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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
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Attualità

Nel nome del padre

Sabato 28 settembre riparte a Bassano la rassegna Scrittori Stranieri in Italia dell’Associazione Il 4° Ponte. Ospite l’autrice albanese Lumturi Plaku col suo libro che racconta la condanna a morte del padre e gli orrori della dittatura in Albania

Pubblicato il 24-09-2024
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Elena Pavan

“Nel nome del padre” (“In the Name of the Father”, 1993) è il titolo del celebre film con Daniel Day-Lewis ambientato nell’Irlanda del Nord ai tempi degli attacchi terroristici dell’IRA.
Basato su una storia vera, racconta la vicenda del padre del protagonista, ingiustamente condannato all’ergastolo con l’accusa di essere tra i responsabili di un attentato dinamitardo assieme al figlio e ad altre persone, e della lotta del figlio innocente per provare l’innocenza anche del genitore e riabilitarne il nome.
È un titolo che ben si attaglia anche alla vicenda presentata da questo articolo, che purtroppo non si è però conclusa con un lieto fine come quello del film, dove la giustizia trionfa.

La copertina del libro della scrittrice albanese Lumturi Plaku

“Cronaca di una condanna a morte” è infatti il libro, pubblicato in lingua italiana dalla casa editrice Kimerik, che la scrittrice albanese Lumturi Plaku ha dedicato alla figura di suo padre, Beqo Plaku, perseguitato in Albania dal regime oppressivo del dittatore Enver Hoxha, giustiziato a seguito di condanna sommaria e scomparso senza una bara e senza una tomba su cui piangere.
Una triste pagina di storia, rivissuta nel racconto personale di una famiglia lacerata dai drammatici avvenimenti di quell’epoca infelice, che sarà al centro di un evento aperto al pubblico a Bassano del Grappa.

Dopo due anni di interruzione post Covid, riparte difatti la rassegna “Scrittori Stranieri in Italia”, organizzata dall’Associazione bassanese dei mediatori linguistico-culturali Il 4° Ponte e incentrata sugli autori di origine straniera che vivono nel nostro Paese e scrivono nella nostra lingua.
Sabato prossimo, 28 settembre, alle ore 17, nella Sala Angarano in via Angarano 147, Lumturi Plaku presenterà il suo libro e la sua preziosa testimonianza diretta di figlia alla ricerca della verità su questo “Cold Case” dell’Albania oppressa dalla tirannia del suo leader e dal suo onnipresente sistema di controllo sulla popolazione, significativo della sofferenza di un’intera nazione.
L’incontro sarà coordinato da chi vi scrive e alcune pagine di questa dolorosa storia saranno narrate a viva voce dalle lettrici Fabiana Simonetto e Anna Branciforti.
Già ospite della rassegna dell’Associazione Il 4° Ponte nel maggio del 2016, con un incontro che venne ospitato a Bassano dalla Biblioteca Civica, la prolifica scrittrice ha pubblicato ben 24 libri tra poesie e romanzi, per gli adulti e per i bambini, sia in lingua albanese che in lingua italiana, che le sono valsi diversi premi e riconoscimenti.
Il suo quinto libro in italiano è in fase di preparazione presso la casa editrice.
Nata a Konispol, Sarandë, vive in Italia assieme al marito e ai due figli dal marzo del 1991, l’anno della grande ondata di arrivi degli albanesi nel nostro Paese, in fuga da quella Albania che sei anni dopo dopo la morte del dittatore era ancora in preda a una grande crisi politica, economica e sociale.
Come riportano le sue note biografiche, appartiene alla categoria degli autori di origine albanese che scrivono in italiano, noti come scrittori albanesi italofoni.

“Cronaca di una condanna a morte” è un memoriale scritto nella forma di un intimo “a tu per tu” in prima persona tra la figlia rimasta orfana per decisioni di regime e il padre scomparso.
“Una terra natia - si legge nella retrocopertina del libro - dovrebbe essere per i propri cittadini come una madre; luogo di accoglienza e serenità, in cui trovare rifugio e un senso di sicurezza. Tutto ciò non esiste nell’Albania raccontata da Lumturi Plaku.”
“Il suo è stato piuttosto uno Stato-prigione che ha negato ogni libertà - continua il testo -, condannando i suoi più giusti cittadini a una fine orribile e ingiustificata.”
Il racconto della scrittrice, in cui ogni capitolo è una frecciata diretta al cuore, ha il pregio di collegare le penose vicissitudini della sua famiglia al quadro generale del sistema oppressivo di Stato, rappresentando così una fonte diretta di conoscenza dei turpi meccanismi di un regime il cui reale volto, mascherato dal totale isolamento inflitto in quell'epoca al Paese, è rimasto sconosciuto in Occidente per più di quarant’anni.
“Ho scritto questo libro - scrive l’autrice nelle note introduttive del volume - con parole che racchiudono dolore, un grande dispiacere ma anche il grande amore di una figlia per suo padre.”
“La mia anima - conclude il prologo della scrittrice sulla seconda di copertina - è stata avvelenata dalle cattiverie che hanno macchiato il nome di un grande combattente, di un patriota, di un uomo onesto, di grande dignità, di un padre esemplare, ammirato e rispettato da tutti, mio padre, Beqo Plaku.”
È una delle storie ai confini della realtà che un regime come quello dell’Albania comunista ha messo in atto nelle perverse pratiche della quotidianità reale: la storia che ha trasformato un combattente e patriota in un kulak, un perseguitato politico.

Ma perché scrivere adesso, a tanti anni da quelle vicende, un libro sull’Albania Stato-lager nel cuore dei Balcani attraverso l’emblematico calvario di Beqo Plaku, ferito nella seconda guerra mondiale, internato per sei mesi dai tedeschi in un campo di concentramento in Grecia e poi condannato a morte dalla dittatura del suo Paese?
“Quel libro - spiega Lumturi Plaku a Bassanonet - era sempre scritto nel mio cuore e nell'anima, ma finché ero nel mio Paese dovevo chiudere tutti i dolori e sofferenze dentro di me, altrimenti bastavano due pagine del libro che ho scritto qui in Italia, per condannarmi a morte.”
“Il 3 luglio del 1960, alle quattro di mattina, nel nostro Paese sono state arrestate 300 persone da diverse città, accusate come nemici del partito e della Patria - racconta la scrittrice -. Tutti erano uomini di grandi valori, intellettuali, onesti, patrioti e che avevano combattuto nelle guerre per la difesa della propria terra. In quel giorno è stato arrestato anche mio padre assieme a due altri suoi fratelli.”
“Una parte di loro sono stati condannati a morte, altri a venti o trent’anni di galera, molti finiti in manicomio per le torture - continua -. Anche mio padre è stato condannato a morte, con processo a porte chiuse, e noi da quella sera, quando lo hanno arrestato, non lo abbiamo visto più.”
“E non solo - aggiunge amaramente -, ma non potevamo avere la sua salma e di conseguenza mio padre e quasi 7000 eroi della democrazia in Albania sono senza una tomba e non sappiamo dove sono le sue ossa.”

“Cronaca di una condanna a morte” racconta tristi e terribili vicende del passato.
Ma che messaggio può lanciare al pubblico di oggi, e anche a quello di domani e cioè ai giovani?
“Il mio libro è un grido di dolore, di denuncia, il mio sfogo che queste ingiustizie fatte dal nostro regime non devono succedere mai e in nessun posto - risponde l’autrice -. Nessuno non ha diritto di togliere la libertà di nessuno. Nasciamo liberi e bisognerebbe vivere fino alla fine liberi.”
“Mai e poi mai dare la possibilità di guidare un Paese a un solo partito che fa quello che vuole e non lo ferma nessuno - conclude Lumturi Plaku -. I giovani devono capire l'importanza della libertà. Lo dice una persona che è vissuta in un Paese-prigione. Lo dice più chiaramente questo libro, scritto con grande dolore.”
Ed è il libro che sabato prossimo 28 settembre alle 17, in Sala Angarano in città, a ingresso libero, sarà appunto presentato al pubblico conversando con l’autrice nell’incontro promosso e organizzato dall’Associazione dei mediatori linguistico-culturali Il 4° Ponte.
Una narrazione reale e realista, e insieme affettuosa nei confronti del genitore, sulla lunga e tormentata era dell’Albania del dittatore Hoxha e sulle assurde ragioni di Stato che hanno strappato un uomo alla sua famiglia.
Ricordate per esperienza diretta da chi ha vissuto quel drammatico distacco e raccontate nel nome del padre.
Non è un film con Daniel Day-Lewis, è un lato oscuro della Storia del Novecento su cui si accende una luce.

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