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Industria

Crisi: in aumento nel Bassanese le perdite dei posti di lavoro

Massimo Pantano (Cisl): “Licenziamenti comunque inferiori alle attese”. “Si sta passando dall'utilizzo della Cassa integrazione alle riduzioni di personale”

Pubblicato il 02-08-2011
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Sono state 159 le domande di disoccupazione e/o mobilità processate dalla Cisl nel mese di luglio contro le 150 del giugno scorso.
Il dettaglio dei moduli inviati all’Inps dice che 65 sono le domande dei precari della scuola, seguite da 33 domande di lavoratori del chimico/tessile, 24 sono meccanici/orafi, 11 del settore legno/edili, 6 del commercio e 20 di altri settori o non classificati.
“Pur trattandosi di numeri significativi - commenta Massimo Pantano, segretario Fim Cisl di Bassano del Grappa - siamo in presenza di un risultato insperato visto l’afflusso di persone nei primi giorni di luglio che lasciava presagire un mese nerissimo. Del resto anche i dati delle crisi aziendali nella provincia di Vicenza, resi noti da Veneto Lavoro confermano i nostri dati. Si sta passando dall’utilizzo della Cassa integrazione alle riduzioni di personale.”

Il sindacato: "I primi giorni di luglio facevano presagire un mese nerissimo"

Dal report pubblicato in questi giorni si legge che i licenziamenti nel primo semestre a Bassano e dintorni sono stati 688 (di cui 414 in disoccupazione e 274 in mobilità) con un incremento del 37% rispetto alla stesso periodo del 2010, ma in lieve calo sul secondo semestre del 2010 che ha registrato 725 licenziati a vario titolo (- 5%). Va evidenziato che le disoccupazioni sono licenziamenti individuali: si tratta quindi di lavoratori meno tutelati. Ma sono i dati provinciali sulla cassa integrazione che dicono di un sostanziale diverso approccio alla crisi.
Le ore di cassa integrazione richiesta (di tutti i tipi, deroga compresa) si sono ridotte del 33% (da 14 milioni di ore a poco più di 9 mil.) nel primo semestre dell’anno. “Tutte le tipologie di Cassa integrazione - afferma ancora il sindacalista - calano, con l’ordinaria addirittura dimezzata. Se poi andiamo a vedere il tasso di utilizzo, cioè quante delle ore chieste sono state effettivamente usate scopriamo che siamo al 38% per la cassa straordinaria e quella in Deroga e al 46% per la cassa ordinaria con una media del 40% (cioè 3,6 milioni ore) significa che le imprese chiedono molta cassa ma ne fanno poca. Nel 2008 il tasso di utilizzo era al 77%. Questo significa che molte imprese non si fidano del portafoglio corto che hanno e si cautelano con la richiesta di cassa integrazione. In effetti i portafogli ordini delle imprese sono ridotti al minimo e non accennano a crescere. Il mercato è cambiato e non avremo più i tre/quattro mesi di ordini nei cassetti delle imprese. Chi ha un mese di visibilità è già molto bravo.”
“In definitiva - aggiunge Pantano - possiamo dire che la crisi non è terminata, anzi le notizie di questi giorni ci dicono di un paese che non ha più slancio e rischia l’attacco della speculazione. Con una guida politica indebolita, che non interviene, che ha ricevuto l’ultimatum dalle forze sociali del paese.
Ma questi dati dicono di una variazione degli effetti della crisi con le imprese che non credono più in una ripresa a breve e si attrezzano riducendo gli organici attraverso licenziamenti collettivi o individuali. Le procedure di crisi nel Vicentino portano alla espulsione del 18% dei lavoratori dipendenti delle aziende interessate. I limiti del nostro sistema di supporto ai lavoratori e alle imprese colpite dalla crisi stanno emergendo in tutta la loro gravità. La cassa integrazione è un parcheggio che non riqualifica i lavoratori, anzi li abitua ad avere un sussidio che, pur essendo molto basso consente di galleggiare (ci si abitua anche a vivere con 700 euro/mese). la mobilità o la disoccupazione lascia i lavoratori da soli senza un aiuto, in balia della loro buona volontà, che purtroppo non basta.”
“Servirebbe - prosegue il referente della Fim Cisl - una rivisitazione del mercato del lavoro, magari seguendo lo schema della Flexsecurity già applicata con buoni risultati in Danimarca e nei Paesi Bassi. In Italia parlare di mercato del lavoro da riformare equivale a bestemmiare. Troppe le forze contrarie a qualsiasi intervento (sia di destra, lega compresa, che di sinistra), ma il rischio di trovarsi con un reale problema di aumento della povertà è reale.
"O abbiamo il coraggio di intervenire - conclude Pantano - o molta gente avrà davanti un futuro nero, e non solo giovani, che pure pagano il prezzo maggiore (numericamente) ma anche molti over 50 che espulsi dalle imprese rischiano di non rientrarvi più.”

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