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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Attualità

Un’Italia da curare

Roberto Ippolito ospite degli Incontri senza censura della Bassanese, ha fatto sfilare in sala Chanel una Bella Italia maltrattata e malata

Pubblicato il 16-04-2011
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Rinascimento in bianco e nero

Il terzo degli Incontri senza censura proposto dalla libreria La Bassanese all’hotel Belvedere non è stato proprio un… bel vedere. In sala Chanel nelle immagini portate a corredo della presentazione del suo libro-inchiesta da Roberto Ippolito, è sfilata l’Italia maltrattata, un corpo lungo e bello, conosciuto e famigliare, che visto con occhio clinico - e senza neanche bisogno di un occhio accademico - lamenta una malattia che ne mina la salute e l’anima. Ne Il Bel Paese maltrattato, edito dalla Bompiani, Ippolito ha raccolto un’enorme quantità di dati accertati da fonti documentarie e fotografiche che comprovano questo male di vivere tutto italiano, e la positività è lampante. Il degrado del territorio e del patrimonio culturale lo abbiamo sott’occhio tutti i giorni, “capperi!” (è l’esordio del libro, e con occhio attento Ippolito ha rivolto uno sguardo preoccupato anche allo stato della cinta muraria bassanese), rientra tra quelle malattie subdole che insidiano con piccoli sintomi diffusi che associamo agli acciacchi dell’età e di cui in fondo neanche tanto ci preoccupiamo. Certo, a volte capitano episodi da ricovero urgente, il crollo della Domus Aurea a Roma e quello di Pompei, urlati dai telegiornali di tutto il mondo, si sono ben sentiti ovunque, ma poi arriva rapida la dimissione (i tagli ci sono anche in ospedale) e si guarda altrove, si dimentica. Certamente - come ha sottolineato lo stesso autore - la Casa dei gladiatori deve avere scricchiolato forte e a lungo prima di cedere, e chi voleva vedere di sicuro aveva veduto, ma l’agire è un’altra cosa. E’ lo scarto tra questi due momenti che parla di “cura” e non di palliativi da chirurgia estetica. E la denuncia della serata non è stata solo quella del disinvestimento istituzionale, come ha ricordato anche Carmine Abate, il rappresentante di Italia Nostra. Giorgio Bassani, tra i fondatori dell’associazione nazionale, ha scritto che a volte dire di no è l’unico sì possibile: scegliere se e come “operare” è un obbligo per tutti, in medicina e altrove. Rispondendo a una domanda di Marco Bernardi sul tema della governance Ippolito ha detto che mancano le scelte progettuali, gli investimenti di idee oltre che di soldi, nel settore della cultura. Restando nell’ambito economico i tagli, le ferite, sono sempre maggiori, si parla di 2 centesimi su 100 investiti nel settore - alcuni dicono 1.9 - e in Paesi vicini come Spagna e Francia le risorse sono ben maggiori. Facendo un ragionamento puramente mercantile, questo disinvestire è deleterio per un Paese in cui le risorse principali sono naturalmente la bellezza del territorio e il patrimonio artistico. Se questo corpo lungo e bello è per sua fortuna naturale atletico, prestante e ricco di fascino, perché la scelta di non valorizzarlo a pieno? Perché relegare la statua dello Stivale in un angolino buio, insidiata dai rovi, in un Museo senza custodi che la tutelino, né guide che ce la presentino per una conoscenza che prelude all’innamoramento, e quindi poi alla nascita spontanea di un senso di appartenenza e di rispetto? Il fatto che sia stato creato un Ministero del Turismo a parte, non rientrante nel Ministero dello Sviluppo economico - ha continuato Ippolito - la dice lunga sulla mancanza di un’ottica d’intenti convergenti. Della sfilata restano impresse le immagini di statue e dipinti profanati dagli spray con scritte ottuse e ignoranti, ignoranti certamente di cosa si andava a rovinare. La conoscenza porta al rispetto, in tutti i campi, e a questo proposito è stato ricordato il ruolo importante dell’educazione. Alla domanda sul federalismo, se cioè la specializzazione territoriale della gestione del nostro patrimonio culturale può essere una soluzione, Ippolito ha risposto riconducendo il discorso a quest’ottica più ampia, alla necessità della formazione di una coscienza nazionale e civile del problema, è tornato al concetto di un corpo intero da curare. La pressione sugli Enti locali, ingabbiati a loro volta da tagli e norme incongrue non è d’aiuto, rimane l’anima quella che necessita della cura più urgente.

Roberto Ippolito e Carmine Abate agli Incontri senza censura

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