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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Save the Tich
Sono la mia ossessione: i ragazzi dei banchetti di Save the Children che in centro a Bassano ti fermano per strada per chiedere un’offerta all’organizzazione umanitaria
Pubblicato il 14-07-2022
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Save the Children? Di più: Save the Tich.
Oggi vi parlo di una mia ossessione: i ragazzi dei banchetti di Save the Children, l’organizzazione umanitaria che opera in aiuto ai bambini in difficoltà nei vari Paesi del mondo.
Li conosco benissimo perché ciclicamente e regolarmente si posizionano proprio sotto alla redazione di Bassanonet, e anzi proprio sotto la mia famosa finestra, all’angolo tra via Roma e piazza Libertà. Inconfondibili, con la loro casacca rossa.
L’angolo dove si posizionano solitamente i banchetti (foto Alessandro Tich)
Non sono soltanto loro a posizionarsi in questo punto strategico del centro: ci sono anche, in altri giorni dell’anno, i loro colleghi dell’Unicef. Ma quelli di Save the Children sono i più costanti. Come i volontari delle altre organizzazioni, si mettono in tre o anche in quattro nei vari punti cardinali attorno al banchetto e tentano di fermare ogni passante che transita davanti al loro mirino per chiedergli un contributo a sostegno dell’organizzazione.
Non si tratta di un’offerta vera e propria, tipo “ecco qua 5 euro grazie e arrivederci”.
Lo so bene perché una volta, qualche anno fa, ho ceduto e sono stato accalappiato.
Ti spiegano di che cosa si occupano e quali sono i progetti a cui i soldi vengono destinati.
Quindi, se sei d’accordo, firmi un contratto con cui ti impegni a contribuire regolarmente a Save the Children (o Unicef, o eccetera) dal tuo conto in banca per un anno e per 10 euro al mese. Non sono cifre esorbitanti, si può anche fare. Ma dopo un anno e dopo 120 euro destinati alla causa non ho più proseguito la mia buona azione.
Il fatto è che me li ritrovo un sacco di volte sul mio percorso di lavoro. Ed è sempre la stessa storia. Per entrare in redazione non posso evitarli e ogni volta loro cercano di fermarmi sperando di attirare il mio interesse.
E siccome dalla redazione io entro ed esco più volte nel corso della giornata, la scena continua a ripetersi, un po’ come la celebre scena di “Non ci resta che piangere” in cui Benigni e Troisi continuano ad andare avanti e indietro dalla linea di confine e il doganiere chiede loro ripetutamente “Chi siete? Da dove venite? Dove andate? Un fiorino!”.
Ovviamente ho sviluppato negli anni una serie di tattiche per evitare di essere nuovamente accalappiato dai volonterosi giovanotti, anche se il più delle volte si tratta di ragazze.
Alla fine la tattica più efficace è quella più semplice: dire la verità. E cioè dirgli che sono un giornalista, che lavoro al piano di sopra indicandogli anche la finestra, che passo più volte al giorno per questo punto e che quindi mi vedranno ancora e che dovendo lavorare non ho tempo e modo per fermarmi al banchetto.
A queste mie affermazioni reagiscono bene, sorridono e non insistono. Qualcuno mi fa anche qualche domanda incuriosita sul mio lavoro. Meno male.
Vi dirò anche che cerco sempre di non essere brusco nelle risposte perché questi giovani ferma-persone, che sono attivi sul loro banchetto e negli immediati dintorni dal primo mattino e fino alle 9 di sera, mi fanno anche una certa tenerezza.
Oltretutto non è facile fermare la gente - io non ne sarei assolutamente capace - e ciascuno di loro ha il suo sistema.
Ci sono quelle/quelli che ti vengono incontro a braccia aperte e con un enorme sorriso, oppure quelle/quelli che ti affiancano e che procedono in parallelo con te.
Ma il sistema più usato è quello di prendere spunto da una caratteristica del passante - gli occhiali da sole, l’ombrello colorato, il bimbo in carrozzina, il gelato da passeggio e qualsiasi altra cosa passi il convento - per fare una battuta simpatica e rompere il ghiaccio.
Ci sono poi i Save the Children boys o girls specializzati nell’abbordare il passante in base al suo abbigliamento. Ricordo ancora una ragazza che aveva notato che ero vestito in giacca e cravatta e continuava a tentare di portarmi al banchetto, ogni volta che mi vedeva entrare o uscire dal mio ufficio, con frasi del tipo “ma che bella cravatta ha questo signore…”.
Il giorno dopo il banchetto era ancora lì, sempre all’angolo tra via Roma e la piazza, ma io ero vestito in camicia. Speravo quindi nella memoria corta della volontaria e di essere pertanto irriconoscibile. Macché. Appena mi ha visto mi ha detto: “ma lei è il signore della bella cravatta di ieri?”.
Onore alla caparbietà per la causa: i meriti vanno comunque riconosciuti.
Ma il top assoluto del tentativo di aggancio in base all’abbigliamento è avvenuto questa mattina, giovedì di mercato, al banchetto di Save the Children allestito, come ogni tanto accade, davanti alla scuola Mazzini.
Devo però prima spiegarvi un attimo come sono vestito. Oggi indosso infatti una maglietta di Breaking Bad, la pluripremiata e mia preferita serie TV.
Breaking Bad racconta in cinque stagioni le vicissitudini di un innocuo e piuttosto sfigato professore di chimica, Walter White (interpretato da un grandioso Brian Cranston), che conosce la formula per produrre la metanfetamina, si mette a produrla e si trasforma in un pericoloso criminale del narcotraffico in New Mexico.
La maglietta riproduce l’immagine stilizzata di Walter White all’interno di un’ampolla da laboratorio. Con questa mise mi stavo recando stamani in redazione e in piazzale Trento mi è comparso all’improvviso il banchetto di Save the Children che non potevo evitare se non circumnavigando l’isolato.
Ho fatto finta di niente, come sempre, ma un ragazzo di servizio alla postazione dell’organizzazione umanitaria mi ha puntato, si è avvicinato a me, mi ha guardato la maglietta e solo per abbordarmi e attaccare bottone mi ha chiesto: “Lei è un chimico?”.
Naturalmente gli ho risposto le solite cose, che sono un giornalista, che mi sto affrettando al lavoro eccetera e mi sono dileguato. Ma avrei voluto abbracciarlo.
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