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Salute

Il ginocchio e il robot

Una patologia diffusa; l'artrosi del ginocchio. Intervista al dr. Claudio Khabbazè, chirurgo dell'equipe di Chirurgia robotica del ginocchio del Policlinico di Abano Terme e specialista dello staff di Ortopedia di Magalini Medica

Pubblicato il 27-02-2012
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E' una patologia diffusa e invalidante. Parliamo di artrosi del ginocchio: un brutto cliente per chi ne soffre, che tuttavia si può curare grazie a valide terapie conservative, nei casi meno gravi, o chirurgiche.
Affrontiamo l'argomento con il dr. Claudio Khabbazè, specialista in Ortopedia e Traumatologia e Medico Aiuto presso l'Unità Operativa di Chirurgia del Ginocchio del Policlinico di Abano Terme, diretta dal dr. Roberto Nardacchione, dove dall'anno scorso - prima e unica equipe in Europa - si occupa anche di Chirurgia protesica robotica del ginocchio: innovativa metodica, sviluppata negli Stati Uniti, destinata proprio al trattamento dell'artrosi.
Incontriamo il dr. Khabbazè nel suo studio presso la Magalini Medica di Bassano del Grappa, di cui è lo specialista di riferimento per le patologie del ginocchio.

Il dr. Claudio Khabbazè nel suo studio alla Magalini Medica di Bassano, con un modello dell'articolazione del ginocchio


Dr. Khabbazè, che cos'è e come si manifesta l'artrosi del ginocchio?
“L'artrosi è una patologia degenerativa articolare a carattere evolutivo, secondaria molto spesso a traumatismi o a deviazioni assiali - e cioè, per capirci, le “gambe storte” - ed è la naturale evoluzione di un'articolazione che invecchia e si consuma.
Il 40% delle persone ultra 65enni ha artrosi del ginocchio. Buona parte di queste artrosi sono sintomatiche: il paziente ha dolori o limitazione funzionale, ad esempio nella deambulazione o in semplici movimenti come salire o scendere le scale.
La diffusione di questa patologia è dovuta al fatto che nella popolazione ci sono sempre più anziani, ci sono sempre più obesi e ci sono sempre più persone che hanno praticato sport a livello intenso e che hanno avuto microtraumatismi articolari, presentando quindi una propensione all'artrosi del ginocchio.”

Quindi anche l'obesità è un fattore che favorisce la patologia?
“Sì, anche il peso gioca un ruolo importante. Io faccio sempre il paragone tra i ginocchi e gli pneumatici di un'auto. Se guido un'utilitaria, gli pneumatici durano a lungo. Se guido invece una Ferrari o un Tir, durano molto meno perché tarati per sollecitazioni molto più intense. Anche le articolazioni sono “tarate” per un dato tipo di sollecitazione.”

Quando si avvertono i sintomi, qual è il primo passo da fare?
“Bisogna fare una valutazione specialistica per quantificare il grado di artrosi, e quindi degli esami radiografici a giudizio dello specialista, che darà quindi la valutazione clinica.”

Una volta diagnosticata l'artrosi del ginocchio, che cosa succede?
“Se è un'artrosi lieve o moderata, da trattare conservativamente, la fisioterapia è fondamentale per il mantenimento della funzionalità articolare, oltre a ridurre la sintomatologia. Poi ci sono le cure farmacologiche, che possono prevedere la prescrizione di farmaci antidolorifici, di farmaci antiinfiammatori o di farmaci intra-articolari, con infiltrazioni di acido jaluronico o di cortisone. Se invece la patologia è a uno stadio più avanzato, va trattata in ambito chirurgico.”

Qual è l'obiettivo del trattamento chirurgico?
“L'obiettivo della chirurgia è quello di ripristinare ciò che si è consumato nel tempo. Si tratta di una chirurgia protesica: l'articolazione, o la parte di essa degenerata a causa dell'artrosi viene sostituita con delle protesi. Per fare un altro paragone, la protesi rispetto al ginocchio è come la capsula rispetto a un dente: ha la sua stessa funzione, ma non è un dente. Le protesi sono mirate in base al danno riscontrato, che può riguardare una parte dell'articolazione, con l'innesto di una protesi parziale, o l'articolazione intera, con l'innesto di una protesi totale.
Più si è selettivi, e più cioè il danno riguarda solo una parte dell'articolazione, e minore è l'invasività: si preserva il più possibile la funzionalità articolare e in termini di ripresa post operatoria il recupero è molto più rapido e più fisiologico è il risultato. Per il paziente con una protesi parziale, inoltre, sarà minore l'invasività del successivo intervento di reimpianto.”

Le protesi hanno bisogno cioè di un secondo intervento?
“Il 90% delle protesi, come evidenziano i registri operatori in campo internazionale, hanno una longevità di circa 15 anni. Funzionano bene cioè per 15 anni, dopodiché cominciano a mobilizzarsi ed è necessario ri-operare. Con il nuovo intervento, il paziente con una protesi parziale molto probabilmente avrà necessità di una protesi totale mentre il paziente che ha già una protesi totale necessiterà di una protesi totale più invasiva. Laddove c'è la possibilità di impiantare una protesi mono-compartimentale, e cioè parziale, oggi c'è inoltre la possibilità di ricorrere a sistemi innovativi, e quindi alla chirurgia robotica.”

Ce ne può parlare?
“La chirurgia protesica robotica del ginocchio è una metodica nata circa 7 anni fa negli USA, dove attualmente sono stati effettuati circa 8000 impianti. L'equipe chirurgica del ginocchio del Policlinico di Abano Terme - composta dal dr. Roberto Nardacchione, direttore del Reparto di Chirurgia del Ginocchio, dal dr. Davide Bertolini e dal sottoscritto - è la prima e unica equipe in Europa che effettua la chirurgia robotica del ginocchio, per la quale siamo i referenti europei. Abbiamo pazienti da tutta Italia e da altre parti d'Europa.”

Come si interviene in chirurgia robotica?
“Viene eseguita una TAC del ginocchio. I bioingegneri creano quindi un modello virtuale del ginocchio del paziente. Viene studiato al computer il posizionamento ideale delle protesi. In sala operatoria, poi, viene interfacciato il modello virtuale con il ginocchio del paziente, dopo l'acquisizione di alcuni parametri intra-operatori. Si apportano gli accorgimenti necessari affinché la protesi venga posizionata in maniera ottimale. Il chirurgo manovra quindi un braccio robotico che permette di creare l'alloggiamento della protesi nel ginocchio del paziente. Sarebbe altrimenti impossibile avere lo stesso risultato con la metodica tradizionale."

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