione e la perdita, intersecandoli tra di loro, raccontando una storia universale.
“In uno dei suoi poemi - spiega Tortelli - ho trovato la domanda che volevo pormi per questa creazione: MAH SANCTUM, (il mio credo). In cosa credo? Credo nel “corpo”, credo nella sua fragilità e forza, nel suo limite e nella sua espansione, nella sua capacità di cambiamento e costante trasformazione, credo nella sua contemporaneità, ma anche alla sua capacità di continuare a provare quelle emozioni che ci sono state tramandate; credo nella sua violenta bellezza e spaventosa fragilità.” In questo primo pezzo, il coreografo mette al centro della sua ricerca soprattutto ossessioni, compulsioni, dipendenze, contrasti trasformando i corpi dei 5 danzatori non in uomini e donne, ma in stimoli emotivi.
Secondo pezzo della serata il duo “O,” di Philippe Kratz, con Clément Haenen e Ivana Mastroviti, visto in anteprima nella scorsa edizione del Festival. Qui il coreografo mette in scena due corpi/automi, che obbligano a interrogarsi su come potrebbe mutare il senso del contatto fisico: resterà emotivo e sentito, o diventerà seriale e alienato? Un duetto ispirato a una storia vera: nell'estate del 2017 a Hong Kong per la prima volta due robot umanoidi hanno interagito l'un con l’altro; un momento che ha reso più vicino un futuro in cui l'intera conoscenza umana sarà trasmessa
dalla robotica.
La serata continua con Another Story, di Diego Tortelli, che mette in scena la storia del gesto più temuto e allo stesso tempo desiderato di questo 2020, colpito da un’epidemia globale: l’abbraccio.
Un gesto così semplice si è ora reinventato aggiungendo infinite declinazioni al suo più basilare significato, trasformandosi nel desiderio più nascosto e all’opposto in un atto quasi “terroristico”, non perdendo comunque il suo significato profondo di condivisione carnale effettiva. In scena Bovay e Hélias Tur-Dorvault.
Infine, Alpha Grace, di Philippe Kratz, lavoro per 6 danzatori: Estelle Bovay, Clément Haenen, Arianna Kob, Ivana Mastroviti, Roberto Tedesco e Hélias Tur-Dorvault, che mette al centro della coreografia una delle virtù umane forse più importanti: l’empatia, intesa come percezione di sè stessi condivisa con chi ci sta accanto. Uno stato che ci permette di comprendere davvero l’altro, di non vederlo come diverso, di imparare a provare le sue stesse emozioni e così conoscerne il valore. La parola “alpha“, simbolo dell’arcaico, si abbina alla parola “grace“, la gentilezza dal valore quasi sacrale. La creazione lascia scorrere davanti agli occhi momenti di solitudine, in cui gli interpreti comunicano individualmente, aggregando progressivamente, più persone, fino ad arrivare a un’azione di gruppo in cui i singoli seguono un ritmo che finalmente li accomuna.

Tutto il programma online su www.operaestate.it

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