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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
La Bella e la Bestia
E' bufera, sulla stampa e sulla rete, per l'immagine pubblicitaria di un noto centro sportivo di Vicenza: una bella ragazza che si allena e un uomo bruttissimo, anzi deforme, perché non va in palestra...
Pubblicato il 04-02-2012
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La Bella e la Bestia. Da una parte una giovane e tonica ragazza di bella presenza che sorride mentre fa le flessioni. Dall'altra l'immagine deformata di un uomo bruttissimo, in giacca e cravatta, con la pelle scura, la bocca spalancata, i denti enormi e gli occhi a palla. Lui - la Bestia - dice: “Io non ci vado”. Lei - la Bella - risponde: “E si vede...haha!”.
Apriti cielo. L'immagine della campagna pubblicitaria di un noto centro sportivo di Vicenza sta scatenando, sulla stampa e sulla rete, un clamoroso putiferio.
E il perché è intuitivo: l'immagine dell'uomo deforme - e oltretutto non di razza bianca - che appare brutto come i debiti solo perché lui al centro sportivo “non ci va” è quanto di più “politicamente scorretto” possa esserci in giro. Roba che neanche l'Oliviero Toscani dei tempi d'oro sarebbe arrivato a tanto.
Il messaggio che rischia di passare dalla trovata pubblicitaria è intuitivo e evidente: non andare in palestra, non tonificare i muscoli, è da sfigati. Sfigati senza appello: brutti - anzi, repellenti - e ridicoli. Un “mix” di significati negativi che ha portato qualcuno a commentare che “difficilmente una campagna di marketing è riuscita a utilizzare tanti stereotipi in un colpo solo”.
Il centro sportivo berico, di fronte a cotanto polverone, un ottimo risultato lo ha raggiunto: nel bene o nel male, tutti ne parlano. Obiettivo promozionale pienamente centrato. La novità sta nel fatto che lo stesso committente della campagna d'immagine si è sentito in dovere di pubblicare sul suo sito internet un comunicato che riporta le seguenti precisazioni:
“In merito ad alcune illazioni circolate sui media, relative alla seconda parte della nostra campagna pubblicitaria, siamo dispiaciuti di notare come sia stato totalmente travisato il senso del messaggio, che non vuole, e mai ha voluto, essere denigratorio od offensivo nei confronti di nessuno!
Da sempre il nostro è un centro sportivo aperto a tutti: famiglie, anziani, bambini senza alcuna distinzione di razza, ceto sociale o sesso.”
La nostra intenzione, oltre che promuovere un centro di eccellenza conosciuto ed apprezzato come uno dei più professionali e qualificati d’Italia, è quella di promuovere la pratica sportiva in quanto fare sport fa bene alla salute ed è consigliabile a tutti, specie a chi “non ci vuole andare” perché crede di non averne bisogno e preferisce altri stili di vita.
Il personaggio che abbiamo scelto per la campagna è solo una caricatura virtuale (creata con Photoshop) che gira tra l'altro in rete da anni e rappresenta una persona che non cura il suo aspetto e che pur avendone i mezzi economici, non "vuole" fare sport, preferendo uno stile di vita eccessivo e discutibile.”
Già: un chiarimento era doveroso e va riconosciuto al centro sportivo vicentino di non essersi tirato indietro dalle critiche. Però la frittata è fatta. E aggiungere argomentazioni su giustificazioni rischia di lanciare una nuova specialità sportiva: quella di arrampicarsi sugli specchi.
E allora? Care palestre e cari centri sportivi, wellness, fitness e quant'altro: le attività che voi proponete sono senza dubbio improntate al benessere e alla forma fisica di chi trova il tempo e il modo di frequentarvi.
Ma smettiamola di alimentare il mito che siete anche dei centri di bellezza, depositari di valori estetici - collegati a quelli, effettivi, della salute - che le vostre macchine e attrezzature possono garantire.
Lasciateci la libertà di accettarci così come siamo. Se abbiamo voglia di tonificare i bicipiti o gli addominali, ci rivolgeremo a voi. Se preferiamo invece tenerci la pancetta o le maniglie dell'amore, fatevene una ragione: è un nostro inviolabile diritto.
Del resto, si sa, ogni scarrafone è bello a mamma soja. E non ha bisogno certo di un tapis roulant per dimostrarlo.
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